Cultura e Spettacoli

Spigolature di fatti e misfatti (15)

Nella puntata di ”DiMartedì” del 13 marzo 2018, Giovanni Floris ha Intervistato Cecilia Mangini (Mola di Bari, 31 luglio 1927), Regista, Fotografa, la prima Donna Documentarista nell’Italia del dopoguerra. I miei 25 Lettori MI Lascino Dire che ho Visto in Cecilia una sublime Creatura, di quasi 91 anni, che Unisce alla Mente lucidissima la Saggezza fascinosa dei tanti Anni Vissuti. Amica e Collaboratrice di Pasolini, Cecilia ha Risposto alle Domande di Floris, Inabissando renzi, che “lodandosi e imbrodandosi”, ha fatto passare per “sinistra ciò che sinistra non era”, operando una mutazione del “dna” ideale del ”pd”, ad onor del vero, qualcosa che ha, ognora, odorato o rassomigliato di/a un “ircocervo”. Ironia, inoltre, sulle dimissioni di renzi (“Ma perché renzi si è dimesso?”) con avvisaglie di corrucciato Sarcasmo, quando Cecilia, Incalzata da Floris, è stata Costretta ad OccuparSi, a Giudicare, a Decrittare delle/le motivazioni dello scarso risultato elettorale subito dagli aridi transfughi dal “pd”: d’alema, bersani, grasso, speranza e pochi altri sinistri “brutti”, per parafrasare due zombi di un programma televisivo domenicale. Dunque, “Perché, Le Chiede Floris,  la brigata degli ex pdini, “alias i  leu”, è stata sconfitta”? La Risposta di Cecilia è stata  icastica e definitiva: ”Liberi ed uguali? Cos’hanno da spartire codesti due aggettivi con l’economia, con le sofferenze del popolo, con un povero ogni 4 italiani, con il 5% degli italiani che detiene nelle sue grinfie il 45% della ricchezza, prodotta in Italia, con la forbice che, continuamente, s’allarga tra ricchi e poveri? Tutto ciò, tragico e disperante, era lontanissimo dai loro pensieri”. Nell’Ascoltare l’Analisi di Cecilia sulla sconfitta dell’ultimo drappello della destra borghese o piccoloborghese, collocata a sinistra, MI sono, immantinente, Portato nella milano del 1801, dove Vincenzo Cuoco (in esilio, per sfuggire ai 20 di carcere che Gli avevano inflitto  i tribunali borbonici, avendoLo ritenuto coinvolto nella fallita rivoluzione del 1789 in napoli) aveva Scritto e Pubblicato il mirabile “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1789”. Quale l’Assunto fondamentale del Cuoco in questo “Saggio”? Le rivoluzioni non sono opera di Ragione. In verità, codesta Proposizione della Tesi del Cuoco Abbisogna di una Precisazione: la Scintilla delle Rivoluzioni non è, mai, stata Originata dalla pancia delle masse, “sed” dalla Passione Etica e Raziocinante di una élite di Uomini Forti. Se, infatti, Intellettuali, Politologi, Filosofi, Letterati, Poeti sul reale non avessero Curiosato e non Si fossero Scandalizzati per ciò che di disumano, di irrazionale, di drammatico in esso Percepivano, non avrebbero Elaborato un’Alternativa razionale al reale indagato e non avrebbero Immaginato un’Utopia, cioè un Luogo, un Qualcosa che non c’era, ma che, se poteva essere Immaginato, poteva essere Realizzato, qualora l’Impegno politico fosse stato Teleologizzato al Cambiamento delle relazioni interpersonali, con particolare Attenzione al modo più umano e più equo di produrre e distribuire la ricchezza prodotta. Furono le maledette avanguardie borghesi e piccolo – borghesi che si avocarono, concretamente, il compito di Rinnovare le Coscienze e i Rapporti tra gli uomini a tradire le Elaborazioni economiche, culturali, filosofiche, politiche, in definitiva, i “Prolegomeni” ad ogni possibile Rivoluzione, ad esempio, di Voltaire, di Rousseau, degli Enciclopedisti Francesi, di Marx, Engels e resero, altresì, possibile ciò che Marx aveva Paventato come il rischio risolutivo di tutte le Rivoluzioni: il bonapartismo, il ritorno, cioè, al punto di partenza, dopo tanto sangue versato tra coloro che avrebbero voluto innovare e coloro che avrebbero voluto conservare. Parigi, Mosca, Pechino, Cuba, ecc,ecc,ecc., “docent”. A lungo, Disegnate o Sognate a tavolino, le Rivoluzioni, Continua Vincenzo Cuoco, sono causate da situazioni storiche concrete e hanno bisogno dell’appoggio del popolo, che si muove non spinto da raziocinio (Cecilia ha spiegato i voti alla “lega” e al “m5s” come frutto “della protesta e della speranza di milioni di italiani, spinti, dalla rabbia per una situazione politica complessa, complicata, incerta, a scelte non perfette”) ma dal bisogno; la rivoluzione napoletana fu ‘passiva’ perché non riuscì ad attrarre a sé il popolo e  fu destinata al fallimento. Due popoli diversi in napoli: nei costumi, nel linguaggio, cioè una ristretta schiera di intellettuali, legati alla civiltà viva dell’Europa e un popolo incolto ed arretrato.”Si parva licet componere magnis, se è lecito paragonare, mettere a confronto le piccole cose alle/con le grandi”: i Patrioti e Martiri della/per la Repubblica napoletana: Domenico Cirillo, Andrea Vitaliani, Nicola Carlomagno, Luigi de Granelais, Antonio Velasco con  bersani, d’alema,  grasso, ecc.ecc.ecc., troviamo, comunque, una lontanissima analogia, che Cecilia nella sua Intervista ha Adombrato e che si può rendere latina, Trascrivendo un Brano del Cuoco dal ”Saggio”: ”Che sperare da quel linguaggio che si teneva in tutt’i  proclami diretti al  nostro popolo?.’Finalmente siete liberi’… Il popolo non sapeva ancora cosa fosse la libertà: essa è un sentimento e non un’idea; si fa provare coi fatti, non si mostra con le parole. ‘Il vostro Claudio è fuggito e messalina trema’…Era obbligato il popolo a sapere la storia romana per conoscere la sua felicità? ‘L’uomo riacquista tutt’i suoi diritti’… E quali?…’Avrete un governo libero e giusto, fondato sopra i principi dell’uguaglianza: gli impieghi non saranno il patrimonio esclusivo de’nobili e de’ ricchi, ma la ricompensa de’ talenti e della virtù’…Potente motivo per il popolo il quale non si picca né di virtù né di talenti, vuol essere ben governato e non ambisce a cariche”. Per Concludere, dovremo “geremidiare”, rassegnandoci al “non ci resta che piangere” di Benigni Roberto e di Troisi Massimo, nel constatare che, ad oltre due secoli di distanza, stiamo facendo i conti con i medesimi problemi, tentando i medesimi farlocchi medicamenti ad essi e rimanendo maravigliati che i  Rimproveri di Vincenzo Cuoco agli inani rivoluzionari del suo tempo Risuonino nelle pepate rampogne di Cecilia Rivolte ai vacui riformatori, targati “leu”? O se Riflettiamo sulle sagge Parole di Cecilia, dobbiamo, forse, considerarLe un pretenzioso giudizio fondato sul senno postumo o una solare Sollecitazione a una Critica costruttiva e a un Esame di Coscienza da parte Sua e, poi, da parte di tutti noi?

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

 


Pubblicato il 20 Marzo 2018

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