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Sospetti condizionamenti della criminalità organizzata,settimana decisiva sul “caso Bari”

Scade sabato il termine perentorio. Successivamente i provvedimenti del Governo su Palazzo di Città possono essere altri, ma non il commissariamento dell'Ente

È una settimana decisiva, quella iniziata ieri, sia per le sorti del neo sindaco di Bari, Vito Leccese, che per l’assemblea cittadina rinnovata lo scorso giugno nel capoluogo. Infatti, alla fine della settimana appena iniziata scade il termine entro il quale il responsabile del Viminale, Matteo Piantedosi, è tenuto a portare all’odg del Consiglio dei ministri il provvedimento finale sul del lavoro della Commissione di accesso agli atti che lo stesso ministro ha mandato lo scorso marzo a Bari, dopo che – come è noto – il precedente 26 febbraio era scoppiata l’inchiesta della Dda intitolata “Codice interno”. Quindi, entro sabato a Roma il governo Meloni dovrà decidere il destino del Comune di Bari ora governato dall’ex capo di Gabinetto dell’ex sindaco Antonio Decaro, durante il cui mandato era scoppiata l’inchiesta “Codice intero” e da cui sono poi emersi i sospetti di possibili condizionamenti della criminalità organizzata locale sull’attività del Comune, tanto che la principale azienda partecipata dell’Amministrazione barese, l’Amtab spa, – come si ricorderà – fu commissariata dal Tribunale, su richiesta della Procura barese, in concomitanza allo scoppio dell’inchiesta “Codice interno”, a seguito di quanto emerso dalle indagini, che avevano portato alla luce fatti gravi in cui i clan del quartiere Japigia erano riusciti da anni financo a condizionare talune assunzioni. Da ciò il sospetto che la “longa manus” della criminalità organizzata barese potesse essersi infiltrata anche in altre partecipate o in altri settori della macchina amministrativa comunale e, quindi, l’iniziativa del Viminale di aprire un’indagine amministrativa sull’intera attività di gestione del Comune durante l’era Decaro. Indagine che – come è anche noto – in un primo momento avrebbe dovuto concludersi entro tre mesi dall’insediamento della Commissione d’accesso, ma che i realtà si è poi protratta di ulteriori tre mesi (ossia il periodo massimo consentito dalla legge) per espressa richiesta dei commissari, che hanno difatti terminato il loro lavoro il 20 settembre scorso, consegnando al prefetto di Bari, Franco Russo, un faldone con una relazione di qualche centinaio di pagine e diverse migliaia di fogli, tra verbali di audizioni e documenti vari. Informazioni, queste, che il Prefetto prima ha condiviso con il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, svoltosi anche con la partecipazione del Procuratore barese, Roberto Rossi, e dopo con il ministro Piantedosi, a cui però è stata unita anche la relazione del Prefetto, come prevede la legge Anti-mafia per tali fattispecie di procedure. Ora, considerato che gli atti citati sono arrivati al Viminale lo scorso 6 novembre e che, in base alla legge Anti-mafia del 1991, un eventuale provvedimento di scioglimento dell’Amministrazione cittadina deve essere adotto entro 90 giorni da quando tutti gli atti sono giunti sul tavolo del Ministro degli Interni, il termine a disposizione di Palazzo Chigi, per la decisione di un eventuale commissariamento del  Comune su possibili condizionamenti di carattere mafioso nell’attività dell’ente, scade entro domenica 8 febbraio. A questo punto è possibile ipotizzare che il verdetto del Viminale su un eventuale scioglimento dell’Assise cittadina possa giungere dalla seduta del Consiglio dei ministri di questa settimana. Diversamente lo scioglimento è da escludere ed i provvedimenti che il governo Meloni potrebbe adottare, quali – ad esempio – il commissariamento di una o più partecipate o la nomina di tutor al vertice di una o più Ripartizioni del Comune, sono altri e potrebbero essere decisi anche successivamente al termine citato, che è perentorio solo per il caso di scioglimento. Misura, quest’ultima, che in base alle norme e ad una consolidata Giurisprudenza amministrativa – a ben guardare – sarebbe applicabile da parte dell’Autorità di governo anche nel caso in cui ci fosse il sospetto, o il solo rischio, di possibili condizionamenti criminali sull’attività dell’ente. A Bari, da quanto già emerso sull’Amtab e dalle dichiarazioni di qualche pentito, finora mai del tutto fugate, ci sarebbe verosimilmente di più di un semplice sospetto o rischio di condizionamenti malavitosi. Infatti, da non dimenticare, inoltre, che l’ex sindaco Decaro nei suoi due mandati aveva mantenuto sempre per sé la delega al controllo sulle partecipate, i cui vertici (tra i quali quelli dell’Amtab che non si sarebbero mai accorti di quanto accadeva nell’Azienda con le assunzioni ed altro!) erano stati scelti dallo stesso Primo cittadino che, quantomeno, avrebbe mal vigilato sulla partecipata in questione. Quindi, da ciò che appare, i presupposti per un provvedimento “pesante” sul Comune capoluogo da parte del Viminale potrebbero esserci alla luce di ciò che è già noto. Però in questi casi, siccome unitamente al rispetto della legge anche la prudenza è d’obbligo, occorre attendere che anche l’Apparato di governo, dopo quello burocratico, si assuma le proprie responsabilità al riguardo. Una responsabilità non da poco, ma necessaria, perché lo scioglimento di un Comune ha sempre effetti spiacevoli e dirompenti per la comunità interessata. Però, anche da questo genere di fatti si misura l’autorevolezza di chi gestisce il governo di un Paese senza compromessi al ribasso su legalità e trasparenza. Per la cronaca riferiamo che, stante alcune indiscrezioni, dallo scorso 20 dicembre per ben tre volte in Consiglio dei ministri il “caso Bari” non sarebbe stato discusso e, quindi, rinviato. Questa settimana, però, non è possibile rinviarlo ulteriormente. Perciò il “nodo”, in un caso o nell’altro, deve essere sciolto definitivamente. E da tale decisione la comunità barese potrà verosimilmente capire anche qual è l’effettiva situazione politica nella propria città.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 4 Febbraio 2025

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