“Torno nella miseria, però non mi lamento…”
Non fosse per l’overdose da piccolo schermo di ‘Miseria e nobiltà’, nessuno avrebbe misurato la febbre a Michele Sinisi. Perché catturare una platea che della celeberrima pellicola diretta da Mario Mattoli nel ’54 (più che del testo di Scarpetta del 1888) abbia a mente ogni battuta, smorfia o gag e che con la stessa pellicola sia portata a fare inevitabili e severi paralleli, è impresa temeraria. Ma Sinisi ama le sfide. Eccolo allora mettersi alla testa delle forze di Elsinor Centro Di Produzione Teatrale e guidare questa specie di assalto all’arma bianca. E’ vero che la Fortuna aiuta gli audaci. ‘Miseria & nobiltà’, andato in scena al Nuovo Abeliano nell’ambito della stagione dei Teatri di Bari ha raccolte tre consecutivi tutto-esurito e montagne d’applausi. Cose d’altri tempi. Temerario ma affatto sprovveduto, Sinisi organizza bene le sue cose. Per cui, primo, rinuncia ad una messa in scena che rimandi scopertamente a Totò e, secondo, in qualche modo attualizza le cose. Per quanto alcun riferimento materiale faccia pensare al giorno d’oggi, anzi il lavoro sembra come sospeso nel tempo, forte resta la sensazione che un ‘Miseria e nobiltà’ del terzo millennio, ove ancora ambientato nel nostro Mezzogiorno, vedrebbe protagonisti immigrati più o meno clandestini. E difatti nella scena pensata da Federico Biancalani, piuttosto che in una casa povera e brutta, ma pur sempre casa, sembra di stare in un deposito, un magazzino, un sotterraneo adibito a (in)civile abitazione, uno di quei postacci dove oggi vive rifugiata un’umanità stracciona ed innocente, andata in fallimento già nel grembo della madre (“ci facciamo schifo da soli” è battuta che arriva addosso come una nerbata). In questo clima grigio, un po’ da brutti-sporchi-e-cattivi, si muove (bene) un cast composto da undici elementi. Regista-osservatore in scena, Michele Sinisi all’occorrenza funge anche da tecnico, salvo poi al momento opportuno vestire i panni di Peppeniello, il figlio segreto di Felice Sciosciammocca. Tanta disinvolta, inattesa e un po’ sfacciata versatilità conferisce all’allestimento un colore ibrido : siamo in presenza di una prova generale o di una prova aperta? Questo ‘Miseria & nobiltà’ riesce a sorprendere anche là dove pensi debba mostrare la corda : è il caso della storica scena dei cuochi che imbandiscono la tavola dei poveracci, i quali poi si scateneranno nell’attacco alla zuppiera colma di spaghetti. Di nuovo Sinisi (che nella riduzione è aiutato da Francesco Asselta) scansa inutili confronti ed opta per una simbolica, gigantesca tovaglia che dall’alto precipita sul palco allungandosi fino in proscenio. Su essa un cuoco paludato di rosso, quasi un demone (lo stesso regista) fa cadere spaghetti grossi come gomene… Gustosi certi strafalcioni, particolarmente riuscita la figura di Don Gaetano. A parte qualche caratterizzazione forzata, un buon cast asseconda la bacchetta di Sinisi assicurando brillantezza costante ; meritati applausi per Diletta Acquaviva, Stefano Braschi, Gianni D’Addario, Gianluca delle Fontane, Giulia Eugeni, Francesca Gabucci, Ciro Masella, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster e lo stesso Sinisi. Degno di nota anche il lavoro di Gianluca delle Fontane che cura i costumi.
Italo Interesse
Pubblicato il 2 Marzo 2017