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Tra i “nodi” più spinosi dell’amministrazione Leccese c’è l’inesistente decentramento

A fronte di funzioni praticamente inesistenti, lo scorso ottobre il Primo cittadino ha deciso di attribuire emolumenti (facoltativi!) al massimo per i 5 presidenti e i 76 consiglieri di Municipio

A Bari tra i tanti “nodi” irrisolti lasciati in eredità al neo sindaco, Vito Leccese, dal suo predecessore Antonio Decaro (Pd), uno dei più spinosi è sicuramente quello relativo al decentramento amministrativo. Una problematica, questa, annosa  per la Città di Bari, poiché già nelle precedenti consigliature non ha mai trovato soluzione, ma che dagli inizi degli anni Duemila, ossia da circa 25 anni, però pesa come un macigno su tutte le varie Amministrazioni che si sono succedute, in quanto il costo degli amministratori di quartiere è aumentato esponenzialmente, mentre gli  esigui compiti ad essi precedentemente affidati (prevalentemente pareri non vincolanti e deliberazioni quasi esclusivamente propositive!) sono risultati addirittura contratti dal 2014, con la delibera consigliare del maggio 2013 di riforma delle vecchie nove “Circoscrizioni” in cinque “Municipi” di decentramento amministrativo. Municipi che, in teoria, dovrebbero servire ad avvicinare i cittadini residenti nei quartieri baresi all’Amministrazione centrale, al fine di rendere l’azione di quest’ultima più efficiente ed efficace sui territori, oltre che per meglio rispondere alle specifiche esigenze territoriali dei residenti in ciascun quartiere. Ebbene, ad oggi, a distanza di ben 44 anni dall’istituzione a Bari degli organi politici di decentramento comunale, di cui gli ultimi 11 dal cambio di nome da “Circoscrizione” a “Municipio” e riduzione di numero da 9 a 5 dei presidenti e rispettivi Consigli, la situazione di tali istituti politici interni all’ordinamento cittadino barese risulta a dir poco peggiorata rispetto ad un decennio fa, con un loro scandaloso aggravio di costo per i politici in essi eletti a fronte di una utilità per i cittadini baresi praticamente pari quasi a zero. Infatti se ora, dopo quasi mezzo secolo dall’istituzione del decentramento comunale nel capoluogo, i vertici della stessa amministrazione Leccese parlano della necessità di “definire” ruolo e compiti dei Municipi, allora vuol dire a Bari un reale decentramento non è mai esistito e non esiste ancora oggi. E, quindi, che siamo in presenza di una forma fallimentare di partecipazione dei residenti di quartiere all’attività di gestione del Comune. D’altronde, a confermare il fallimento del decentramento comunale a Bari è la stessa Amministrazione centrale odierna con i vari annunci di assemblee territoriali nei diversi quartieri della città organizzate dal Comune per incontri diretti con i residenti del Primo cittadino e/o esponenti della sua giunta. In definitiva, l’attuale Amministrazione cittadina barese, con la sua iniziativa sta, confermando ciò che molti residenti baresi, soprattutto delle due grandi periferie (ovvero  Palese e Santo Spirito da una parte e Carbonara-Ceglie e Loseto dall’altra) sostengono da oltre un ventennio e cioè che i Consigli di Circoscrizione prima e quelli di Municipio dopo sono ormai forme di partecipazione diretta ormai superate e, quindi, anacronistiche per una città come Bari, di poco meno di 320mila abitanti, che è anche Comune capofila di “Città metropolitana”, ovvero di un ente che dal 2015 ha sostituito l’ente “Provincia di Bari”. Infatti, è la stessa legge istitutiva delle “Città metropolitane” (la cosiddetta “legge Delrio”, n. 56 del 2014) che per i Comuni capofila prevede l’opportunità di scindersi, lì dove esistono i presupposti, in due o più Comuni, per meglio valorizzare sia l’ente metropolitano in un contesto europeizzato, che per migliorare e rendere più efficienti