Non è certamente una novità: l’Ospedale “Di Venere” a Bari/Carbonara è finito agli ultimi posti nei valori ‘standard’ dei servizi sanitari offerti negli elenchi stilati dall’assessorato pugliese alla Salute a riprova casomai ce ne fosse bisogno che il disegno degli amministratori regionali è quello di privare la Città di Bari di un altro fondamentale polo sanitario, per di più all’interno di un territorio in degrado e periferico che tocca Carbonara, Ceglie, Loseto, Bitonto e Modugno. Trasferendo, lo riscriviamo per la ennesima volta su queste colonne, conoscenze e competenze altrove. Un vero disegno omicida dal punto di vista medico/sanitario che, però, fa letteralmente a pugni con il pullulare dei cantieri aperti all’interno del nosocomio alla periferia nord di Bari, come se in effetti il disegno subdolo di cui sopra fosse solo frutto di improvvisazione o, al peggio, incapacità. Il vero obiettivo, difatti, è mirato ad appaltare opere di riqualificazione che subito dopo essere stati ricostruiti con corsie e reparti luccicanti come nuovi, vengono immediatamente chiusi e dimenticati, sprangati. In provincia di Bari è accaduto a Monopoli ma anche a Gioia del colle e Putignano e ora, appunto, al “Di Venere”. Anche il segretario regionale dell’Unione Sindacati Impiego Pubblico e Privato (Usppi) Nicola Brescia torna in argomento, più arrabbiato di prima: <>. Ma lo sanno all’assessorato alla sanità in regione, che al Di Venere i degenti vengono sistemati in barella, in diversi reparti? Questo è l’unico nosocomio dove al centro prenotazioni i disabili sono costretti a sobbarcarsi code inutili e supplementari eppure ogni protesta è stata inutile. La situazione è così da anni e l’Azienda sanitaria Locale non si interessa più di tanto. Anzi prima la cancellazione del reparto della procreazione medicalmente assistita, poi la soppressione di 30 posti letto e quindi il depotenziamento del laboratorio di analisi e della sala parto per pensioni e trasferimenti, continua Brescia dell’Usppi . Per il quale basterebbe guardare sul sito ASL BARI.IT dove si comunica che sono stati deliberati 12 milioni di euro per il programma ALPI NET per la gestione dell’attività libero professionale, intramoenia dei medici dell’ASL. Invece al Di Venere mancano gli spazi per l’attività intramuraria perchè i risparmi si fanno sul personale e l’assessore, mi dicono, in pubblico se ne fa vanto, senza parlare mai dei lavori inutili, degli sprechi, degli stipendi e premi ai mega dirigenti. Ma non basta: le imprese che lavorano nel nosocomio sono sempre le stesse, poi chiudono Dermatologia, Chirurgia di urgenza e mantengono all’osso il personale al pubblico dove si pagano i ticket. Insomma, per l’Usppi c’è da far accapponare la pelle: tutti concordi che i servizi non sono soddisfacenti, che c’è carenza di personale nei reparti, che i carichi di lavoro non sono equi e soprattutto che al Di Venere c’è una gestione sbagliata. Questo ospedale un tempo di primo livello – punto di riferimento e di cura per molti, oggi rappresenta soltanto un cantiere completamente depauperato e distrutto da amministrazioni incapaci, poco attente al bene collettivo. <>, inchioda Brescia dalle stanze dell’Usppi, lamentando anche parcheggi interni male illuminati e per pochi eletti, turni non equi, mancanza di distributori automatici , reparti in sovrannumero, ma anche la scarsa igiene, la carenza di turn over e i tanti imboscati. Conclusione? Il sindacato autonomo barese, pur senza tornare sullo scandalo del reparto neonatale ricostruito e subito abbandonato a chi cerca intimità tra le sale operatorie, ha chiesto un incontro urgente al neo assessore regionale alle politiche della salute Donato Pentassuglia e al Direttore Generale Asl Domenico Colasanto, al fine di rilanciare l’Ospedale Di Venere. Sperando che esista ancora la volontà…
Antonio De Luigi
Pubblicato il 8 Ottobre 2014