Primo Piano

Tra ispettori e controlli, il Psr agricoltura peserà sul bilancio regionale

 

 Sembra siano arrivati in anticipo, quest’anno, i temutissimi ispettori dell’Unione Europea in linea per la valutazione del rendiconto relativo al Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, uno dei progetti per dimensione e portata maggiormente impegnativo, appunto, alla Regione Puglia. I segugi di nazionalità tedesca, olandese e greci (pare questi ultimi siano i più esigenti, com’è facile intuire… ) passeranno al setaccio una montagna di atti e documenti almeno fino a giugno prossimo, salvo proroghe. E sarà un semestre che, se non sarà di giustizia come dicono gli addetti ai lavori, sarà di grazia, visto che l’ente pugliese ha speso tutto ciò che c’era da spendere, nella programmazione. E cioè quegli 82 milioni di euro che fino a un paio di mesi prima della scadenza pareva impossibile riacciuffarli, dati i ritardi accumulati in ben quattro anni. E invece, a parte i miracoli ai quali credono in pochi, da queste parti, a rendere possibile l’insperato recupero è stato qualcosa di più concreto. Ad esempio una missiva inviata a inizio dicembre 2014 (prot. N. 27062 dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale/Autorità di Gestione del Psr Puglia) dal capoarea Gabriele Papa Pagliardini ottima per spalancare le porte di finanziamenti che parevano scaduti e persi per sempre. Un miracolo, invece, reso possibile grazie alle facilitazioni e autocertificazioni che adesso gli ispettori stanno rivedendo una a una. Atti buoni per facilitare la erogazione dei fondi, ma non certo per verificarne la spesa, che nei vari settori interessati ai fondi PSR 2007/2013 vuole dire investimenti nel settore agroalimentare. Ora, e qua cominciano i dolori, gli uffici regionali nel 2016 dovranno chiedere alle ditte e imprese beneficiarie dei finanziamenti europei le fatture emesse (non oltre il 31 dicembre 2015) riguardanti gli ‘investimenti’ e molti soldi saranno erogati senza alcun investimento, appunto. Ciò vuol dire che l’amministrazione regionale dovrà attivare le procedure per il recupero di varie centinaia di milioni di euro, senza spostare di troppo l’obiettivo da fenomeni tipo la famigerata ‘Xylella fastidiosa’, in Puglia. Su questo argomento, ormai è risaputo, nel Salento si sono aperte le inchieste penali, ed anche in questo caso è facile prevedere che procedure e fondi annessi non verranno riconosciuti regolari dagli ispettori. Quindi, addio certificazione e dunque altre risorse perse per strada, con il conseguente peso sul bilancio autonomo dell’Ente, in percentuale. Comunque, se può essere di consolazione, il problema non riguarda solo il settore agricolo, perché c’è anche tutta la Formazione Professionale, ad esempio, che ha caricato sui fondi europei le spese relative al personale. In particolare i riconoscimenti stipendiali a una dirigente esterna nominata direttamente dal capoarea Organizzazione e Amministrazione prima delle sue dimissioni. Occhio particolare, quindi, nei prossimi mesi, all’importanza di snellire le procedure per accedere a questi finanziamenti, ma senza troppe forzature. Che in Italia sono stati più complessi che altrove perché “se è vero che si vogliono aiutare i giovani  come il dirigente Pagliardini ha affermato, allora si deve preferire “…il ricorso all’autocertificazione quando possibile”, come hanno auspicato aumentando inconsapevolmente il caos alcune forze politiche, in Puglia.  C’è stato chi ha parlato di una ‘cabina di regia’ che indirizzasse tutte le richieste di finanziamento – una vera giungla per agricoltori, imprenditori e aspiranti tali- rendendo impossibile l’iter burocratico per arrivare ai soldi che provengono dall’europa. A questo proposito bisogna sapere che i progetti vengono valutati dai Gal e da questi ultimi rendicontati alla Regione Puglia. A sua volta la Regione rendiconta all’AGEA che finalmente, con tempi lunghissimi, paga il contribuente che ha fatto inizialmente domanda al Gal territorialmente competente. In assenza di ciò, infatti, diventa più complicato anche riuscire a spendere tutti i fondi europei a disposizione, che spesso tornano indietro. E così la Puglia potrebbe essere costretta a restituire all’Ue, fondi non spesi della vecchia programmazione perché, anche qui, i ritardi collezionati sono stati fatali. E i problemi potrebbero riversarsi, come hanno anticipato in commissione anche altri consiglieri sia di Minoranza sia di Maggioranza, sul PSR 2014-2020 senza che faccia la stessa fine. Con una corsa contro il tempo per non perdere importanti risorse. In effetti è trascorso un anno e poco più da quando, 22 luglio 2014, scadde il termine per l’approvazione e l’inoltro all’Unione Europea del Piano di Sviluppo Rurale in Puglia, strumento essenziale per la gestione dei fondi europei relativi alla programmazione 2014-2020 all’interno del pianeta agricoltura, in Puglia. E non parliamo dei buchi neri incredibili: dai 20 milioni di euro per le calamità naturali (alla faccia della Xylella fastidiosa), contro altri 33 milioni per le consulenze e 25 milioni per la comunicazione. Un sistema di connivenze e clientele difficile da scalfire, quello che alligna nel settore agroalimentare pugliese, formato in gran parte, oltre che dai titolari di grossi studi professionali e personale di enti e società che ruotano attorno alla Regione col compito di pilotare e realizzare le scelte dei responsabili, anche da dirigenti che, dopo l’orario di ufficio, lavorano in quegli studi, già finiti sotto inchiesta a Lecce. Dirigenti che hanno intascato un premio da circa 40 mila euro l’anno scorso, per aver centrato tutti i loro obiettivi, eccome…

 

Francesco De Martino

 


Pubblicato il 2 Febbraio 2016

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