Cultura e Spettacoli

Spigolature di fatti e misfatti (17)

Nella Lingua bitontina una bellissima Espressione Connota lo Stare, l’Esistere di un Uomo o di una Donna,  di un Gruppo di Uomini o di una Comunità “Oltre” (dal Lat. “Ultra”) ciò che, positivamente o negativamente, è consueto, ciò che è abitudinario; “Oltre” gli schemi, “Oltre” i confini, “Oltre” gli orizzonti ai più di essi appartenenti. L’espressione è: ”Ghia l’otra tau”  (Chiedo scusa per la certissima imprecisione della trascrizione fonetica), che tradotta  nella Lingua italiana Significa: ”Mannaggia al tuo essere “Oltre”, grazie al tuo essere Oltre”, a causa del tuo essere “Oltre”, ecc., ecc., ecc. E’ l’ ”Oltre” a Totalizzare l’Arte Figurativa, l’Architettura, la Poesia, la Musica, la Danza, il Teatro e, settima tra le Arti, il Cinema. ”Oltre”cosa, chi? Oltre la leopardiana “siepe”, cioè, la falsa realtà che, ”cotidie”, viviamo, prigionieri al di qua di essa, come i prigioni nella “caverna platonica”, per recuperare un po’ della Realtà, della Verità, della Giustizia, della Bellezza, del Bene in possesso dell’Ignoto, del Mistero. Infatti, i Valori, di cui sopra, non faranno, giammai, parte, interamente, del nostro bagaglio culturale, intellettuale ma, Provando e Riprovando, incessantemente, potremo al di qua dell’”Oltre” trasferire porzioni, ognora, più consistenti di Essi e Dare più Spessore alla nostra Eticità personale e alle Relazioni che Intratteniamo con i nostri Prossimi, con tutti i nostri Prossimi. Pertanto, non c’è, assolutamente, Arte, se Essa non è Frequentata, Prodotta, Composta, Interpretata da Soggetti,  latinamente, Padroni della loro Vita, del loro Destino, Liberati, come il Prigione, uscito dalla “caverna platonica”, in grado, Intellettualmente, di Curiosare, poi, nei ”sovrumani silenzi”, nella “profondissima quiete”, nell’ ”Infinito”, nell’ “Eterno”, nell’”Immensità” e, ancora,  altrettanto, coraggiosamente, in grado di Ritornare nella “caverna”, per Partecipare ai suoi compagni, miserabili, com’ Egli era prima delle faticosa, straziante liberazione dalle secolari catene, Ciò che della Realtà, della Verità, della Giustizia, della Bellezza, del Bene, della Razionalità, dell’Amore è  Riuscito a Visionare, Immaginando, in virtù del  Poco o Molto Permessogli dalla Visione, il Tutto indicibile, indefinibile, l’”Amor che move il sole e l’altre stelle”, ché, se l’Amore latita, tutto resta immobile, la Storia Si ripete, con i suoi “corsi e ricorsi”. Non Si è Artisti, se si rimane imprigionati in qualcosa: in un genere sessuale, in un ruolo (padre, madre, figlio, padrone, servo, operaio, ecc., ecc.); se si fa riferimento a qualcosa che non deve, pregiudizialmente, essere messo in discussione (ad uno stato, ad una famiglia, ad una setta ad una fede religiosa); se si ipostatizza qualcosa (il colore della pelle, il ceto sociale, la professione, le proprie opinioni, la propria morale, i propri convincimenti, i propri affetti, ecc., ecc.). Non Si E’ Artisti, se non Si E’ Disposti a Non Essere ciò che, meschinamente, si è, senza Farci Arricchire dalla feconda Varietà dei Dati Esperienziali, dalla Vita Offertici, che  devono Sorprenderci, Scandalizzarci, Turbarci, Ributtarci nel ”Caos”, preesistente al nostro essere mondano. Stranieri all’essere, specie a quello omologato, massificato dei servi dell’ ”hic manebimus optime”, gli Artisti devono Licenziare Segni, Parole, Note, Passi, Gesti, Relazionati in Modo Stranamente Anomalo che, al di là, “Oltre” il significato letterale, di cui si contenta la pigra omuncolanità, quaquaraquanità, Suggeriscano o Invitino a Mirare l’indefinito Patrimonio di Visioni, che Originano,  da cui, diligentemente, Estrapolare l’insolito, inusitato, atipico, curioso Modello ineludibile, a cui gli Uomini dovrebbero IspirarSi, per il loro, finalmente,  più felice, più sereno, più giusto IncontrarSi, Improntato alla  comune Contemplazione della Bellezza, del Bene, dell’Idea, insomma, del Vivere in Pace. MI Accorgo di aver Parafrasato Dante del Canto IX dell’ ”Inferno” ai Versi 61-63: ”Mirate la dottrina che s’asconde /sotto il velame delli versi strani”. Ciò che ho Sognato e Immaginato e, umilmente, Registrato testé, non toccò  il famigerato ’68, movimento, come tutte le rivoluzioni storiche, che si sono compiute, risolte con il puntuale ritorno alla criminale situazione sociale di partenza, da Marx Paventato,  alla cui “cervice cambronnata” si autoproclamarono i “figli di papà”, in incognito sostenuti, favoriti dai loro “papà”, dalla classe dei loro “papà”, dagli apparati politici, finanziari, polizieschi, giudiziari al sevizio di essi. Gli allocchi figli dei “mammini e delle papine” piccoloborghesi, dell’imbelle proletariato piccoloborghesizzato, acriticamente, si misero al loro fianco, tanto, acriticamente, da farsi protagonisti, non pochi di essi, della cruenta, armata deriva brigatista del movimento settantottino. Moro lo uccisero anche loro,”sed” dietro, a lato, avanti, chissà da quanta merda furono essi circondati e spinti all’eccidio della scorta di moro e, poi, di moro. Gli allocchi, appartenenti, alle classi, da sempre, “senza voce in capitolo” ebbero, tal