Suono e gesto : come un colpo di frusta
L’esordio della versione coreografata di Le Sacre du Printemps, avvenuto a Parigi il 29 maggio 1913 fece epoca per la pessima accoglienza del pubblico. Si può dire che l’eco di tanto marasma in qualche modo accompagni ancora l’opera più celebre di Igor Stravinskij, nel senso che non esiste coreografo che oggi non si accosti a quella messinscena con sentimento tribolato. Di riflesso ne guadagna lo spettacolo. Non abbiamo mai assistito ad un allestimento della Sagra di Primavera che fosse incolore. La conferma è venuto dal lavoro presentato domenica sera al Kismet da Progetto Brockenhaus. Ideato da Elisabetta di Terlizzi e Francesco Manenti e dagli stessi interpretato insieme a Elisa Canessa edEmanuel Rosenberg, ‘Sagra’ ha un avvio forte, antinomico, oscillante tra buio e luce, silenzio e musica, sogno e realtà. Diretti, anche con una torcia elettrica, da un regista visionario e domatore, involontariamente comico (singolare il contrasto tra l’enormità del megafono e le dimensioni ‘infantili’ della sua sedia), danzatori-gorilla obbediscono a tempo di musica. Ma l’aspra riduzione dello spartito per solo pianoforte li rende riottosi e anarchici, inclini a un’esecuzione ribelle e piena d’ironia (il twist, lo shake…), per tutta la disperazione del regista. – Palese, qui, il tentativo di riprodurre il disagio diffuso quella sera tumultuosa di cento anni fa nel teatro degli Champs-Elysées : Da un lato la disperazione di Nizinskij, il coreografo, che dalle quinte, “in piedi su una sedia gridava i numeri ai ballerini come un capobarca” per sovrastare il clamore della platea maldisposta, dall’altro lo sgomento degli stessi spettatori impreparati dinanzi alla ritmica di Stravinskij che, già devastante e di frontiera, si coniugava nella circostanza con un gesto coreutico innovativo e d’assoluta avanguardia. – Poi, quando la riduzione per pianoforte cede il passo alla partitura orchestrale, il perverso meccanismo messo in moto dal regista risucchia quest’ultimo in un’esplosione di suoni e luci. E in questo lasciarsi prendere dal regista si può individuare la rilettura che ‘Sagra’ fa del comportamento di una piccola parte della platea parigina. Quella sera, dopo una decina di minuti, gli spettatori più curiosi smisero l’atteggiamento prevenuto e si immersero nello spettacolo (almeno per quel poco che le proteste consentivano) ; verso la fine dello stesso, cominciarono a zittire i contestatori. A spettacolo finito rappresentavano un fronte compatto che, quantunque minoritario, a muso duro e forse ai limiti della rissa si confrontava con la maggioranza contestatrice. Messinscena dal segno potente, ‘Sagra’ ha il pregio di ridestare la riflessione sulla carica ‘eversiva’ che la musica di un genio possiede.
Italo Interesse
Pubblicato il 4 Maggio 2013