Cultura e Spettacoli

“Sono molti i punti di contatto tra la cucina siciliana e pugliese”

Sono molti i punti di contatto tra cucina siciliana e pugliese. Uno su tutti: i prodotti del territorio e la varietà dell’offerta. Ne è convinto e lo conferma in questa intervista al Quotidiano, uno chef doppiamente stellato Michelin nel 2013, Vincenzo Candiano, titolare della famosissima locanda Don Serafino a Ragusa Ibla, immersa nella incantevole piana del barocco di Noto. Lo abbiamo intervistato.

Candiano, lei è uno degli chef maggiormente quotati in Sicilia e a livello nazionale, arrivando alle due stelle. Che affinità trova tra cucina pugliese e siciliana?

“Conosco bene alcuni chef della vostra regione davvero ben evoluta. Tanti hanno assurto notorietà italiana e non solo locale, penso a Sabatelli, Pisani, Ricci. Quella pugliese e barese in particolare, è una cucina che vive delle offerte del territorio, di prodotti freschi e ricorda da questo punto di vista la gastronomia siciliana che è stratificata da vicende storiche. La pugliese ha lo stesso canovaccio, con influenza spagnole ed arabe”.

Quale la caratteristica della cucina siciliana tanto amata?

“Esteticamente ricca di colori, complessa e questa complessità radica nelle parentesi storiche dell’ isola. Abbiamo ricette ricche, ma anche piatti poveri. Questo dipende dal fatto che i ceti nobiliari potevano permettersi ingredienti maggiormente costosi. I poveri dovevano arrangiarsi”.

Un piatto particolare è l’insalata di arance, costa pochissimo e si ricava da un frutto che in Sicilia si butta o quasi…

“In effetti, ma non solo quella. L’ insalata di arance che differisce tra la versione palermitana e catanese è composta da tocchi di arancia, finocchietti o barba, olio, aceto e acciuga o aringa, sale”.

Un piatto può essere opera d’arte?

“Lo è, specie quando sa essere bilanciato, come deve essere un quadro, una scultura o una sinfonia. Il lato estetico è importante, però dobbiamo evitare certe derive di oggi. Quando prevale esageratamente l’estetica sulla sostanza, occorre equilibrio. Io non amo i sapori estremi”.

Pandemia, ha creato problemi alla ristorazione italiana?

“Un disastro, rischiamo il tracollo. Da un anno non lavoriamo. Sinceramente non capisco perchè fare chiudere tutti. Un ristorante come il nostro, che per forza di cose è frequentato da una clientela limitata, non ha il problema di assembramenti e poi da sempre abbiamo rispettato il distanziamento tra tavoli, da molto prima e lo stesso accade in tanti ristoranti italiani”.

Da Don Serafino, per la cronaca sono da provare assolutamente gli spaghetti neri con ricci, ricotta e seppia.

Bruno Volpe

 


Pubblicato il 26 Marzo 2021

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio