Cultura e Spettacoli

Spigolature di fatti e misfatti (21)

Una ineludibile Premessa alle Argomentazioni che Svolgerò sulla Scuola, in generale; sull’ adolescenziale, giovanile protervia nei riguardi degli insegnanti e sugli atteggiamenti di delinquenziale “bullismo” che, da qualche tempo, vede protagonisti adolescenti, giovani  nei riguardi dei “pari d’età” . Ebbene, una scuola che premi o che punisca, non è la  Scuola. Una scuola, che elargisca titoli, diplomi, maturità la cui validità è legata all’”imprimatur”  legale ad essi concesso dal potere, non alla essenziale Qualità Culturale da essi Testimoniata, è una sorta di mercato analogo a quella “curia” da Dante, da par suo, Stimmatizzata, come il luogo ”là dove Cristo tutto si merca”(Paradiso, Canto XVII,V. 51) per gli interessi di coloro che con Cristo e con la Cultura non avevano, non hanno niente da spartire. La Scuola Deve Incrementare l’orizzonte di partenza dei suoi Discepoli, in quanto, come Dice H. Blumenberg in “Le realtà in cui viviamo”: ”L’uomo comprende se stesso solo al di là di ciò che non è. Non solo la sua situazione, ma già la sua costituzione è potenzialmente metaforica”. Cos’è la Metafora nella Retorica, che è l’Arte di Parlare e Scrivere bene? Dal Greco “metà phérein”, “portare oltre”, “mutamento”, la Metafora è una Figura retorica, per la quale a un termine proprio si sostituisce un altro legato al primo da un rapporto di somiglianza (ad esempio:  sei un fulmine, cioè, sei veloce come un fulmine). L’uomo nasce nudo, assolutamente contenuto, eppure, non ha mai rinunciato, pressato dalla struggente Esigenza di Sopravvivere, a Edificare il suo incessante “Essere Oltre”, esteriorizzandosi dalla Profondità Misteriosa del suo Cuore e della sua Mente e Facendo Uso di Protesi Meccaniche, da lui immaginate, inventate, costruite . Ovidio nel Libro XIII delle “Metamorfosi” Proclama: “Ciascuno di noi non rinunci al bene che possiede”. Qual è il Bene che ciascuno di noi Possiede? Il Potere Essere Altro o Altri dall’unidimensionalità vitale, esistenziale, istintuale degli altri esseri viventi sulla terra, degli altri “animalia”. Nella “genesi,1, 26”, si legge, purtroppo: ”E  dio disse: ’Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Avrebbe, invece, dio dovuto all’uomo Comandare: ”Impari a volare, come gli uccelli del cielo, a solcare i mari, a inabissarsi nelle profondità marine, come i pesci del mare e impari a fare ciò che ciascuna specie di abitatori della Terra,  precipuamente, particolarmente, fa  per la sua perpetuità”. L’uomo, nel  dominare e tiranneggiare, secondo i “desiderata” del padre suo(???), ciò che sul pianeta Terra vive, ha, perfino, distrutto gran parte della “Biodiversità” in essa racchiusa, “tamen”, non ha mancato di fornirsi di protesi, “ut antea Diximus”: ali meccaniche per volare; zattere e, poi, navi, sempre più potenti e veloci, sommergibili, per i mari solcare e negli abissi di esso inoltrarsi; con il perfezionarsi dell’industria automobilistica corre, ora,  più velocemente della tigre, del leopardo, del ghepardo. Si Fa Cultura, quindi, Si Fa Paideia, quindi, se Si Riesce a Dischiudere negli adolescenti, nei giovani, nella maggior parte degli uomini, insomma,  ”la superba rosa dai molti petali”, che essi sono. Pochi Uomini nel Tempo e nello Spazio Riuscirono, Riescono a DischiuderSi, autonomamente. Furono, Sono i Grandi Artisti, Poeti, Filosofi, Scienziati; moltissimi altri ebbero bisogno, hanno bisogno dell’aiuto dei Primi, ché i loro petali si