Cultura e Spettacoli

Sulla poesia di Prevert soffia la delicatezza di una mostra che infonde speranza

“La foglia di un albero è lo sforzo senza fine della terra di comunicare con il cielo.” Diceva Tagore. E sembra proprio di avvertirlo quel senso di poetica sospensione, sedendosi sulla panchina della propria esistenza osservando mille foglie luminescenti danzare a suon di musica sul soffitto, come fossero trasportate da un vento immaginario, quello delle nostre emozioni. Queste le sensazioni impercettibili, leggere e delicatissime della mostra” Les feuilles mortes “in corso presso l’Artoteca Alliance a Bari, dell’artista Pantaleo Avellis, a cura di Anna D’Elia, visitabile fino al 15 Aprile. Una videoinstallazione che cerca di coinvolgere il visitatore come facente parte dell’opera stessa. In un solo tempo, visitatore, videoproiezione, musica, poesia e scultura reinventano lo spazio. Foglie scolpite in marmo, foglie di luce proiettate, i versi delle “feuilles mortes” nell’aria, le parole della poesia di Jacques Prévert interpretate da Yves Montand concorrono con la video scultura all’installazione.La mostra è una specie di auspicio, quasi l’ultima traccia di un inverno da dimenticare, prima della venuta della primavera, con l’idea e la speranza che queste foglie morte portate via dal vento, spazzino via tutte le minacce sul mondo e la disperazione di questi ultimi tempi bui, lasciando spazio ad una vera primavera di pace.“Nella videoinstallazione “foglie morte” Pantaleo Avellis ridà vita, corpo, colore e movimento alla struggente poesia di Jacques Prévert “Les Feuilles Mortes” cantata da Yves Montand.Le foglie si staccano dall’albero e danzando nell’aria si avvolgono tremolanti su se stesse invadendo la stanza con presenze impalpabili. Lo spettatore ne è catturato: ricorda, rimpiange, ha nostalgia, si perde, ama, muore e ancora ama.” Spiega la curatrice della mostra Anna D’Elia.“Pantaleo Avellis lavora il marmo per rappresentare la leggerezza di una foglia portata dal vento. Pensava alle foglie morte di Jacques Prévert e ha scelto il marmo delle colonne dell’Opéra Garnier. Un marmo rossastro dei Pirenei venato dai colori dell’autunno, estratto sin dal tempo della dominazione romana, poi riscoperto sotto Louis XIV e destinato a ornare palazzi reali, come Versailles e il Trianon, prima di essere adottato per l’Opéra Garnier. Il marmo rossastro dei Pirenei è servito a erigere le trenta colonne, alte cinque metri, che circondano il piano nobile. Quello stesso marmo, superbo e imponente, ha liberato oggi sotto la mano dello scultore la foglia fragile che vi era rinchiusa.” Aggiunge Michèle Sajous, Presidente dell’Alliance Française Bari. Il rapporto di Pantaleo Avellis con la pietra attraversa vari stadi nel suo iter artistico. Il pieno possesso delle tecniche tradizionali e nuove di lavorazione della pietra e la consuetudine col materiale in tutte le sue varianti di luce, grana e colore si ribalta successivamente in un rapporto conflittuale che mette in discussione la durata, la consistenza, il peso della materia. La pietra diviene luce, aria e acqua. In un tale percorso mette a confronto le tecniche antiche con le nuove tecnologie. L’icona sostituisce la scultura o si affianca ad essa in ambienti multimediali. Diviene scenografo, allestitore di spazi, video-scultore. Il ritorno alla materia, alla pietra, al marmo e ai materiali compositi, lo porta a realizzare grandi sculture monumentali oggi collocate in spazi aperti, liberamente fruibili, che interagiscono con l’ambiente e ne plasmano l’utilizzo.

Rossella Cea

 


Pubblicato il 25 Marzo 2022

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