Cultura e Spettacoli

Tremiti, incanto e paura

Si fa un gran parlare in questi giorni dell’individuazione – ad opera di Michelangelo De Meo ed altri sub – nelle acque dell’isola di San Nicola (Tremiti) dei resti dello ‘Stefano’, un brigantino austriaco. Salpato da Alessandria d’Egitto, carico – come si evince dalle annotazioni sul Giornale di bordo – di 900 sacchi di semi di lino, cento balle di cotone e 40 casse di merce varia – il veliero era diretto a Trieste. Ma all’alba del 7 gennaio 1825, scrive il suo comandante, Capitano Giacomo Covacich, “in distanza di circa una gomena” (poco meno di 200 m.) dal “capo del forte”, cioè all’altezza del complesso abbaziale fortificato di S.Maria a Mare, la piccola nave (210 t. di stazza lorda) venne investita da un rovinoso “contrasto di venti”. Non più governabile, lo Stefano si fracassò sulla scogliera. Nessuno tra gli undici uomini dell’equipaggio perì. Molti si domandano come mai una nave austriaca portasse un nome italiano. Per capire la cosa bisogna tornare indietro di una ventina d’anni. Nel 1803 la Marina Austriaca aveva emanato un  Manuale di servizio che – redatto in italiano – sarebbe rimasto in vigore in vigore per mezzo secolo. Nonostante il tedesco fosse la ‘lingua di comando’ delle forze di terra e di mare, a bordo delle navi austriache la ‘lingua di servizio’ era l’Italiano poiché gli ufficiali di Marina erano in maggioranza veneziani ; mentre gli equipaggi, che venivano reclutati sull’ex-litorale veneziano di Dalmazia, parlavano una sorta di dialetto veneto. Così stando le cose, anche le navi furono battezzate con nomi italiani. ‘Stefano’, appunto. Tornando a questa unità, il brigantino non è stato l’unico bastimento ad andare a fondo nel mare delle Tremiti. A 25 metri di profondità, a cento metri da San Domino, giacciono i resti di un’imbarcazione romana. Nei pressi della stessa isola, nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1864, naufragò il vapore ‘Lombardo’, una delle tre navi adoperate dai Mille per sbarcare a Marsala ; dopo essere finita su una secca, l’unità venne distrutta dai marosi (trasportava truppe da Ancona a Manfredonia e detenuti alle Tremiti ; non si lamentarono vittime). Circa nello stesso periodo colò a picco un trabaccolo partito da Barletta e diretto a Vasto per caricare granaglie ; nella tragedia si salvarono solo sei uomini su dieci. Ancora nello stesso braccio di mare, ma in direzione Vieste, nel 1868 sarebbe affondato il piroscafo russo Horniloff.  Qui il condizionale è d’obbligo poiché – a differenza dei casi sopra citati – il relitto non è mai stato individuato. E poi dai registri navali della marina zarista non risulta alcuna unità con questo o similare nome.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Aprile 2013

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