Sul nodo stilla la verità
Lo chiamano il Belpaese. Mondato del fango che lo insozza, lo sarebbe. E a questo fango i più hanno fatto il callo. Pochi altri, no. Perciò s’indignano, si ribellano, oppongono resistenza. E’ il caso, per esempio, di Giovanni Gentile, drammaturgo e regista nostrano il cui teatro da tempo denuncia stragi di Stato e delitti di mafia. L’ultimo rabbioso – e anche temerario – grido di giustizia s’intitola ‘L’agenda – 19 luglio 1992’. In un allestimento Collettivo Teatro Prisma (con viva soddisfazione di Movimento Agende Rosse), lo spettacolo ha debuttato venerdì scorso al Piccolo Teatro di Bari Eugenio D’Attoma. Scalza come un tempo era uso per i condannati condotti al supplizio, una paziente Barbara Grilli dipana l’immondo gomitolo di silenzi, insabbiamenti, imbrogli e depistaggi che avvolge la strage di via D’Amelio a Palermo in cui – con altri (vedi immagine) – perse la vita il giudice Borsellino. Un’operazione lenta, puntigliosa, moderata a fatica (percepibile tra le righe il desiderio di piangere, urlare, esporsi ancor più pericolosamente). Il testo dà voce a morti, pentiti, eroi e mostri, che indossano maschere animalesche. E intanto un’altra voce, stavolta neutra come quella che nonostante tutto risuona fra gli scampoli anche della peggiore coscienza, inventaria le vergogne dell’Italia repubblicana (prima, seconda o terza non fa differenza). Su un tavolo, tinteggiato dei colori nazionali, Gentile allestisce una sorta di diorama dove pezzi/soldatini si muovono nella ricostruzione della strage di via D’Amelio e della immediatamente successiva e non casuale scomparsa della famosa agenda di Borsellino. Un poco questa danza dei ‘pezzi’ evoca un possibile partita a scacchi tra Stato-Mafia e lavoratore-contribuente assetato di Giustizia. Ma a differenza del secondo, il primo parte col vantaggio di due Regine e un Re di riserva, ove non bastasse una superiore, prepotente vocazione ai giochi di strategia. Una variegata colonna sonora nella quale c’è posto persino per Antoine e i Giganti inframmezza un racconto affollato di pozze di sangue, date e nomi. Nomi eccellenti e nomi di mezze tacche scambiate per pupari e viceversa. Vicende intrecciate in modo così fitto da formare un nodo inestricabile, di quelli che nemmeno le mani più abili riuscirebbero a dipanare. Viene in mente la leggenda di Alessandro e del nodo gordiano : A Gordio, nella Frigia, un carro da buoi (appartenuto al primo e omonimo re di quella città) era da tempo immemorabile assicurato ad un palo da una robusta corda in corteccia di corniolo avvolta in un nodo così complesso da sconfiggere chiunque si fosse provato a scioglierlo (chi fosse riuscito, assicurava un oracolo, avrebbe conquistato l’Asia Minore). Quando raggiunse Gordio (che oggi corrisponde all’attuale Yassihüyük) Akessandro si lasciò sedurre dalla profezia. Ma vista la complessità del nodo pensò bene di sguainare la spada e tranciarlo in un sol colpo… Peccato che quella sia una leggenda e che questa Italia non meriti un Alessandro. Perciò non stanchiamoci di armeggiare intorno al Nodo nazionale. Dai e dai, chissà. Dopotutto, disse la goccia alla roccia… Animati da sano ‘amor di patria’ gli encomiabili Gentile e Grillo fanno stillare verità.
Italo Interesse
Pubblicato il 22 Ottobre 2019