Dopo il suicidio dell’altro giorno nell’istituto penitenziario della Capitale del detenuto sospettato dell’omicidio del gioielliere del quartiere Prati, si sono riaccesi –ma solo per un momento… – i riflettori sul pianeta carcere, per verificare le modalità con cui il detenuto si sarebbe ucciso. Così in maniera “eclatante” si è scoperto che il detenuto era sottoposto a grande sorveglianza e che quindi le colpe erano da scaricare sugli agnelli sacrificali delle carceri e cioè la polizia penitenziaria. Eppure per Filippo Pilagatti, segretario nazionale del Sappe, sindacato autonomo che rappresenta gli agenti penitenziari, un merito questo episodio l’ha avuto, poiché <<…permette di denunciare che suicidi come quello avvenuto a Roma potrebbero capitare in qualsiasi prigione della nazione, in quanto i detenuti sottoposti a grande sorveglianza sono molti ed il personale per controllarlo è praticamente inesistente>>. Insomma, con un pezzo di carta in cui viene scritto un ordine di servizio con le prescrizioni da seguire per vigilare su un detenuto a grande sorveglianza, l’amministrazione penitenziaria si scarica di qualsiasi responsabilità, e chi se ne importa se un solo agente deve vigilare su 150,200 detenuti di cui molti presenti nel pezzo di carta di cui sopra. <>, la constatazione amara di del segretario nazionale Sappe. Il quale sempre sul pianeta carcerario, tra gli scandali del sovraffollamento e delle carceri nuove appaltate mai costruite, ricorda ancora bene che qualche anno fa fu “Striscia la Notizia” a denunciare la presenza sul territorio di carceri “fantasma”, costruite e mai entrate in funzione. Da allora ciclicamente qualcuno si sveglia, ad esempio l’associazione ‘Antigone’ e denuncia ai quattro venti la presenza di strutture penitenziarie chiuse in Puglia , mentre il sovraffollamento dei detenuti ha raggiunto livelli record, circa 4500 presenze a fronte di 2350 posti letto. Eppure già da tempo, quando il sovraffollamento delle case circondariali non era così devastante, fu proprio il Sappe a denunciare la questione dei ‘ruderi carcerari’ nel silenzio generale. Epperò con la stessa serietà non si puo’ accettare che si mischino sacro e profano solo per fare sensazionalismo, giocando sulla pelle di detenuti e operatori penitenziari, lasciando tutto in una desolante situazione gattopardesca che non porta da nessuna parte. “Il problema del sovraffollamento della carceri è drammatico poiché condiziona la vita ed il lavoro di migliaia di persone e non può essere liquidato in maniera così superficiale”, spiega il segretario nazionale del sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, Federico Puilagatti. “Ma offrire queste strutture, ormai fatiscenti da Volturara, a Bovino, a Castenuovo, da Minervino Murge a Monopoli, da Francavilla Fontana a Maglie in pasto all’opinione pubblica come panacea per risolvere la questione delle carceri sovraffollate, oltre ad essere una bestemmia, è altamente sbagliato poiché si dà un’idea errata del problema, che invece merita soluzioni molto serie e concrete”, affonda di nuovo Pilagatti, non nuovo a queste denunce. Tra queste il fatto che negli ultimi tempi, come rilevano gli agenti penitenziari baresi, sono ripresi i lanci dalle vie o dalle abitazioni ubicate nei pressi del penitenziario barese di pacchettini contenenti hashish, marijuana, cocaina e persino coltelli. <>. E non basta. Per Pilagatti sembra che sarebbe difficile individuare i lanciatori delle sostanze stupefacenti dalle parti di Corso De Gasperi, via Pogdora e dintorni, a causa del malfunzionamento delle telecamere interne ed esterne costate centinaia di migliaia si euro. In effetti la casa circondariale di Bari e la sua di droga non è una novità: la concentrazione di tossicodipendenti in carcere è molto elevata e costituisce un serio problema per gli operatori sociali che devono intervenire a gestire le situazioni più disperate: autolesionismo, Aids e sindromi da astinenza. Come si ricorderà, infatti, un anno e mezzo fa furono arrestati un paio di agenti penitenziari proprio a Bari accusati di introdurre la droga nel carcere di corso De Gasperi, in cambio di regali di vario genere e prestazioni sessuali da parte di una escort. In particolare furono due gli agenti della polizia penitenziaria arrestati ed altri quattro sono indagati, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari che condusse anche all’arresto di due carcerati. Le indagini, condotte dalla sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Bari hanno in pratica scoperchiato una lunga serie di particolari sulla facilità con cui si introducono non solo sostanze stupefacenti, ma anche altri beni utili ai detenuti come cellulari e generi alimentari e compact disc. Giusto per ingannare il tempo, che in cella non passa mai, specialmente d’estate…..
Francesco De Martino
Pubblicato il 28 Luglio 2015