Cultura e Spettacoli

TeatrOpera, la via della ricostruzione

Il 10 marzo del 2000, in occasione del bicentenario della morte di Niccolò  Piccinni andava in scena alla Vallisa un innovativo esperimento scenico a firma di Maria Grazia Pani, affermata soprano e docente barese. ‘Niccolò Piccinni. L’amore e il sorriso di un barese europeo’ dava il ‘la’ a ‘Teatropera’, un progetto nel quale si assiste a un singolare coniugio fra prosa e teatro lirico. Le successive tappe di TeatrOpera, l’ultima delle quali (‘Puccini mon amour’) risale al 2008, hanno confermato la bontà di una trovata senza precedenti. A distanza di alcuni anni, Maria Grazia Pani, sente di fare il punto sul cammino sin qui percorso nell’idea, pensiamo, di studiare il prossimo passo. Nasce così ‘TeatrOpera, esperimenti scenici’, un testo edito qualche settimana fa da Florestano. Il libro raccoglie i testi dei dieci esperimenti scenici sin qui prodotti dal progetto-Pani. Lo studio dei testi consente di tornare su TeatrOpera alla luce di un più vasto senso della fruizione. TeatrOpera suggerisce l’idea di una Pani ‘minatrice’ che s’immerge nel repertorio operistico e ne esce carica di materiale che poi rimodula con creatività sempre opportuna e rispettosa. Per esempio, in ‘Storia di Bohème’ si racconta di Mimì e Rodolfo, ma quasi en passant, essendo centrale il personaggio di Puccini. Sicché le arie più famose intervallano dialoghi convincenti fra il figlio del grande compositore e un amico di questi, il pittore Ferruccio Pagni. Grosso modo la stessa cosa avviene con ‘La Traviata allo specchio’, dove la drammaturga tira in mezzo Dumas padre e figlio, chiamati in un gioco di simmetrie e antagonismo ad entrare ed uscire dai personaggi di Armando e Alfredo. Con ‘Otello il sinistro incanto’ si va anche oltre lo spartito, nel senso che il Wagner (filtrato da Listz) del ‘Rienzi’ e del ‘Tristano e Isotta’ coesiste  con Verdi, stante la sintonia emotiva fra storie tragiche d’amore e di potere. E così via con ‘Viva Verdi!’, ‘Nell’ultimo sguardo del Petruzzelli’… Se si considera infine che l’aspetto musicale di TeatrOpera si asciuga nell’impiego di un solo pianoforte, emerge l’aspetto pragmatico e ‘militante’ del progetto. Un progetto dalla formula essenziale, perciò affatto costosa, che suggerisce una strada ‘democratica’ verso l’universo del melodramma. Un universo che invece un pregiudizio (più piccolo che alto-borghese) vorrebbe circoscritto ad un’ èlite. Attenta a non cadere nel populismo, Maria Grazia Pani si muove con sottile vena polemica.  Perché soprattutto in Italia il teatro lirico va morendo, per quanto il suo guscio scintillante faccia pensare il contrario. Chi pretendono d’incantare questi enti lirici prestati al potere e che funzionano come slot-machine? Né incantano questi allestimenti milionari e inutilmente enfatici dove non ci si fa scrupolo di violentare Maestri pur di fare notizia. Inconsapevolmente, il disegno di Maria Grazia Pani segna la via della ricostruzione. Quando il gran castello sarà venuto giù e si dovrà ricominciare, e questa volta da zero, la lezione di TeatrOpera si rivelerà salvifica.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 27 Febbraio 2015

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