Cronaca

Tentativo di messa in discussione del panel test per l’olio nella Ue

Si è riunito lunedì e martedì scorsi, a Bruxelles, presso la sede della Commissione europea un gruppo di lavoro formato da esperti del settore olivicolo. All’incontro hanno partecipato i rappresentati del mondo agricolo, industriale e dei consumatori dei Paesi della Ue maggiormente produttori di olio d’oliva. Il tema al centro della discussione è stato il panel test, ossia lo strumento utilizzato per la classificazione dell’olio d’oliva sulla base di una rigida procedura scientifica che, attraverso il lavoro di assaggiatore specializzati, permette di valutare le caratteristiche organolettiche dell’olio d’oliva che, sommate ai parametri chimico-fisici, diventano parte sostanziale per la classificazione legale degli oli ottenuti dalle olive unicamente attraverso un procedimento di estrazione meccanica di lavorazione delle stesse. L’Unaprol (Unione nazionale dei produttori olio) con un recente comunicato ha reso noto che, durante il predetto incontro, il Presidente del gruppo ha acconsentito, su richiesta dei rappresentanti degli industriali del confezionamento e commercio oleario, a far inserire all’ordine del giorno il parere di un tecnico senza alcuna comunicazione preventiva e, quindi, senza dare la possibilità di conoscere in anticipo il tema alle controparti, in particolare a quelle che rappresentavano gli interessi del comparto produttivo agricolo, per replicare in maniera appropriata a quanto esposto con detto parere.  L’esperto ammesso a relazionare ha attaccato duramente il metodo del panel test, sollevando critiche sulla sua scientificità, fino ad arrivare a chiedere l’eliminazione delle sanzioni previste dalle vigenti normative nazionali e comunitarie, per chi non rispetta i parametri stabiliti dalla “prova regina”, quella organolettica, nella classificazione legale degli oli d’oliva in commercio sul mercato interno della Ue e su quello internazionale, da parte dei Paesi comunitari produttori di olio d’oliva ed esportatori di detto prodotto. Infatti, la valutazione integrativa del panel test è un elemento fondamentale per l’individuazione e la conseguente individuazione in etichetta degli oli d’oliva commestibili di qualità, in particolare per l’extravergine, che non può essere classificato tale solo sulla base di parametri chimico-fisici, ma necessita anche di assenza di difetti di natura organolettica per essere inserito a pieno titolo nella categoria “top” dell’olio, ossia l’extra vergine di oliva. A questo di deve aggiungere che è proprio l’analisi olfattiva del prodotto quella che spesso è in grado di distinguere non solo la varietà di olive da cui è stato estratto l’olio oggetto di assaggio, ma anche la provenienza territoriale di questo. Infatti, non a caso il presidente di Unaprol, David Granieri, commentando quanto accaduto nella riunione tecnica di Bruxelles di cui abbiamo dato notizia in apertura del presente servizio, ha affermato: “Purtroppo, ancora una volta, registriamo un durissimo attacco al panel test, imprescindibile pilastro per tutelare la qualità del settore olivicolo, garantire la trasparenza e difendere produttori e consumatori dalle frodi e dalle contraffazioni”. E, continuando, Granieri ha ribadito: “E’ inaccettabile ciò che è accaduto sia per il metodo adottato, sia per le tesi esposte”, spiegando che “la scientificità del panel test, che si basa su procedure e calcoli matematici ripetibili e non condizionabili, è stata comprovata e si basa su un rigido regolamento stilato dall’Ue e dal Coi (Comitato oleico internazionale)”. Per cui, ha sottolineato il presidente di Unaprol: “E’ necessario che l’Italia, il Paese della biodiversità in olivo, con oltre 530 cultivar e il primato europeo per oli extra vergine di oliva Dop e Igp, si ponga come baluardo a difesa del panel test”, concludendo con la polemica che è “sconcertante la posizione di Assitol (ndr- Associazione italiana dell’industria olearia) schierata al fianco delle multinazionali che calpestano la dignità dei produttori italiani”. Quindi, ancora una volta nella filiera nazionale dell’olio d’oliva assistiamo al sorgere di un’accesa e netta contrapposizione tra la parte rappresentativa del mondo produttivo e quella del settore commerciale, che si sono divise in sede europea a tutela di interessi particolari , non tenendo invece affatto conto, forse, di quello più generale che dovrebbe riguardare l’Italia, ritenuta da sempre la prima nazione al mondo, un tempo anche per quantità ed ora soltanto per qualità, per la produzione di olio extra vergine di oliva. Però, come è ormai noto, le divisioni in questo comparto non sono soltanto tra le diverse parti rappresentative della filiera produttiva e distributiva dell’olio, ma i distinguo esistono ancora financo tra “soggetti” rappresentativi di medesime parte della filiera olivicola ed olearia. E questo perché la posta “in gioco” spesso è la spartizione della sostanziosa “torta” dei contributi assistenziali della Ue al mondo agricolo. Una sorta, questi ultimi, di aiuto ai produttori olivicoli ed ai relativi soggetti che si ergono a tutela di essi che alla fine, però, finiscono per essere un disincentivo all’effettiva valorizzazione ed espansione del comparto in Italia. Dove, come è noto, la produzione olivicola ed olearia potrebbe essere un vero fiore all’occhiello dell’economia nazionale. Invece, da tempo è forse solo la “cenerentola”.

 

Giuseppe Palella

 

 


Pubblicato il 11 Ottobre 2018

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