Spigolature di fatti e misfatti ( 48)
Qualche giorno fa i cuochi della polenta giornalistica “lumbarda” hanno titolato, finalmente, il loro non commestibile piatto con una Verità, che è non solo di oggi, ma è rintracciabile, addirittura, sin dal 1861, o quasi, anno dell’unità farlocca dell’italietta. Nell’occhiello o (non “piuttosto”) sopratitolo, dunque, si legge: “Ai meridionali 3 cariche istituzionali su 4”. Nel titolo si legge: ”COMANDANO I TERRONI”. Infatti: sergio mattarella, presidente della repubblica, è un siciliano di palermo; per maria alberti casellati, presidenta del senato, un bel “Dna” calabrese; roberto fico, presidente della camera dei deputati, è un partenopeo di napoli; giuseppe conte, presidente del consiglio dei ministri, è un pugliese di volturara appula (fg); luigi di maio, vice presidente del consiglio dei ministri, è un campano di avellino. Inoltre, da roma in giù le “location”, ove emisero i primi vagiti il presidente della corte costituzionale, il presidente della corte di cassazione, il governatore di bankitalia, il presidente del consiglio di stato, il presidente della corte dei conti e, tanto per non farci mancare niente, noi “Terroni” ci vantiamo che meridionali sono il presidente di “Telecom” e il presidente della confindustria. Per non dire di una caterva di viceministri, di sottosegretari nati a “sud” di roma e, chi lo sa, mai saliti al di là del tevere, come il “trota”, il rampollo prediletto di bossi, il fondatore della ”lega nord”, che si gloriava di non avere, giammai, oltrepassato la linea o (non “piuttosto”, come usano grugnire gli omologati nel modo di grugnire, perfino) il vallo gotico. Ciò Detto, andiamo, ora, a scoprire gli “autorevoli”(?????) meridionali, che posero o (non “piuttosto”) riposarono il loro ”po, po’” sugli altissimi scranni istituzionali del “regnino sabaudo” e, in seguito, della repubblichetta italiettina, dalla cacciata dei savoia sino, purtroppo, ai giorni del nostro attuale martirio sociale, economico, politico, culturale. Ebbene, francesco crispi di ribera (agrigento) fu il primo meridionale a diventare presidente del consiglio dei ministri, mantenendo nel contempo il “dicastero degli esteri”, il “dicastero dell’interno”, e lo fu più volte, sia pure con un intervallo di qualche anno, dal 1887 al 1896. Pur siciliano con un passato di rivoluzionario mazziniano (Ahimè, l’”usato sicuro” del trasformismo italiettino, che la Storia ripropone: mussolini, da socialista massimalista “non interventista”, si vende: prima ai francesi che gli foraggiano dal 1914 il “Popolo d’Italia”, il giornale “interventista”, che propugnava l’italietta a fianco dei francesi nella prima guerra mondiale; poi, agli agrari del “sud” e agli industriali del “nord”, che lo aiutano nella scalata al suo duro potere dispotico, ché li vendicasse delle occupazioni nel “Bienno rosso”(1919-1920) delle fabbriche al ”nord” e delle terre al “sud” da parte degli operai e dei contadini. Per non parlare di tanti comunisti e socialisti che, recentemente, dismettendo la maschera rossa, per indossare quella, nei fatti, reazionaria di renzi, hanno votato l’abolizione dell’ ”Art.18” dello “Statuto dei Lavoratori”, Conquista Miliare di anni di lotte del “Mondo del Lavoro”, affidandolo, nuovamente, all’atavica precarietà, insicurezza, stigma dell’avarizia padronale), sollecitato dai proprietari terrieri e dai gabellotti mafiosi siciliani, represse nel sangue, facendo intervenire lo spietato “esercito regio”, il ”Movimento dei “Fasci Siciliani”, Attivo per una maggiore Giustizia e Libertà nell’isola e non solo. Antonio salandra di troia (fg), docente universitario, presidente del consiglio dei ministri dal 21 marzo 1914 al 28 giugno 1916; vittorio emanuele orlando di palermo, docente universitario, presidente del consiglio dei ministri dal 10 ottobre 1917 al 23 giugno 1919; francesco saverio nitti di melfi (pz), economista, presidente del consiglio dei ministri dal 24 giugno 1919 al 15 giugno 1920, un antifascista finalmente, costretto all’esilio in francia, mentre salandra e orlando, appartenenti alla borghesia professionistica, di cultura, sostanzialmente, umanistica, male interpretata e metabolizzata, che, con le sue paure per le Richieste, non più eludibili, del Rispetto dei Diritti Sociali e Salariali da parte del Proletariato industriale e agricolo, fece da sgabello all’ascesa di mussolini e al consolidamento del suo ventennale regime. Fatti sfilare i politici meridionali al vertice del regime monarchico sabaudo, Proseguiamo la passerella di essi sul vieto proscenio della repubblichetta italiettina, nata