Cronaca

Ufficio comunale per le affissioni o per la censura?

E’ noto, ormai, che tra il sindaco di Michele Emiliano e gli “autonomisti” di Palese e Santo Spirito è  “guerra aperta” da circa quattro anni. Ossia da quando, il 5 febbraio del 2010, il Primo cittadino barese si recò in via Capruzzi, per imporre il proprio diktat, alla maggioranza di centrosinistra, contro l’approvazione delle due leggi che staccavano da Bari le ex frazioni di Carbonara-Ceglie-Loseto, da una parte, e Palese e Santo Spirito, dall’altra. Leggi che, come si ricorderà, appena dieci giorni prima avevano ottenuto entrambe parere favorevole all’unanimità nella commissione regionale degli “Affari istituzionali”, oltre che il “SI” della maggioranza dei cittadini al referendum consultivo del 19 aprile del 2009, e che quindi avrebbero reso entrambi quei territori periferici di Bari due nuove e distinte realtà comunali autonome ed amministrativamente indipendenti dal capoluogo. Però, immaginare che al Comune di Bari qualcuno, per compiacere al sindaco Emiliano, informandolo in via preventiva dell’uscita di manifesti politici a lui sicuramente sgraditi, come quelli degli “autonomisti” palesini e santospiritesi, arrivasse a pensare di istituire una sorta di censura, sarebbe stato assurdo ed imprevedibile. Infatti, qualche solerte dirigente comunale, o collaboratore del sindaco, pur di sottoporre in anteprima alla visione dell’interessato, o a qualche altro suo stretto collaboratore, le stampe oggetto di affissione, è arrivato addirittura ad emanare disposizioni di tipo censorio, che in ogni altro Comune italiano –  a detta di alcuni cittadini – sarebbe a dir poco difficile immaginare che vengano adottate. E che, se per caso accadesse, tali direttive sarebbero considerate solo  un paradossale “esercizio di fantasia”. Invece, ciò che a normali cittadini può sembrare “paradossale”, e ad esperiti operatori di diritto tecnicamente “illegittimo”, con l’Amministrazione barese a guida Emiliano (che tra l’altro si vanta spesso di essere un pm in aspettativa!) accadono anche evidenti e scandalose violazioni di elementari principi di Diritto costituzionale, oltre che di democrazia, persino nella gestione di un “servizio pubblico”, qual è quello di garantire la libera esposizione di stampe, previa corresponsione dei relativi diritti e seguente vidimazione delle stampe da affiggere su vetrate esposte al pubblico. Ma veniamo ai fatti. E’ accaduto ieri che, un rappresentante degli “autonomisti” di Palese e Santo Spirito recatosi al competente Ufficio comunale per le affissioni, ubicato in dei locali del vecchio stadio “Della Vittoria”, dopo aver presentato l’apposita istanza e versato i relativi diritti, si è visto negare l’apposizione su uno dei due tipi di vetrofanie da esporre, perché – a detta del funzionario preposto – il manifesto doveva essere prima mandato in visione a Palazzo di Città e solo successivamente avrebbe potuto provvedere all’apposita timbratura, che valida l’avvenuto pagamento dei dovuti tributi d’affissione. E ciò – sempre a detta dello stesso funzionario – in ottemperanza ad una non ben precisata norma regolamentare approvata dal Comune nel gennaio del 2013 e, soprattutto, in ossequio a precise disposizione impartite all’Ufficio affissioni dalla Ripartizione competente. In definitiva, in base a quanto innanzi esposto, l’amministrazione Emiliano avrebbe orchestrato una forma di controllo preventivo sui manifesti, che passando necessariamente attraverso l’Ufficio comunale per le affissioni, potrebbero essere non graditi al sindaco, che di fatto verrebbe informato preventivamente del loro contenuto. E questo è sicuramente in evidente contrasto con il dettato costituzionale che all’articolo 21, per meglio garantire la libertà di stampa e di espressione, esclude espressamente ogni tipo di “autorizzazione” e/o “censura” preventiva. Come si ricorderà, infatti, quest’ultima esplicita disposizione fu voluta dai padri costituenti per rafforzare la libertà di critica politica ed espressione del pensiero, proprio per evitare di incorrere nelle restrizioni e censure messo in atto in Italia dal regime fascista come, ad esempio, era avvenuto  con l’art. 113 del Testo unico sulle norme di pubblica sicurezza in vigore all’epoca del Duce. Evidentemente a Bari, nel 2014, a Palazzo di Città c’è forse qualcuno che ha ancora nostalgia di quella vecchia norma del TULPS e fa finta di non ricordare che l’Amministrazione comunale non può esprimere, né entrare in valutazioni di merito sul contenuto delle stampe di cui si richiede l’affissione pubblica o l’esposizione esterna su superfici private. Infatti, i richiedenti l’esposizione pubblica di manifesti sono obbligati per legge a corrispondere i dovuti diritti ed il competente Ufficio comunale è “esclusivamente” tenuto (solo come fatto amministrativo!) ad attestare l’avvenuto pagamento, attraverso la vidimazione delle stampe. Ma al Comune di Bari anche in presenza di questo genere di gravi anomalie gestionali le forze di opposizione sono da un pezzo silenti. E di certo non soltanto per queste “nefandezze”.       

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 13 Febbraio 2014

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