Dischiudano. Dice O. Wilde ne “La decadenza della menzogna”: ”Lontanissima dalla   realtà e con gli occhi distolti dalle ombre della caverna, l’arte rivela la propria perfezione, e la folla meravigliata che osserva il dischiudersi della superba rosa dai molti petali si immagina che sia la propria storia ad esserle narrata, il proprio spirito a trovare espressione in una forma nuova. Ma non è così. L’arte più alta respinge il fardello dello spirito umano”. La Scuola dovrebbe Essere il Luogo, indubitabilmente Deputato a Dischiudere le Adolescenti Rose ”dai molti petali”, ove alta ed esclusiva deve Risuonare la Parola dei Grandi con la sua enorme Potenzialità Dialogica. Gli Insegnanti dovrebbero Attendere, altrettanto esclusivamente, a FarSi Voce tonante di quella Parola e, nel CommentarLa, all’Unisono con i loro Discepoli, Crescere, senza requie, con Essi. Questa fu la Scuola di Socrate, di Platone nella sua “Accademia”, di Aristotele nel suo “Liceo”, di Epicuro nel suo”Giardino”,  dei Precettori che, privatamente, nell’antichità sino alla fine dell’’800 Si Prendevano Cura dell’animo e della mente dei figli dei ricchi o delle classi egemoni al potere. Comunque, non sempre i loro discepoli erano figli di ricchi. Di qualche eccezione possiamo Entusiasmarci, ad esempio, di Orazio, figlio di un coltivatore diretto. Infatti, il padre del Poeta Venosino vendette il suo podere per Affidare il Figlio nelle Mani di un valido Precettore romano, allontanandoLo dall’ambiente gretto, piccolo borghese, diremmo oggi, dei figli degli ufficiali e sottoufficiali delle milizie romane acquartierate nel municipio lucano, che, a guisa di galli e galline ruspanti, apparivano, esibendo le ”bulgae” (da cui “r bugg” nella Lingua bitontina), le borse, gli zaini eleganti, griffati, come oggi diremmo. Non è cambiato niente: ho Insegnato nel liceo”orazio flacco” di venosa negli anni ottanta del secolo scorso e, medesimamente, non pochi “non studenti” di quella scuoletta, in competizione tra loro, sfarfalleggiavano con gli zaini all’ultimo grido della pubblicità catodica. Orazio fu Mandato a roma dal Padre, non perché frequentasse ambienti, aderenti, propingui al potere, sebbene perché un Precettore con le “palle”, “plagosus” (esigentissimo, “plachius” o “placòs” nella Lingua bitontina), Munito di staffile di cuoio, Gli “dischiudesse i petali”. Orazio non deluse il Padre, Divenne il più Grande Poeta della Latinità, non secondo a Virgilio, e come l’Ariosto, Si Contentò di “una rapa”, cioè,  di Condurre una Vita di sobria Umiltà, pur di essere Lasciato in Pace, Egli da Mecenate, il Ferrarese dal cardinale d’este, nella Frequentazione Spirituale, Culturale di Chi, Vivo o Non Più, avesse o avesse avuto il suo medesimo Senno. E, soprattutto, Lasciato in Pace a Comporre le sue Opere Immortali. A far data dalla fine dell’’800, via, via che le scuole, da private  (in napoli, ad esempio, c’era la Scuola di Basilio Puoti, Frequentata, tra gli Altri, da Francesco De Sanctis, da Luigi Settembrini, Visitata, Racconta De Sanctis, da Leopardi) o gestite, per la maggior parte, da ordini religiosi (Manzoni fu Discepolo degli scolopi), divennero pubbliche, subendo l’invasione della marea dei rampolli di famiglie borghesi o piccolo borghesi,”sed etiam” di famiglie di artigiani, di coltivatori diretti, se non del proletariato, non proprio indigente. Costoro non alla istituzione scolastica  pubblica chiesero, come assoluta Priorità, la Liberazione dalle secolari, platoniche caverne, nelle