Sulle vestigia, case e teatri ‘sospesi’
Quando nel 2006, al termine di un iter burocratico reso lunghissimo da problematiche relative all’agibilità, il Nuovo Teatro Verdi di Brindisi venne definitivamente inaugurato si gridò al miracolo. Non si era mai visto un teatro ‘sospeso’ su un sito archeologico, che perciò resta visitabile. Tanto riguardo verso il patrimonio storico aveva avuto un precedente proprio a Brindisi. Nel 1957, durante lavori di sterro per la costruzione di un lotto abitativo dell’Istituto Autonomo Case Popolari all’incrocio fra via Casimiro e via De’ Muscettola, tornarono alla luce i resti di un edificio di età romana. Bloccato il cantiere, iniziò una campagna di scavi archeologici che si protrassero fino al 1959. La scoperta portò a una modifica del progetto iniziale del lotto IACP. Il nuovo progetto, realizzato nel 1962, risolse il problema della conservazione di quelle vestigia con sopraelevamenti (vedi immagine), porticati e perfino un cavalcavia. L’area archeologica di via Casimiro, consente di apprezzare i resti marmorei del porticato di un edificio monumentale, posti su basamenti di cemento. A -1,60 m. sopravvive qualcosa di un pavimento di età imperiale fatto in cocciopesto (materiale edilizio utilizzato dai romani come rivestimento impermeabile per pavimenti sia interni che esterni e per foderare le pareti di cisterne e piscine termali ; è composto da frammenti di tegole e mattoniminutamente frantumati e impastati a malta fine a base di calce). Il pavimento si presenta in parte deteriorato dagli agenti atmosferici e dalla crescita di piante spontanee. A un livello inferiore è visibile quanto avanza di pavimenti di età repubblicana, presumibilmente appartenuti ad abitazioni demolite per far posto all’edificio di età traianea. Sotto il cavalcavia spicca un pavimento decorato da un mosaico con una rete di tessere nere circondate, ognuna, da quattro 4 tessere bianche. Al centro è posto un emblema a decorazione policroma, circondato da una cornice di 120 x 120 cm composta da due file di tessere nere e, in mezzo, un motivo ornamentale ormai illeggibile. Su quattro file a intervalli regolari si trovano anche 16 gusci di conchiglia spiraliformi, sezionati e riempiti da pasta vitrea colorata. La raffinatezza del riquadro centrale lascia ipotizzare che esso appartenesse ad una stanza preposta ai banchetti. All’estremo est dell’area è visibile la base di una muratura costituita da grossi blocchi di tufo squadrati, sottostanti a una muratura in opera listata (tecnica edilizia romana nella quale il nucleo cementizio della muratura è costituito da filari di laterizi alternati a filari di blocchetti di tufo). Gli scavi restituirono anche frammenti di anfore e di lucerne e una testa in marmo di età antonina, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Taranto. Nel Museo Archeologico Provinciale Francesco Ribezzo si conservano una lastra votiva che raffigura un volatile nell’atto di beccare un ramo e un sarcofago cristiano in pietra locale, con croci in rilievo a braccia uguali ; sono riconducibili al VII secolo e originari della chiesa di San Pelino.
Italo Interesse
Pubblicato il 28 Settembre 2021