Cronaca

Summorum Pontificum: celebrazioni per i 10 anni del motu proprio di Benedetto XVI

Don Nicola Bux, sono stati celebrati i 10 anni dal motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI. Il Coetus Internationalis Summorum Pontificum, sin dal 2012, organizza un pellegrinaggio internazionale annuale a Roma. Cosa può dirci di questo incontro che coinvolge a livello internazionale tante persone che credono nel cattolicesimo inteso come ortodossia e ritorno alle origini della fede cattolica vera e propria?

– Il Summorum Pontificum è un’iniziativa voluta direttamente da Papa Benedetto 10 anni fa poiché, da cardinale, andava in giro per il mondo e constatava che il rito antico romano continuava ad ed essere celebrato in tanti luoghi. Una volta divenuto papa, ha ritenuto che fosse giusto “liberalizzarlo”, cioè far si che questa possibilità fosse data a tutti i sacerdoti in tutte le parti del mondo e quindi ha fatto un documento che ha come parole iniziali due parole latine “Summorum Pontificum”, in quanto la prima frase dice che è sempre stata cura di tutti i sommi pontefici nei secoli la regolamentazione della Sacra Liturgia. Con questo documento il Papa ha voluto estendere a tutta la Chiesa questa possibilità ed è indubbio, come è stato detto nel convegno, che da 10 anni a questa parte il bilancio è molto positivo in quanto il segretario del dicastero vaticano preposto all’attuazione di questo documento ha stilato un bilancio e ha detto che dopo un decennio, certamente si è esteso di molto l’uso del rito antico, anche se ci sono ancora ostacoli difficoltà laddove non tutti i vescovi hanno capito il senso di esso.

 

Don Nicola, qual é il senso di questo raduno internazionale?

– Il senso di questo raduno internazionalizzazione è permettere a tanti gruppi nel mondo, provenienti anche dal Brasile e dalla Georgia, di  riconoscersi, raccontarsi sempre di più perché la liturgia non sia parcellizzata, cioè ridotta a un fatto puramente locale. ma sia veramente vissuta come il momento universale, cattolico in cui tutti coloro che hanno la stessa fede, al di là delle differenze culturali, possano esprimerla attraverso un rito che viene chiamato “Rito Gregoriano”, perché è papa Gregorio Magno quello che lo ha configurato in maniera più netta e quindi sembra, a motivo di tanti giovani che hanno partecipato al raduno, che esso sia adatto proprio alle esigenze dell’uomo odierno, che non ha bisogno di parole ma di silenzio, ha bisogno di sacro cioè l’incontro con la presenza di Dio per poterLo incontrare, perché la liturgia serve per far incontrare Dio all’uomo e l’uomo a Dio.

 

Quindi è il silenzio che fa si che molti stiano appunto riscoprendo la bellezza del rito antico, caratterizzato anche dal fascino della lingua latina, rispetto alla messa post conciliare?

– Oggi molto spesso le messe e le liturgie sono frastornanti, cioè ci sono molte parole, molti commenti da parte dei preti, da parte dei ministri che vi partecipano e quindi non c’è spazio per il raccoglimento e per quella che è poi la ragione fondamentale per cui una persona entra in chiesa, cioè quella di pregare e di entrare in contatto con Dio. Come è stato detto nella messa conclusiva del pellegrinaggio da parte del celebrante, che era uno dei domenicani della fraternità francese San Vincenzo Ferrer, il rito serve a far incontrare l’uomo è Dio e quindi necessariamente richiede grande spazio al silenzio, perché solo nel silenzio Dio può parlare all’uomo. Un rito dove invece il ruolo dell’uomo è eccessivo finisce per rendere impossibile questo contatto.

Piero Ferrarese

 

 


Pubblicato il 20 Settembre 2017

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