Cultura e Spettacoli

Sul sereno stivale un ciclone di devastante ignoranza

Perché la massa di codesti nostri ragazzi e ragazze, prima che sia troppo tardi, prima che gli ultimi Maestri Artigiani, che per una vita hanno esercitato Mestieri nobilissimi, vadano a miglior vita, invece di frequentare la scuola di malavoglia o, i più grandicelli, invece di bighellonare da mane a sera da un bar all’altro (tra l’altro, per quanto CI sforziamo, non riusciamo a risolvere il “pusillis” angosciante: ”dove, come trovano codesti fannulloni gli euro per far trascorrere, inutilmente, i momenti più utili alla buona semina nella primavera della loro vita per un futuro ricco di dignitose soddisfazioni, degradandosi tra una birra e l’altra ? Ché, soprattutto, per degradarsi costoro hanno bisogno di molti euro!”), non vanno a Bottega ? In Verità, avrebbero dovuto frequentarla da bambini, dopo aver in una scuola dell’obbligo decente, ché decente non può dirsi quella attuale, Imparato a Leggere, a Scrivere e Far di Conto, secondo le sagge Raccomandazioni di Antonio Gramsci. Tanto Diciamo per due episodi di folgorante, dolorosa maraviglia che CI hanno attinti nel corso  della visione di due popolari trasmissioni televisive: “Sereno variabile” di rai 2, condotta dal bravo Osvaldo Bevilacqua, alle ore 18 di sabato, 14 dicembre  2013,  e  “L’Eredità” di rai1, alle ore 19 del medesimo giorno, condotta dal conti “ragiunat”. Nella trasmissione condotta da Bevilacqua si parlava di un Laboratorio, per la precisione, di una Scuola di “Ricamo a Tombolo” in un paesino delle marche, se bene Ricordiamo. La telecamera veniva focalizzata sulla sorprendente velocità delle Mani della Maestra e delle sue Discepole nel Comporre Ricami d’ incredibile Bellezza. E’, persino, ovvio puntualizzare che Maestra e Discepola erano ultrasessantenni e nel Laboratorio non si aveva alcuna percezione, sentore, profumo di candida(???) adolescenza. Le pulzelle del paesino, magari, avevano di buon mattino raggiunto la soglia del rispettivo edificio scolastico, senza alcuna intenzione di oltrepassarla fino al dopo 6 gennaio, al grido ipocrita, falso: ”Diritto allo studio” che, poi, al netto di tutte le loro riserve mentali, significa diritto a un parcheggio in  luoghi meno “scassati” di quanto non lo siano quelli da esse vissuti. E, in aggiunta, il diritto alla carta da water ”sine dolore atque labore.”! Con grande sofferenza (ché più non ci saranno nuove generazioni abili, valenti esperte nel muovere in modo, positivamente, costruttivo le mani. La Diversità dei Saperi Si sta impoverendo con la scomparsa di molti mestieri, in desuetudine caduti), abbiamo  visto quelle Mani, ancorché artrosiche, muovere con gli opportuni piccoli strumenti di lavoro i fili di seta o di cotone (non CI è stata nella trasmissione precisata la qualità della materia prima) che, quasi per magia, sarebbero serviti per produrre oggetti di rara Eleganza e, se vogliamo discendere nella prosa dell’economico, di grandissimo valore, che pochi potrebbero permettersi di acquistare o avere in possessione. In quel momento abbiamo maledetto tutte le rivoluzioni industriali che hanno disumanizzato l’uomo, inducendo Marx a InventarSi, sulle macerie dell’Artigianato, il concetto di “alienazione” e di “plus-valore”: cioè la condizione, eziandio di frustrazione psicologica, dell’uomo al lavoro di una materia prima, che non ha scelto di manipolare, per eseguire un prodotto di cui non è il progettista, che non sarà di sua proprietà, sebbene del capitalista. Inoltre, l’uomo alle dipendenze di un altro è anche dipendente dal suo prodotto; solo nel caso esso sia richiesto dal mercato, il capitalista continua a corrispondergli il salario, in caso contrario lo licenzia. Quindi, il lavoro dell’uomo operaio non è libero, come quello dell’Uomo Artigiano, né fantasioso, ma si svolge, coattivamente, forzatamente, ripetitivamente (Marx Paragona l’operaio a sisifo), in una sorta di “letto di procuste”, in un periodo di tempo stabilito da un altro, dal capitalista. Il “plus-valore”, poi, è la differenza, di cui s’appropria il capitalista, tra il valore prodotto dal lavoratore e il valore del salario che il capitalista gli corrisponde. Il ”plusvalore è la fonte del ”profitto”, la cui realizzazione e accumulazione è il fine essenziale del “capitale” e del