Cultura e Spettacoli

Un barrito incantò i baresi

Un tempo i baresi avidi di novità avevano poca scelta: l’osteria o la piazza. Male che andava restava il porto, che per la varietà di persone e cose sbarcate offriva più di un diversivo: Un emiro col suo harem e il seguito di eunuchi, uno stallone bianco destinato a qualche principe, l’equipaggio in libera uscita di una tartana turca… Ma nulla poté superare in meraviglia il 22 ottobre 1742. Quando mai si era visto a Bari un elefante?  Racconta Benedetto Croce in ‘I teatri di Napoli’, che quel pachiderma, dono del Gran Sultano a Re Carlo III, mai avrebbe fatto tappa a Bari se una tempesta nel canale d’Otranto non avesse spinto fuori rotta il veliero che lo trasportava. Il povero animale, che possiamo immaginare con lo stomaco in subbuglio (anche questi bestioni possono soffrire il mal di mare) fu custodito nel Seggio di Piazza Mercantile, ossia al pian terreno del fabbricato dove il governo cittadino soleva raccogliersi. Due giorni dopo, acquetatosi l’Adriatico, quella nave riprese il mare. Dopo un’altra settimana di navigazione l’animale potette finalmente sbarcare nella capitale. I sovrani, dicono le cronache, “si compiacquero di farlo menare tre o quattro volte al loro cospetto a trattenersi a vedere le destrezze e i giochi soliti a farsi da queste moli animate che di tenerlo esposto alla giusta curiosità di tutto il popolo”. Da questo animale ha preso origine il motto partenopeo : ‘Caporà, è muorto l’alifante! che equivale a dire : E’ finita la pacchia. Questo perché a guardia del pachiderma era stato posto un vecchio militare, il quale per aver insegnato all’animale qualche numero che faceva eseguire a comando riceveva mance. Più avanti, morto l’elefante, finirono i guadagni per il povero soldato… Prima di morire, quella bestia conobbe un supplemento di gloria. Dovendo andare in scena al San Carlo una commedia intitolata ‘Alessandro nell’India’, l’impresario ebbe l’idea di domandare al sovrano il permesso di portare in scena il suo elefante : Poiché “tra gli avvenimenti che seguono in iscena vi è quello dei doni che si presentano, si è considerato che riuscirebbe di un gran plauso il far tra di essi comparire l’Elefante e per la rarità e bellezza dell’animale e per la novità che farebbe il vedersi sopra il Real Teatro una figura così grande… credendosi da noi che una tal veduta possa apportare anche dell’utile per il concorso della maggior gente…e per la voce che si spargerebbe di vedersi cosa che solo per la grandezza di S.M può aversi… sempre che S.M. per sua real benignità, voglia compiacersi di condiscendere in dar questo permesso”. Il Re prima disse no, poi accordò il suo consenso con l’intesa di doversi “preventivamente farsi non una, ma più pruove… per vedere se (l’elefante) stia saldo e allo splendore dei lumi e allo rumore degli strumenti da suono… donde senza un esatto esperimento potrebbe venire qualche sconcerto”. Superate le prove, l’animale ‘debuttò’ con successo nel gennaio dell’anno successivo. L’unico “accidente” si registrò alla replica del 13 febbraio, ma senza che il placido pachiderma fosse coinvolto : “un accidente occorso… tra uno degli indiani che governano l’elefante e una sentinella svizzera”. Un alterco degenerato in rissa? Diverte immaginare i due che si pestano dietro le quinte mentre l’animale, indifferente, mangia fieno in attesa di entrare in scena.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 31 Gennaio 2019

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