contentino, una scuola diplomificio e una università laurificio, di massa e dequalificate, sicché siffatti falsi allori, pur rendendo loro e i loro maggiori, a Sentire e Leggere Pasolini, più beceri e arroganti del manzoniano “don rodrigo”, non permise loro di acciuffare l’ascensore sociale, per entrare nel “palazzo”, in cui continuarono ad entrare, spesso senza merito, grazie, ovviamente, all’ereditario, nei fatti, nella prassi,  “status sociale”, i figli e i nepoti di coloro che avevano, ognora, in esso dimorato e defecato. Volete un esempio, miei cari 25 Lettori? Il conte paolo gentiloni, attuale grigio primo ministro, e nelle ultime elezioni rieletto in una delle due camere parlamentari, nel ’68 era il secondo di mario capanna (un picoloborghese, su delega dei già detti “figli di papà, “leader” del movimento studentesco e per molte stagioni segretario di “democrazia proletaria”), oggi è, sia pure provvisoriamente, l’uomo, osannato dai poteri forti, che decide, per conto di essi, il destino di 60 milioni di italiettini. Inoltre, il familismo, il ”tengo famiglia” dei sessantottini e “post”, fino ai nostri giorni, vissuto senza pudore, ritegno: i primi si  recavano ai cortei con il pargoletto, ben ostentato, in groppa; i secondi partecipano alle assise istituzionali, trasportando, irritualmente, il passeggino del bebè nelle aule di esse o facendolo accomodare sullo scranno ad essi assegnato dal cerimoniale. Anche, con la sessualità si può essere oppositori o servi del potere. Mussolini, dava premi alle coppie, supinamente, prolifiche, in vista del macello, che avrebbe provocato la decisa seconda guerra mondiale, a cui quei prodotti spermatozoici sarebbero andati incontro. I sessantottini e “post”, esibendo, “coram populo”, tal trofeo, la carne della loro carne, esito di una sessualità gestita dal loro “dna” di sottoculturale fattura, finalizzato a generare epidermiche, scossette, facilmente medicabili, al sistema, rassicuravano, rassicurano i “boss”, i “ras” dell’ ”establishment” che, al netto di tutto, erano, sono, come avvenne, com’ è, univocamente, avvenuto al cambio delle generazioni, di norma peggiori di essi. ”I nostri figli” è il tormentone, il “mantra” dei discorsi, specie dei ”post” alla renzi, dei suoi fidi ”cione”, delle loro preoccupazioni. Ai “loro figli” vengono dedicati i loro successi professionali, pseudoartistici, politici, a cui si augurano di trasmettere le, non rare, possibilità che pure essi accedano ai privilegi, alla lauta mangiatoia, permessa ai loro padri. Ho, quasi, nell’”incipit” di questo mio Scritto, Detto che il Cinema è la Settima Arte, per cui anch’Esso o Essa deve Naufragare nell’”Oltre”, insieme agli Autori, che Lo Scrivono, agli Attori, che Lo Interpretano, Affrancati dall’ ”hic et nunc” delle tapine, quotidiane, domestiche, cioè, famigliari e familiari occupazioni, preoccupazioni; Impegnati quindi, nell’ Ascendere, da qualsiasi punto mondano, in alto, in alto, per Osservare, meglio per Vedere, come il Grande Giacomo in Elevazione dal piccolo borgo dell’odiata recanati,  gli atteggiamenti, i comportamenti di tutti  gli uomini, di tutte le creature che popolano il pianeta; i fugaci momenti felici di essi; il Dolore che la Storia nel suo snodarSi ha Reso Cosmico. Invece, una manica di mestieranti, mercoledì 14 febbraio, ritirarono i numerosi premi, assegnati dall’Ente “David di Donatello” dell’Accademia del Cinema italiano. La cerimonia di premiazione, avvenuta in uno studio di roma, trasmessa da “Rai1”, fu condotta dal cotanto “ragiunat”, carlo conti. Tutta le cerimonia fu una continua orgia di familismo amorale: non uno dei premiati che si fosse risparmiato dal dedicare il premio ricevuto a “papà, a mammà, alla sua famiglia, conformisticamente, allargata, ai propri spermatozoi, sbocciati, poi, in forma di futuri “zombi” da una vagina compiacente. Quanto Sperai, fino alla fine della trasmissione, che qualcuno degli artistucoli premiati, Dedicasse il premio ricevuto a Aylan kurdi, il Bambino siriano, trovato Dormiente su una spiaggia turca! No, non era Morto per sempre il Bambino; Dormiva, serenamente, e la risacca lambiva, appena, la spiaggia e, sommessamente, tra l’onde si ritrava, per non svegliarLo.Quale, quanta tristezza! A vederli, nel primo giorno della nuova legislatura, spaparazzati su quegli scranni solenni, con quei volti, in cui appaiono spenti Ideali e Passioni, è lecito domandarsi: con costoro s’è rinnovato il parlamento italiettino? Saranno costoro a medicare il modo, le finalità, non agganciate a interessi personali, o di gruppi non, moralmente, irreprensibili, del fare politica? Saranno costoro a risolvere gli irrisolti, annosi problemi, che affliggono l’italietta? Se sono costoro i rappresentanti del popolo italiettino, è lecito, ancora, domandarsi: se costoro sono i migliori che esso avrebbe potuto, potrebbe esprimere e, se, per caso, non altra risposta è possibile, a qual punto di decadimento etico, culturale, politico s’è esso sprofondato, inabissato?

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano


Pubblicato il 27 Marzo 2018

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