dalla resistenza di stampo alfieriano, come più volte abbiamo Lamentato nei nostri Scritti, che consistette nel combattere le “persone”(maschere) di mussolini e dei suo scherani, ignorando che bisognava Liberarsi della sottocultura, di cui essi erano i mallevadori; ignorando che il “fascismo” era ed è una inguaribile “malattia dello spirito”, sì che Ennio Flaiano Argomentava che “fascisti sono i fascisti propriamente detti e gli antifascisti”. Tanto per non Dimenticare, la fucilazione di mussolini e della petacci a giulino, una frazione del comune di mezzegra, in provincia di como, e di 15 gerarchi fascisti a dongo, sul lago di como, il 28 aprile del 1945, senza processo, fu un crimine, senza dubbio alcuno, fascista. Confezioniamo, ora, la striscia dei presidenti meridionali della repubblica italiettina: enrico de nicola (napoli), il monarchico (se non fu una farsa, poco mancò che fosse!) capo provvisorio della repubblica. Costui , oltre a ricoprire la carica di presidente della camera dei deputati, del senato, fu il primo presidente della corte costituzionale; antonio segni (sassari), giovanni leone (napoli), francesco cossiga (sassari), giorgio napolitano (napoli),sergio mattarella (palermo). Se prescindiamo da de nicola, che fu inquilino del “quirinale” per un solo anno, cioè dal 1° luglio del 1946 al 31 dicembre del 1947, il primo “palazzo” dell’italietta avrà ospitato fino alla fine del mandato di mattarella 5 meridionali per 35 anni. Un po’ troppo, a dire il vero, visti i benefici, di cui non hanno goduto i meridionali, grazie alla loro presenza da protagonisti all’interno del teatrino, politico, si fa per dire, italiettino. No, cari miei 25 Lettori, non è finita, ché dobbiamo dare conto della sfilza di meridionali che, per qualche tempo, si sono accampati a ”palazzo chigi”, il ”palazzo” ove ha sede la presidenza del consiglio dei ministri. Ebbene, ecco l’elenco dei presidenti del consiglio dei ministri meridionali, dalla caduta di mussolini ad oggi: mario scelba di caltagirone (catania), mario segni di sassari, giovanni leone di napoli, aldo moro di maglie (lecce), emilio colombo di potenza, andreotti di roma, francesco cossiga di sassari, ciriaco de mita di nusco (avellino), massimo d’alema di roma, giuseppe conte di volturana appula (fg). E behh, non caro, non gentile, vittorio feltri, se il meridione, Ripetiamo, da roma in giù, da “man a r nannasc”(da tempo immemorabile) continua ad esporre i genitali maschili e femminili dei suoi abitanti, non in mutande, sebbene senza mutande; se la forbice economica tra il “sud” e il “nord” continua, incessantemente, a divaricarsi (per il quotidiano “La Sardegna” una famiglia su cinque è in gravi difficoltà economiche), tutti codesti nobili uomini, che dall’unità, simil pagliacciata, dell’italietta ad oggi hanno frequentato, frequentano le stanze dei bottoni del ”palazzo”, in favore di chi hanno digitato, contro chi hanno digitato, da chi hanno avuto consigli, suggerimenti nelle loro decisioni politiche, quando non ordini? Vuoi che ti Parliamo dell’ultima baggianata perpetrata nei confronti dell’economia meridionale da un governo presieduto e vicepresieduto da due meridionali, con una leccese, CI Pare, ministra del mezzogiorno? Certamente, saprai che gran parte del mezzogiorno dell’italietta vive di agricoltura. L’anno scorso una terribile gelata distrusse gran parte delle colture, praticate nelle terre, dai meridionali faticate con immani sacrifici, sì che la produzione agricola, fonte di resistenza, se non di sopravvivenza, sul mercato di tante aziende, si dimezzò, drammaticamente. Nell’ultima manovra di bilancio, autoreferenziale per le fortune politiche dei due ragazzotti, ex nullafacenti, il nordista, ”non razzista”, salvini e l’avellinese, moralizzatore a suon di condoni, si dice, di maio, non appare un euro di risarcimento per i danni causati dai nefasti sussulti della natura, leopardianamente, irresponsabile, indifferente nei confronti degli sfortunati meridionali. Ovviamente, al palermitano mattarella non compete mettere il naso sulle amnesie del governo, presieduto dal foggiano conte che, a sua volta, non mette il naso su ciò che decidono i due dioscuri, gli azionisti del suo governo, le cui ”benefatte” egli non discute, pena il suo ritornare a ciò che faceva prima (i “curricula” da lui esibiti, non poche volte, sono stati smentiti). Allora, non caro, non gentile feltri, come si spiega l’accaparramento ”d’antan” da parte di tanti meridionali di posti di comando negli ingranaggi della gestione politica, economica, amministrativa dello stato italiettino e i