Tutta colpa del vento, il comandante assolto
Non sono rari gli scontri all’interno delle aree portuali, specie quando affollate. Lo diventano invece quando le unità coinvolte e gli scontri sono più di due. Ciò che una volta successe a Bari è rimasto nella storia. La sera del 9 dicembre 1940, una sera da lupi con raffiche violentissime di tramontana, di rientro dalle acque albanesi dove aveva raccolto infermi da condurre all’Ospedale Militare del capoluogo, la nave ospedale Aquileia affrontava le operazioni di ormeggio. Nel corso di queste, l’imponente unità (stazzava quasi 10mila tonnellate) non riusciva a controllare la decelerazione di avvicinamento. Ciò la esponeva pericolosamente al transito del Sardegna, un trasporto-truppe in uscita e diretto a Valona per sbarcarvi tremila alpini. Pur leggero, l’urto accentuava l’esposizione già anomala della nave ospedale che ora veniva a posizionarsi in rotta di collisione con altra motonave in uscita, la tedesca Ruhr. Poco danneggiata dal primo contatto, l’Aquileia subì il peggio strisciando fiancata contro fiancata contro la Ruhr. I seri danni riportati sul lato di dritta richiesero ventiquattro giorni di riparazione. Le conclusioni della Commissione d’inchiesta scagionarono il comandante: Il forte vento aveva disturbato la delicata manovra, già complicata dal contemporaneo passaggio di altre due navi. Il curioso episodio sembrò annunciare l’infausto destino che aspettava le tre unità. La prima nave a colare a picco fu il Sardegna, che il 29 dicembre dello stesso anno, mentre era in navigazione con altri trasporti-truppe (Piemonte e Italia), all’altezza dell’isola di Saseno, a poche miglia dalla costa albanese, dovette patire un siluro del sommergibile greco Proteus. Poi toccò al Ruhr, andato a fondo il 22 gennaio 1943 a seguito di un attacco aereo a 30 miglia a nord-ovest di Capo Bon (Tunisia). Infine, l’Aquileia. Mentre era all’ancora nel porto di Marsiglia, il 15 dicembre 1943, la nave veniva centrata in tempi diversi da due bombe da mille libbre dell’aviazione statunitense. Devastata anche dai susseguenti incendi, la nave ospedale imbarcò acqua sino ad adagiarsi sul fondo, rimanendo parzialmente emergente. In un secondo momento i tedeschi la recuperarono per posizionarla in modo tale da ostruire l’ingresso in porto. Il 26 giugno 1944, ormai in ritirata, gli occupanti l’affondarono nello stesso punto. A guerra finita, nuovamente riportata a galla, l’Aquilea venne demolita. Sardegna, Ruhr e Aquilea in origine erano piroscafi, navi pensate per trasportare, anche lussuosamente, passeggeri e merci. Poi con la guerra vennero requisite e sottoposte a modifiche. Stravolte, irriconoscibili, conservarono solo il nome. Chissà se, ribattezzate, avrebbero scansato quella brutta sorte. I marinai, che sono tra i più superstiziosi, ci credono a queste cose.
Italo Interesse
Pubblicato il 16 Febbraio 2018