quali venivano proiettate le ombre degli oggetti, le sole percepibili, dagli schiavi in esse incatenati, e ritenute la sola realtà esistente. L’ignoranza, la presunzione di Sapere è il grado più basso dell’ esistere; è la umana schiavitù spirituale, politica; è il male che l’uomo  può produrre a se stesso e agli altri, ché non Sa. Dalla Scuola, pertanto, dai Maestri, dalla Paideia non altro si deve Pretendere che la Sollecitazione degli adolescenti, dei giovani allo “Studium”, alla Passione ad Esodare da ciò che ci impoverisce, chiudendoci in opinioni ipostatizzate nell’illusione che siano verità incontestabili.”Mamma, dammi il Sole”, è il Grido di Osvaldo negli “Spettri” di Jbsen, ché l’astro con il suo accecante bagliore ci  consapevolizza dei limiti del nostro”vedere”; dirada le nebbie della menzogna che ci ha imprigionato, c’imprigiona, rendendo, cruentemente, ostili le nostre e le altrui relazioni interpersonali. L’Idea del Bene e della Verità si ha per sottrazione dalle menzogne con cui nel corso della nostra vita abbiamo impattato e corriamo il rischio di impattare. Dal tempo, precedentemente, indicato, i fruitori del Tesoro, del Patrimonio di Valori Spirituali, dalla Scuola Capitalizzati per Essi, si trasformarono da discepoli in clienti, che usarono in minima parte quel Tesoro, non per, idealmente, Gettare lo Sguardo fin “sub Limine” di quei Valori,  “sed” per guadagnare, se non per rubacchiare, un “pezzo di carta legalizzato” che potesse loro permettere di agganciare, finalmente, l’ascensore sociale che, per molti illusoriamente, li avrebbe portati a frequentare il ”palazzo”, cacciando, magari, gli antichi o antichissimi frequentatori; operando, magari, peggio o strapeggio di essi. Bisogna,”tamen”, chiarire che la scuola, dai suoi clienti trasformata in datrice di “titoli” per ascendere non al Cielo, ma  nelle “stanze dei bottoni” del “palazzo”, pretese  che si stabilisse con essi un rigoroso, severo, non negoziabile:”do ut des”. Cioè, essa avrebbe dato i “titoli”, in cambio dell’  “impazzimento” sui libri dei suoi imberbi clienti. Per lustri e lustri godette del prestigio, non dell’ autorevolezza, ma dell’autorità che la plebe le riconosceva  per l’abnorme potere che essa aveva di modulare con le sue certificazioni il destino, le fortune dei suoi fantoli. La plebe doveva, metaforicamente e, forse, non solo metaforicamente, strisciare le scarpe sugli zerbini, prima di inoltrare i piedi in un istituto scolastico;”vae”, se osava indagare il colore degli occhi degli insegnantucoli e, men che mai, dei presiducoli;“vae”, quando con loro colloquiava, ad alzare la voce. Improvvisamente, dalla germania, dalla francia calarono sull’italietta il ’68 e i tormentoni di esso in allegato:”Vogliamo tutto e subito”; “Vietato vietare”, gridato da torme di implumi nullafacenti per tutte le piazze e sponde italiche. Aule di istituti scolastici, di facoltà universitarie occupate da mane a sera e a, notte, cambronnate, preservativate, ché, essendo  i rivoluzionari  “persone umane”, così si diceva,  non avrebbero potuto non dare seguito ai loro bisogni fisiologici e sessuali. Si studiava e si leggeva il  “libro” del perfetto “antitutto” del tempo: quello rosso del méntore mao. Il potere italiettino, alle prese col muro di berlino e con il, pur falso, “pci” in continua ascesa, tollerò tutto (I delinquenti, per M.Faucault, se sono terroristi, offrono al potere il pretesto per restringere lo spazio di Libertà dei Cittadini; se sono mafiosi, servono al