Cronaca

Tunisino da vent’anni in Italia, recluso ingiustamente si cuce la bocca per protesta

Sempre bollente la situazione nel centro di identificazione ed espulsione di Bari, dove continua lo sciopero della fame e della sete di un migrante tunisino il quale, dall’altro ieri, ha deciso di cucirsi le labbra per protesta contro la sua prigionia e, soprattutto, per ottenere la liberazione immediata. Situazione critica, dunque, nel centro di detenzione per immigrati del capoluogo pugliese, come denunciano purtroppo da tempo inascoltate associazioni che fanno sentire la loro voce, anche dinanzi al Palazzo del Governo di piazza Prefettura com’è accaduto, sempre a Bari, alla fine della settimana scorsa. Quando associazioni e migranti hanno manifestato per l’ennesima volta contro le condizioni di vita dei reclusi. Ma torniamo a Fatì, questo il nome del recluso trentenne del CIE di Bari che sta portando avanti la protesta, giunto all’ottavo giorno di sciopero della fame e della sete. Da ieri mattina ha già ricevuto tre solleciti, da parte delle autorità del centro, per spingerlo a concludere la protesta lasciandosi scucire le labbra. <>, informa l’associazione ‘Rivoltiamo la Precarietà” con la conferma del direttore del centro stesso. Nel frattempo, i compagni di prigionia raccontano che Fatì è arrivato al lager di Bari dal CIE di Ponte Galeria perché la direzione del centro romano ha disposto il suo trasferimento. Il problema è che nel centro identificazione ed espulsione della Capitale continuano tentativi di sommossa e tensioni e, probabilmente, le quotidiane proteste di Fatì sulla sua reclusione ingiusta e le violenze subite da tanti suoi compagni di sventura erano diventate fin troppo scomode per la cooperativa Auxilium e le forze dell’ordine, anche se a Bari non si può certamente stare più tranquilli. Alla fine dell’anno scorso, infatti, una ventina di immigrati, in maggioranza tunisini, inscenarono una protesta che fece parlare tutti i mass-media, locali e nazionali a causa della qualità del cibo fornito nella struttura barese. Alcuni immigrati, giunti oramai all’esasperazione, sfondarono una porta di un modulo del Centro aprendo i manicotti dell’acqua e allagando i locali. Sul posto come al solito intervennero a sirene spiegate Polizia e Carabinieri. La protesta rientrò soltanto dopo che ai migranti è stato assicurato l’arrivo di cibo da un “kebab” locale al posto di quello fornito dal Centro di accoglienza. <>, le parole che rimbalzarono dal Cie di Ponte Galeria, dove a protestare erano reclusi marocchini, mentre al centro delle bufere cicliche, a Bari come a Roma, ci finisce la Cooperativa Auxilium, quella che gestisce molti centri di reclusione dello Stivale.

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 1 Ottobre 2014

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