Cultura e Spettacoli

Solo e stanco, il Papa dietro le quinte

Una storia complicata, contraddittoria e destinata a restare in buona parte sconosciuta? Certo. Ma il Risorgimento fu pure, se non soprattutto, una storia sporca. Una storia che anticipava, già in fieri, la propensione tutta nostrana a compromessi, mezzucci, tangenti, voltafaccia, doppiogioco, insabbiamento, ingerenza straniera… Una storia scritta da pochissimi uomini e interpretata da ominicchi, omuncoli, omarini. Pupari e pupi. Poteva mancare un papa? Abbarbicato con tenacia al dogma dell’infallibilità papale, Pio IX studiò d’essere all’altezza della situazione nel momento più difficile della storia vaticana. Un uomo che, nei momenti dell’intimità, doveva provare particolare piacere nello spogliarsi di ‘panni di scena’ particolarmente scomodi considerata la conflittualità del frangente. E così, lagnoso e vulnerabile, stanchissimo e sfiduciato, lo immagina Nicola Saponaro nel suo “Dietro le quinte – storia segreta del Risorgimento”. Prodotto da Centro Diaghilev e diretto da Paolo Panaro, lo spettacolo è andato in scena per la prima volta mercoledì scorso a Mola, nella felicissima cornice di Palazzo Roberti. L’uomo più potente del mondo è qui ritratto in babbucce e abiti ‘di casa’, in qualche modo schiavizzato da un ambiguo Cardinal Camerlengo e da una petulante perpetua in abito monacale. Stretto tra un diavolo rosso e un diavolo nero, l’angelo bianco si difende con l’arte del sospetto, gesti meschini, ritirate vigliacche, rigurgiti persecutori e scarti umorali. Il vero dramma di questo Papa è la sottile solitudine. Solitudine che viene allo scoperto nella scena finale quando, tra i bersaglieri di Lamarmora che sciamano per la città eterna attraverso la breccia di Porta Pia, il vicario di Cristo si ritrova senza più nessuno. Impotente ed abbandonato, il Papa consuma il monologo del vinto, aggrappato al pastorale, quasi il bastone di un comune anziano. A un Pio IX variegatissimo dà carne un assai duttile e bravo Paolo Panaro. Inappuntabili anche Marcello Prayer, il sofferto Camerlengo, ed Elisabetta   Aloia, la ruvida suor Susina. Farsa tragica di un Papa Re, così il suo autore definisce questo testo. In effetti in “Dietro le quinte” la farsa c’è tutta (esilaranti le gag, che vedono mattatore il solito Panaro) ; il dramma invece striscia, non per questo è meno percepibile, specie  nel precipitare degli eventi di cui giunge eco attraverso voci, confidenze e delazioni che raggiungono la stanza proibita del Papa come provenendo da un mondo lontanissimo. Bene anche i movimenti scenici, che sull’ampio palco di Palazzo Roberti hanno trovato l’ampiezza opportuna che le dimensioni del Van Westerhout, dove in origine lo spettacolo doveva essere in cartellone, avrebbero invece negato. Apprezzabile anche il lavoro di Luigi Spezzacatene, che firma scene e costumi. Nel complesso un lavoro gradevole per la cura attenta con cui la brillantezza del testo entra in sintonia con regia ed interpretazione.
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Pubblicato il 18 Giugno 2011

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