sistema economico, dal potere patrocinato, per riciclare nelle banche i loro patrimoni, criminalmente, accumulati), tutto permise: perfino che, da esso guidati, sotto la sua diligente regia, un migliaio di figli di papy, divisi in squadracce rosse e nere, giocassero alla lotta armata, compiendo stragi (“in piazza fontana” in milano,”sul treno italicus”,” nella stazione di Bologna”, “in piazza della loggia in brescia, ecc., ecc., ecc.) e delitti infami fino al rapimento di moro, al suo assassinio, allo sterminio della sua scorta. Poi, silenzio, tenebre, depistaggi, liberazione di tutti i detenuti “politici”, di quelli, soprattutto, che, vilmente, avevano versato sangue innocente. I brigatisti, ormai, non servivano più, ché oltre la cortina di ferro il rosso si rosava, sino ad annerarsi nel capitalismo più sfrenato e arrembante putiniano; da noi il “pci”, si vergognava di essersi spinto  nel titolarsi tale per decenni e divenne “pds”, in seguito, come su un piano inclinato, divenne “ds”, liquidandosi nel “pd” del clintoniano veltroni. E ai puttini, che nell’assoluta anarchia continuavano ad ammutinarsi  negli istituti scolastici, occupandoli per, ipocritamente,  protestare contro gli indecifrabili responsabili delle quotidiane mondane disgrazie, il potere cosa concesse? L’impunibilità ”ad aeternum” per tutti i gravi illeciti, se non reati, di cui essi si erano macchiati, si macchiavano, avrebbero potuto macchiarsi, stracciando regolamenti scolastici e le Leggi generali dello Stato; diplomi, maturità, senza aprire libri, dando spazio al parascolastico (con zecchinate d’oro ed altre amenità da avanspettacolo) e riservando allo scolastico”strictu sensu” solo il tempo che essi avessero voluto, se avessero potuto liberarsi dell’ ”inutile e vano”. E i severi, rigorosi, inguardabili, se non con il loro esplicito benestare, insegnantucoli, i presiducoli, come si comportarono? S’abbassarono le braghe! Morale della favola: avrebbe siffatta casta  conigliata potuto continuare a soggiornare sul piedistallo dell’autorità, se senza alcun dignitoso pudore aveva abbassato la testa, la schiena, dai laceranti, per le future generazioni, “diktat” del potere pressata, quali la scolarizzazione generalizzata fino alla maturità e al diploma, ma l’“analfabetizzazione” generalizzata in uscita, come in entrata della clientela scolastica, proveniente dalle classi popolari ? Avrebbero potuto, potrebbero non sconfinare nel ”bullismo” ragazzi che, senza Scuola,  pur scolarizzati, non nella strada si disperdevano, si disperdono, ma nella scuola?  Così, le pecore, senza Pastori (latitanti le Agenzie Educative: la Famiglia, la Scuola, la Sagrestia, il Partito), diventarono lupi, prendendo di mira i pavidi insegnantucoli, i presiducoli e i compagnucci più timidi, i più inermi. AhiMé, MI Soccorre la Favola del “Lupo e dell’Agnello “ di Fedro, che ai miei tempi Si Traduceva nella prima ginnasiale, oggi, non si riesce a tradurre neanche nell’ultimo anno del, si fa per dire, liceo classico:”Ad  eundem rivum lupus et agnus venerant, siti compulsi. /Superior stabat lupus, longeque inferior agnus. /Tunc fauce improba latro incitatus iurgii causam intulit /“Cur – inquit- turbolentam fecisti mihi aquam bibenti?…..”. A volte, “la vita imita l’Arte più di quanto l’Arte imiti la vita”, per Parafrasare il Filosofo Andrea Tagliapietra. Amen!

 

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano


Pubblicato il 25 Maggio 2018

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