capitalista. Rispondendo a chi Gli contestava che l’industrializzazione avrebbe innalzato una generalizzata qualità di vita, Marx nel “Capitale” Affermava: ”Come il vestiario, l’alimentazione, il trattamento migliore e un maggior peculio non aboliscono il rapporto di dipendenza e lo sfruttamento dello schiavo, così non aboliscono quello del salariato”. A parte l’inquinamento industriale massivo del pianeta che sta mettendo in discussione l’ecologia plurimillenaria di esso e, quindi, la sopravvivenza in esso dell’uomo, NOI Aggiungiamo. Altra volta, invano, certamente, abbiamo Detto che la Bottega Artigiana era un vera, grande Scuola che permetteva, diversamente, da ciò che non permette la scuola italiettina di oggi, bolsa nei suoi edifizi cadenti e non a norma, nella universalità dei suoi operatori in essa, nei suoi fruitori, nei parenti dei suoi fruitori, nei suoi uffici centrali e periferici, quella scalata sociale che in passato ha fatto sì che molti Artigiani Diventassero i Mentori del “Made in Italy” in tutti i settori dell’umana Creatività e Celebrati in tutto il mondo. Abbiamo altra volta anche Detto che il Rinascimento ebbe la sua preziosa culla nelle Botteghe: non tutti gli Adolescenti, i cui Genitori Pregarono il Maestro Artigiano o di Bottega di AccoglierLi con amorevole Abnegazione, Passione pedagogica, Diventarono Giotto o Michelangelo, ma Tutti Impararono qualcosa che Loro permise di Vivere dignitosamente e, soprattutto, ebbero modo di Contemplare cosa fosse il Bello, il Fratello del Bene. “Tamen”, non vorremmo NOI essere percepiti per quelli che non siamo e non vogliamo, per Parafrasare Montale da “Ossi di Seppia”: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. /Codesto solo oggi possiamo dirti, /ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Non v’è dubbio alcuno che siamo contro una scuola, quale che sia, purché “cotidie” ufficializzi la scolarizzazione di massa, incolta, senza alcuna Progettualità pedagogica, permissiva; non vogliamo una scuola diplomificio, che tra l’altro perderebbe il 90% dei suoi attuali frequentanti se, finalmente, si togliesse il valore legale ai titoli di studio, “alias” alla cartaccia, nemmeno da cesso, tanta è l’inutilità di essa, per la quale molti genitori, la cui stoltezza non è pari nemmeno a quella del renzo manzoniano che invidiava ai ricchi e ai potenti non la possibilità di possedere titoli di studio con cui infinocchiare i miserabili, come lui, ma il “Latinorum” che a quell’epoca era la Lingua con cui Si Comunicava il Sapere. NOI (Sappiamo di Scandalizzare i demagoghi, i “populai” o populisti che fanno finta di ignorare ciò che M. Foucault non ignorava e Svelava agli ignari non per finta, ma proprio, inequivocabilmente, ignari: il potere, che è politico e economico, ha necessità che il serbatoio della delinquenza sia, ognora, pieno, ché essa rastrella denaro, sempre riciclabile e ripulibile da eventuali “ior”, con cui rifinanziare  ad “aeternum” lo sviluppo di tutte le sue attività, illecite molto spesso. Allora, facendo scomparire la Bottega artigiana, promulgando leggi improvvide contro la sopravvivenza di Essa, e, dequalificando la scuola a livello di produttrice ”fordista” di titoli di studio, il potere appronta una “vacatio” della “Paideia” nella quale inserisce i bacilli sottoculturali o pseudoculturali efficaci nell’ allevare le nuove generazioni alla “malavita” in consonanza con le sue mafiose esigenze) Riteniamo che una scuola generalista non serva più; che vadano coltivate le vocazioni dei singoli adolescenti, appariscenti sin dalla loro premeva età. Ci sono alcuni di essi che mostrano particolare interesse, senza alcuna preoccupazione della fatica a cui potrebbe sottoporli  il lungo “Studio” dei problemi dell’Umanesimo Scientifico, Filosofico, Letterario e vanno indirizzati verso percorsi scolastici che diano seguito e rispondano alle richieste vocazionali di siffatti ragazzi fino alla Laurea. Ci sono ragazzi che mostrano, invece, vocazioni di tipo musicale, canoro; altri di essere versati nelle arti figurative o nelle arti tersicoree o nelle discipline sportive: per ciascuna di queste vocazioni dovrebbero essere approntati percorsi di studio in grado di permettere ai ragazzi, che ad esse  si dedicano, di esprimersi, pienamente, per mezzo di esse. Infine, ci sono