i servizi da erogare ai cittadini di realtà medio-grandi. Ma a Bari anche la nuova amministrazione Leccese pare non volersi discostare dall’anacronistica concezione, vecchia di oltre un cinquantennio, di decentramento amministrativo locale, risalente a quando l’elezione del sindaco (prima del 1993) avveniva in maniera indiretta ed i poteri di quest’ultimo erano meno concentrati e mitigati dal ruolo del Consiglio comunale e dalla organizzazione territoriale dei grandi partiti di massa. Infatti, anche la neo-amministrazione barese non si sta discostando dalle precedenti sul mantenimento in vita di un decentramento comunale, che – come è noto – dal 2010 è stato abolito per tutti i Comuni con popolazione inferiore a 300mila abitanti e soppresso l’obbligo per quelli superiori a tale soglia, e che a Bari – come è pure noto – è in pratica tuttora inesistente, oltre che inutile. Ma ancora più scandaloso è il fatto che l’amministrazione Leccese, pur riconoscendo il deficit di compiti e funzione tuttora presente nei 5 Municipi baresi, lo scorso ottobre ha ripristinato al massimo consentito gli emolumenti agli eletti negli istituti di quartiere, sapendo che dal 1°aprile del 2024 il riconoscimento di tali compensi è facoltativo non soltanto per la corresponsione, ma anche per il “quantum”. Ed emolumenti facoltativi erogati al massimo senza che i beneficiari abbiano effettive funzioni utili alla collettività è semplicemente uno scandalo etico, oltre che immorale per la politica barese. Infatti, la cifra che l’amministrazione Leccese ha riconosciuto ai presidenti dei cinque Municipi baresi (circa 5.400 euro lordi al mese) supera di gran lunga, quasi 1000 euro in più al mese, quella percepita dai sindaci di Comuni medio-grandi, come Gravina di Puglia, Monopoli, Corato e Bitonto, che invece non raggiunge i 4.500 euro lordi. Di conseguenza è anche scandalosa la cifra cumulativa che i consiglieri baresi di Municipio possono raggiungere mensilmente, ovvero 1.350 euro lordi a fronte dei consiglieri dei predetti Comuni che invece non possono superare i 1.100 euro lordi mensili in “gettoni” di presenza. E guarda caso, mentre in detti Comuni della provincia barese i consiglieri comunali percepiscono in media 600/700 euro mensili, nei cinque Municipi di decentramento di Bari i consiglieri raggiungono una media che è quasi sempre superiore ai 1.000 euro mensili, pur essendo la loro attività di fatto irrilevante e spesso ininfluente per l’Amministrazione centrale barese, che però ha attribuito al massimo consentito tali emolumenti. Per questo molti baresi, a conoscenza di tale vistosa e scandalosa contraddizione al Comune di Bari, ironicamente si domandano: “Se l’Amministrazione cittadina vuole ancora continuare con questi sprechi di denaro pubblico, sarebbe forse meglio che i prossimi presidenti e consiglieri di Municipio fossero scelti per sorteggio tra i cittadini disoccupati e privi di reddito, anziché eleggerli”. Infatti, se la funzione degli eletti ai Municipi barese deve continuare ad essere quella degli “incartatori di mele nella Cina di 40 anni fa” (come recentemente riferito in un intervento di un ex assessore comunale e parlamentare barese e pubblicato anche da questa testata), allora sarebbe certamente più opportuno ed utile per la collettività che a percepire tali cifre fossero dei concittadini bisognosi di reddito piuttosto che dei politicanti che hanno già una loro situazione reddituale. Infatti, con i disoccupati alla guida dei Municipi e in consiglio, il Comune almeno risparmierebbe i costi supplettivi dei politici eletti, per i rimborsi ai datori di lavoro privati di questi ultimi, a seguito delle loro frequenti assenze dal posto di lavoro per motivi istituzionali.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 28 Marzo 2025

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