Tra promesse, illusioni e sogni di un decentramento mai attuato
Tra promesse, illusioni e sogni di un efficientamento della “macchina” politico-amministrativa comunale, i cittadini baresi hanno visto trascorrere quarant’anni senza che nella città capoluogo della Puglia un vero ed effettivo decentramento sia stato mai attuato. Infatti, a far credere che il Comune di Bari potesse con facilità scomporsi, per alcune sue competenze, e quindi diramazioni di potere, in sottosezioni circoscrizionali prima o ultimamente, dal 2014, municipali sono state tutte le Amministrazioni che, a prescindere dal colore politico, si sono succedute al Comune di Bari da quarant’anni fa fino ad oggi. Ovvero, da quando nel 1981, in ossequio alla legge n. 278/’76, fu introdotto a livello nazionale il decentramento obbligatorio per i Comuni con popolazione superiore a centomila abitanti. In realtà, molti amministratori locali esperti e bravi capirono fin da subito che il tetto dei 100mila abitanti era troppo basso affinchè in tutti i Comuni di fascia superiore a detto potesse concretizzarsi un effettivo decentramento amministrativo. Infatti, nei grandi centri urbani con popolazione che superava 700/800 mila abitanti il decentramento comunale obbligatorio prese piede, perché le Amministrazioni comunali centrali iniziarono a delegare ben volentieri alle Circoscrizioni, poi chiamate anche (come è accaduto A Bari dal 2014) Municipi, talune competenze a cui risultava difficile e gravoso adempiere in maniera accentrata nella gestione ordinaria delle Ripartizioni comunali. Soprattutto in materia di Servizi sociali, Cultura, Toponomastica, Polizia Locale e finanche per taluni interventi in materia Lavori pubblici. E ciò è accaduto per il decentramento di grandi realtà comunali come Roma, Milano, Napoli o Torino. Mentre in quasi tutti i Comuni con popolazione inferiore a 500mila abitanti (vedi Bari!) il decentramento “imposto” dalla L. 278/’76 è rimasto sempre, praticamente, lettera morta, sia che gli istituti di decentramento fossero definiti “Circoscrizioni”, sia che fossero chiamati “Municipi”. come attualmente a Bari. Però, dai primi anni del terzo millennio gli istituti comunali di decentramento amministrativo, a differenza di ciò che era accaduto negli ultimi due decenni del secolo scorso, per la collettività i costi (diretti ed indiretti) dei politici che occupano i posti elettivi in Circoscrizioni, o Municipi che siano, sono tutt’altro che irrisori rispetto a quelli sopportati dai Comuni nel vecchio secolo. Difatti, significativa è a Bari (come per gli altri centri comunali dotati di organi di decentramento amministrativo) la posta di Bilancio annuale a questi destinata. Solo che per le grandi città, dove il decentramento funziona effettivamente, detto costo è ripagato da funzioni che, a conti fatti, risultano utili alla collettività interessata e che da tale decentramento amministrativo riceve dei benefici. Mentre nelle città come Bari, dove il decentramento è tuttora solo sulla carta e, quasi sicuramente, non sarà mai attuato (come non lo è stato nei suoi primi quarant’anni di vita!), i predetti costi risultano in definitiva un vero e proprio speco di denaro pubblico, di cui usufruisce soltanto la classe politica che elettivamente nei Municipi trova “occupazione”. Basti pensare che i cinque Municipi del finto o, forse meglio, inesistente decentramento barese costano complessivamente al Comune del capoluogo, per i soli “gettoni” di presenza ai consiglieri, indennità di funzione ai presidenti ed oneri accessori annessi a tali remunerazioni, circa il quadruplo di ciò che tali istituti gestiscono in termini di capacità di spesa, per i quartieri cittadini di propria competenza. E che a Bari la posta del Bilancio assegnata alla gestione esclusiva dei cinque Municipi sia solo “fumo negli occhi” ai cittadini (oltre che ai politici municipali) di un decentramento inesistente, lo si evince chiaramente dal fatto che l’Amministrazione centrale ultimamente ha impegnato poco più di 90mila Euro l’anno in maniera indistinta per ogni singolo Municipio, a prescindere dell’estensione territoriale e del numero di abitati dislocati su ciascuno dei cinque territori che li compongono. La problematica di un decentramento amministrativo inutile e dispendioso per i Comuni di dimensioni inferiori ai 700/800mila abitanti è ben nota a libello nazionale già da oltre un decennio, tanto che nel 2010 il Legislatore nazionale ha modificato la normativa al riguardo, rendendo il decentramento non più obbligatorio, come in precedenza, bensì facoltativo e solo per realtà superiori a 250mila abitanti. Orbene, l’inutilità e l’inesistenza di un effettivo decentramento nel capoluogo pugliese è ormai un fatto atavico e ben noto non soltanto agli addetti ai lavori, ma da ultimo anche a molti cittadini, alcuni dei quali si chiedono “come mai l’attuale Primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, che conosce sicuramente molto bene il problema del mancato decentramento, e forse impossibile da attuare effettivamente per i Comuni come Bari, da presidente dell’Anci non si sia fatto carico di chiedere al governo di elevare, da 250mila almeno fino a 500mila abitanti, il tetto di facoltatività minima, per l’istituzione degli ormai noti e costosi organi di decentramento da parte dei Comuni?”. Il Primo cittadino barese, Decaro, da presidente Anci ambisce ad ottenere una modifica da due a tre il limite per i mandati consecutivi dei sindaci, però finora ha ignorato gli evidenti sprechi che per le casse pubbliche rappresentano i Municipi di decentramento in Comuni come Bari. “Fino a quando?” – si domandano ora in molti anche nella sua città. Infatti, di certo tale spreco non lo ignorano tantissimi cittadini baresi che, ben presto, in proposito vorrebbero sostegno mediatico, oltre che avviare iniziative clamorose per portare all’attenzione del Governo nazionale e del Parlamento la problematica. E ciò sarebbe, forse, uno smacco non da poco per il Primo cittadino barese che è anche il presidente dell’Anci che vorrebbe la possibilità di un terzo mandato consecutivo. E non soltanto, forse, per ventilati interessi di carattere generale.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 28 Ottobre 2021