ragazzi che mostrano una efficace padronanza della/nella manualità e costoro andrebbero indirizzati ad applicarsi ad un mestiere di loro scelta, E’ chiaro, è ovvio che si dovrebbe fornire, prima di iniziare i ragazzi ai contenuti curriculari dell’indirizzo al quale sono stati istradati, i Fondamentali su cui tutta l’ ”Humanitas” Si Costruisce: Leggere, Scrivere e Far di Conto. Così l’Impegno scolastico, per l’edificazione di un Futuro foriero di Felicità in cui ciascun adolescente potrebbe nutrire la non improbabile Speranza di realizzare i suoi Sogni, non sarebbe più per lui una maledizione a cui sottrarsi ad ogni “piède che cerchi a stento di farlo avanzare”nella Vita. Che se alla nostra Utopia non verrà dato seguito (e non verrà ad essa dato seguito, altrimenti non sarebbe Utopia, cioè “luogo che non c’è”, che solo potrebbe esserci, se gli uomini fossero fatti di un’altra pasta cerebrale e, soprattutto, non fossero il prodotto della cecità di un fallo) non avremo diritto di eruttare tutta la nostra indignazione nei riguardi della rai che in trasmissioni come “l’ eredità” mostra dei mostri di asinità, di scarsissima disponibilità al più elementare raziocinio e, soprattutto, di navigare nel presente senza alcun aggancio con la Storia, con il passato, come sfilatini di cacca alla deriva in uno specchio di pipì. Eppure, le case editrici di libri scolastici sfornano per tutti gli ordini di scuola, dalla scuola primaria sino all’ultimo anno delle superiori, libri di Storia così imponenti, da sembrare, altrettanto, imponenti catafalchi su cui posare cadaveri di insegnanti, di scolari, di genitori che, pur avendo speso centinaia di euro per acquistarli, non si danno pena, alla fine dell’anno scolastico, di incazzarsi nel vederli, malamente, intonsi. Ebbene, nella trasmissione televisiva, sopra citata, condotta dal già menzionato conti “ragiunat”, a quattro concorrenti veniva chiesto: ”In quale anno del secolo scorso adolf hitler veniva nominato cancelliere ?”. Il primo concorrente, dopo laborioso ponzare, spara: ”il 1948”, il secondo: ”il 1964”, il terzo: ”il 1979”, il quarto, non avendo altra scelta tra le quattro opzioni (1933, 1948, 1964, 1979), offerte ai concorrenti, fa lo sforzo di alto livello raziocinante proclamando: ”Non sarà, forse, che la risposta giusta sia l’anno 1933 ?”. Esplosione di gioia, a tanta dimostrazione di sapere storico da parte di un concorrente, che buca il video, di conti “ragiunat”. Abbiamo Raccontato il misfatto televisivo con ridente o irridente ironia ma, o nostri cari 25 Lettori, c’è da piangere nel constatare il declino culturale irrevocabile della gran massa della condominialità italiettina, come prima lamentammo, al 90% scolarizzata. Come si potrà frenare codesta sconcia, vergognosa calamità, ormai, anche immedicabile, che è anche tramonto etico e, per finire, economico ? Gramsci Parlava di “pessimismo della ragione e di ottimismo della volontà”, ma era Cosciente che nel tempo suo gli italiettini avrebbero potuto Contare su Maestri come LUI, aperti ai venti e alle tempeste del Pensiero che Rafforza il Volere dell’Uomo nel DifenderSi dal ciò che Yung Definiva:”Il temperamento di fuga”. Fuga da chi ? Da cosa ? Dall’Essenza di Se Stesso, dell’Uomo che è “Zoon politicon”, animale sociale, che dà e riceve nello stare insieme agli Altri, per Elevare il tono, la Ricchezza spirituale, intellettuale della “social compagnia” di Matrice Leopardiana. In ogni caso, per Dare, per Contribuire a Migliorare la “Polis”, tutti coloro che in Essa si Associano devono, ciascuno per proprio conto, Avere, Possedere, quanto più loro sia possibile, la Sapienza, l’Umiltà nell’ ”Imitatio” dei grandi Creatori di Scienza e di Bellezza, per Dissolvere l’Avere nell’Essere, in un Essere che non sia, forzatamente, fuggitivo tra le braccia di coloro che preferiscono, fatalisticamente, rassegnati, la deriva alla Ricostruzione di ciò che il lasciarsi andare incipiente ha rotto, ha spezzato, a prima vista, irrimediabilmente, per non voler sobbarcarsi al sacrificio di Pensare, perfino. ”Vede, comunque e dovunque si viva, è necessario fare dei sacrifici”, Tuonava Nietzsche a Jacob Burckhardt!

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it         


Pubblicato il 17 Dicembre 2013

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