Sul terzo mandato finanche Renzi boccia il suo ex pupillo Decaro
Il leader di "Italia viva", principale artefice dell'ascesa nel 2016 del Primo cittadino barese alla guida dell'Anci, a Bari si è dichiarato contrario all'abolizione
Il Primo cittadino barese e Presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), Antonio Decaro, continua ancora a sperare nella possibilità di potersi candidare per la terza volta consecutiva a sindaco del capoluogo, se il Parlamento modificasse la legge elettorale delle comunali prima delle prossime amministrative di giugno del 2024, abolendo il limite dei due mandati consecutivi o introducendo, quantomeno, la possibilità di un terzo mandato. Una speranza che il sindaco barese del Pd non ha mai perso, considerato che non perde occasione per ritornare su tale argomento, attraverso gli organi di stampa o dal podio dell’Anci, come è accaduto ultimamente a Genova, nel corso del suo intervento all’assemblea nazionale dell’Associazione, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Infatti, se non interverrà alcuna modifica alla legge vigente dal 1993 per l’elezione diretta dei sindaci, Decaro alla scadenza del suo secondo mandato dovrà lasciare la fascia tricolore che a Bari indossa da giugno del 2014, per dare spazio ad un nuovo sindaco, poiché la normativa attuale non consente ai sindaci la possibilità di una terza candidatura consecutiva. Perciò Decaro nel 2024, alla fine del suo secondo mandato, se non vorrà mettersi in “stand-by” elettivo, con la speranza di potersi poi candidare al posto di Michele Emiliano alla guida della Regione nel 2025, dovrà necessariamente affrontare una candidatura al Parlamento europeo per non rischiare di restare successivamente fuori dai giochi. Una candidatura, quella per il seggio a Bruxelles, notoriamente costosa, rischiosa e difficile da affrontare, poiché il collegio elettorale è molto vasto (trattasi – come è noto – di sei regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) con possibilità di successo alquanto incerta, trattandosi di elezioni con il voto di preferenza plurimo (nel collegio meridionale le preferenze esprimibili sono tre in tutto, con facoltà del voto di genere che riduce al massimo a due le preferenze maschili o addirittura ad una, qualora gli altri due voti espressi sono per candidature al femminile). A questi rischi c’è da aggiungere anche il fatto che tradizionalmente, nel collegio elettorale di cui è parte la Puglia per le europee, i candidati più favoriti tra i Dem nella corsa a Bruxelles sono stati quelli della regione più popolosa, ossia la Campania, per il semplice fatto che gli elettori detta regione sono di gran lunga maggiori di quelli delle altre cinque che compongono il collegio e che gli elettori campani di tutti i partiti in passato si sono rivelati sempre poco propensi ad aggiungere alle preferenze per candidati locali anche quella per un candidato di altra regione. E, quindi, anche tra gli elettori campani del Pd vi sono molti che sono anche molto “campanilistici” con i voti di preferenza. Ma, vista la notorietà conseguita dal sindaco di Bari anche grazie al suo ruolo di Presidente dell’Anci, forse ciò che più preoccupa Decaro non è tanto un eventuale insuccesso, quanto il fatto che una volta eletto a Bruxelles difficilmente nell’immediato futuro potrebbe rientrare in un ruolo da protagonista a livello strettamente locale (candidatura a Presidente della Regione o al Parlamento nazionale, etc.). Quindi, il rischio maggiore per Decaro in caso di candidatura alle europee è verosimilmente quello che, anche in caso di elezione, resti fuori dai “giochi” locali di potere e pertanto che vada ad occupare un posto sì di prestigio sotto l’aspetto politico, ma sicuramente privo di ogni possibilità di gestione spicciola (soprattutto clientelare!) del potere a livello locale. Fatto, quest’ultimo, che evidentemente preoccupa non poco Decaro, dopo aver svolto – come è noto – dieci anni da sindaco di Bari e della Città metropolitana (ex Provincia) ed un decennio prima da assessore, tra cui anche una parentesi da consigliere e capogruppo regionale, oltre che un anno da deputato. E sarà forse per questo che Decaro da subito dopo le elezioni politiche dello scorso anno (a cui – come si ricorderà – non volle candidarsi, per non lasciare le poltrone di sindaco e presidente dell’Anci un anno e mezzo prima della scadenza naturale) ha avviato un pressing martellante su Governo e Parlamento per la modifica dell’attuale legge elettorale dei sindaci, richiedendo l’abolizione del limite di secondo mandato consecutivo. Un’abolizione su cui, però, non è d’accordo neppure colui che nel 2016 volle fortemente Decaro alla guida dell’Anci, l’allora premier e segretario del Pd, Matto Renzi, di cui il Primo cittadino barese, nell’immaginario collettivo, era considerato uno dei fedelissimi nel Pd, più di quanto lo fosse ad Emiliano che, notoriamente, lo aveva nominato assessore alla Mobilità barese nel 2004 e nel 2009 e, poi, lo aveva sempre “garantito” in tutti i successivi ruoli politico-elettorali. Infatti, l’ex leader Dem di Decaro, Renzi per l’appunto, sabato scorso a margine dell’incontro barese con alcuni rappresentanti e simpatizzanti pugliesi del partito da lui stesso fondato dopo l’abbandono dei Dem, Italia viva, parlando di una eventuale modifica alla legge elettorale per i sindaci e della possibile introduzione di terzo mandato, ha commentato: “Per i sindaci dei piccoli comuni (ndr – le realtà con popolazione inferiore a 15mila abitanti) se ne può discutere”, mentre per i grandi centri – ha esclamato Renzi – “dieci anni per un sindaco sono più che sufficienti”, tenendoci a sottolineate di essere stato lui stesso in passato sindaco di una grande città (ndr – Firenze), che – come è noto – è una realtà di dimensioni ed importanza politico-amministrativa pressocché analoghe a quella barese. Pertanto, finanche il leader di “Italia viva”, nonché principale artefice dell’ascesa di Decaro alla guida dell’Anci nel 2016, ha bocciato la richiesta dell’Anci di abolizione del limite dei due mandati e, quindi, implicitamente anche l’ipotesi di un “Decaro ter” alla guida del Comune. Un “finanche” che su questo argomento è d’obbligo considerato che anche altri leader di importanti sigle politiche presenti in Parlamento non sembrano essere affatto favorevoli al terzo mandato per i sindaci di Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti (vedi la segretario del Pd, Elly Schlei) o, quantomeno, sono rimasti finora silenti sul tema (vedi il leader del M5S, Giuseppe Conte; il presidente di Forza Italia, Antonio Tajani e persino la premier e leader di Fratelli d’Italia, Gorgia Meloni). Insomma, il “terzo mandato” pare che sia una questione molto a cuore soprattutto ai Primi cittadini a scadenza del loro secondo mandato (come Decaro) e con prospettive politiche immediate alquanto complicate ed incerte per loro. Però, l’Anci a guida Decaro si sta rendendo protagonista di questa battaglia politica che è più personale che di reale interesse collettivo. Infatti, l’era Decaro all’Anci sarà sicuramente ricordata più per aver prospettato con insistenza più i temi d’interesse personale dei Primi cittadini che per le problematiche attinenti la collettività da essi amministrata (vedi – ad esempio – oltre al terzo mandato, la riforma del reato d’abuso d’ufficio; quello della richiesta di abolizione dell’ineleggibilità al Parlamento nazionale dei sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti e quello accolto dall’ex governo Draghi sulla elevazione delle indennità dei Primi cittadini). Ma questo, però, è un altro discorso.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 31 Ottobre 2023