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Un calcio al pallone, un altro alla blasfemia

Clemenza per Franco Lerda. Ha fatto scalpore l’intervento di Don Attilio Mesagne, Direttore della Caritas di Lecce il quale è insorto contro la giornata di squalifica inflitta all’allenatore giallorosso, reo d’aver due volte bestemmiato in campo durante Benevento-Lecce. Alla stregua di un (non richiesto) difensore da tribunale ecclesiastico, Don Mesagne ha eccepito l’assenza di due delle tre condizioni di peccato (piena avvertenza e deliberato consenso). Non bastando la “materia grave”. Lerda andrebbe assolto. In altri termini, si è trattato di parole dettate solo dallo stress del momento, quindi non corrispondenti a un reale convincimento. Un caso senza precedenti. Vorrà la giustizia federale tenere conto di ragioni che esulano dal campo di applicazione del regolamento del gioco del calcio? Tale regolamento, che parla di fair play e di valori come lealtà, correttezza e comportamento esemplare, non considera l’aspetto religioso. Vediamo allora che dice la Legge a proposito del reato di blasfemia. L’attuale e vigente versione dell’art. 724 del Codice Penale dice : “Chiunque pubblicamente bestemmia con invettive o parole oltraggiose contro la Divinità è punito con una sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309” (il che esclude che l’oltraggio rivolto alla Madonna e ai Santi sia sanzionabile…). Una versione che si scontra frontalmente con una corrente di idee che vuol vedere nella bestemmia una manifestazione di libertà di pensiero, per quanto una sentenza della Cassazione del ’92 stabilisca essere “assurdo e fuori luogo voler ricondurre la bestemmia a manifestazione di libertà costituzionalmente garantita”, trattandosi nel caso in questione di “manifestazione pubblica di volgarità”, per cui “il diritto di libera manifestazione del pensiero trova il suo limite nel divieto della manifestazione contraria al buon costume”. Considerando il caso di Lerda da quest’ultimo punto di vista, il tecnico leccese non avrebbe scampo. Se però parliamo di “manifestazione pubblica di volgarità” dovremmo sanzionare tutti i calciatori che sputano sull’erba, foss’anche per sola arsura, che fanno il gesto del braccio a novanta gradi, che in cambio si danno del bastardo o del figlio di buona donna… Da qualche tempo è vietato agli allenatori di fumare stando in panchina per essere di buon esempio nella guerra al fumo. In alternativa ora gli allenatori masticano gomme. E non è forse volgare lo ‘spettacolo’ di queste mascelle ruminanti? E la volgarità sugli spalti tra cori, striscioni, petardi e banane in campo? Eppure, anche i tifosi la passano liscia, a differenza delle società costrette ad ammende pesantissime. Il quarto uomo, il giudice di campo più vicino alle panchine, quello che ha raccolto le parole di Lerda (e va’ a vedere cosa esattamente ha detto il tecnico leccese), poteva limitarsi ad una ammonizione verbale. A meno che alla prima bestemmia non abbia sventolato al reo un ideale cartellino giallo. Come a dire : ci ricaschi, te ne penti. Peccatore diabolico perché seriale, il povero Lerda ci è cascato e così, doppio giallo… Non si lamenti. Padre Adamo per ben minore infrazione rimediò un rosso diretto.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Maggio 2014

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