meridionali, da sempre, in gramaglie? La Risposta è di Gramsci ed è, ognora, attuale. Il Grande Intellettuale Sardo Ipotizzò che, la stagione unitaria compiutasi, ci sia stato un tacito patto, ma ”fattuale” (tanto per usare un aggettivo feltriano), tra la borghesia agraria, ultraconservatrice, avara, pidocchiosa meridionale e la corsara, piratesca nel rincorrere i suoi rilevanti profitti, borghesia agraria nordista, che stava investendo nella nascente industria siderurgica e metallurgica i suoi capitali, provenienti da un’agricoltura faconda e feconda, grazie, anche, alle innovazioni tecnologiche, utilmente, sperimentate in/per essa. Vogliamo ricordare i lavori di raffinata tecnologia idraulica fatti eseguire da cavour nelle sue tenute. Quali i termini del patto? Alla borghesia meridionale la sola presenza,invasiva, Diremmo, negli altissimi livelli della magistratura inquirente e contabile dello stato, negli alti gradi delle forze armate e dello sbirrismo di stato, la tolleranza che ai vertici delle istituzioni politiche dello stato, non rare volte, ci fosse il meridionale di turno. Alla borghesia settentrionale, ormai, padrona delle ferriere, la titolarità dell’indirizzo economico dello stato italiettino, in quanto l’alta finanza, veniva discussa, indirizzata, gestita nei suoi “salotti buoni”, cioè, nelle sue banche. L’anomalia, tutta italiettina, per gran parte della Storia d’italia, dell’appiattirsi della categoria dell’”economico”, quindi dell’intera finanza italiettina, nelle mani di poche famiglie di industriali, di produttori di manufatti, permetteva all’ ”avvocato” di proclamare, senza essere sbugiardato dai “media”, tra l’altro, dei più accorsati di essi padrone, che ciò che ”andava bene per la ‘fiat’, andava bene per l’italia”, e i politici del/nel “palazzo” gli ubbidivano: quelli meridionali, soprattutto, gli si inchinavano, gli baciavano le mani. I padroni della “fiat” avevano deciso che avrebbero riempito l’italia di automobili? Di dare priorità al trasporto privato di merci e di uomini su gomma, a scapito di quello pubblico su rotaia o (non “piuttosto”) per mare o (non “piuttosto”) fluviale (il fiume “po” è navigabile)? E i politici, quelli meridionali, soprattutto, decidono la costruzione dell’ “autostrada del sole”, per avvicinare, così si diceva, il “nord” al “sud”. Quindi, funzionale alla ricchezza del “nord”è stato, è l’intasamento dei gangli della vita politica e amministrativa da parte dei meridionali; funzionale alla ricchezza del ”nord” è stata, è la persistente, ancora in corso, povertà del sud. La povertà crea disoccupazione, per cui formiamo, progettavano tra loro i ”cummenda”, una turba enorme di disoccupati, sì che all’occorrenza, quando ne avremo bisogno, potremo utilizzarli con salari di fame,magari. Uno dei motivi, che scatenò l’ingordigia cavouriana e dei suoi sodali ad invadere il ”sud”, a conquistarlo, fu l’esigenza di allargare il mercato interno alla mercanzia, che stavano iniziando a produrre, e la necessità di avere braccia a buon mercato, da strappare all’agricoltura meridionale che, ancora, praticata con sistemi atavici, antiquati, costava ai suoi addetti fatica e rendeva miseria. Il rapporto tra “nord” e “sud” è stato, è di tipo colonialistico o neocolonialistico. Si permetteva, si permette da parte dei nordisti che lo stato fosse, sia nelle mani dei sudisti, ché quelle mani si adoprassero, si adoprino non per il comune Bene, ma per gli interessi di coloro che ad esse suggeriscono cosa debbano agire, come debbano agire, per chi debbano agire. Ancora sulla bocca dei nordisti il tormentone che il “sud” sugga dalla mammella del “nord”: vero è, invece, che il pecora garibaldi, dittatore ”pro tempore” del “regno delle due sicilie”, consegnò ai “missi dominici”, inviati da cavour, la moneta contante in metalli preziosi, custodita nel“caveau” del “banco di napoli”, che servì per,ulteriormente, finanziare il decollo industriale del”nord”, e, perfino, le fastose. preziose carrozze dei borboni. Che dire, inoltre, della spalmatura sulla groppa di tutti gli italiettini e, quindi, anche dei meridionali, dei debiti, contratti dai savoia, per giocare alla guerra con i loro parenti regnanti, sparsi su tutto lo sfortunato continente europeo? O feltri, Noi ti “Esortiamo alle Storie” e il Foscolo CI Perdoni per il Plagio, da Noi Ordito, del suo nobile “Esortare gli Italiani alle Storie”, ché la Conoscenza puntuale di Esse fosse un imperioso, indiscutibile, irrevocabile, necessario Viatico alla Solidarietà tra Essi.
Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano.
Pubblicato il 22 Gennaio 2019