Un nome per l’eremita di Polignano
Nel suo ‘La pirateria in Puglia’ Salvatore Panarea, cita il Mercati, autore di ‘Episodi piratici del XVI secolo’. La citazione ha per oggetto il caso occorso nel 1551 a “ un Paolo De Marinis, eremita vivente con altri sei compagni presso Mola di Bari : Sorpresi e condotti in schiavitù fu loro imposta una taglia di settecento scudi, dei quali il De Marinis pagò in deduzione trecento scudi per riscattarsi e procurare la restante somma. Ma per il ritardo a corrispondere questa, uno dei compagni fu arso e l’altro impalato”… Il De Marinis doveva essere di origini agiate, visto che risulta l’unico dei sette ad avere parenti disposti a pagare. Tornato in Puglia, lo si può immaginare impegnato a individuare i famigliari dei compagni di sventura e convincerli a intervenire. Forse difficoltà incontrate nella prima e nella seconda fase furono causa del ritardo che si rivelò fatale ai due ostaggi. Chissà la fine degli altri quattro. Venduti come schiavi?… Torniamo al De Marinis. La nota del Mercati suggerisce che il Nostro e i suoi compagni componessero una libera comunità di uomini dediti alla contemplazione e alla penitenza e che ciascuno di essi occupasse uno dei tanti e ravvicinati anfratti rocciosi che segnano il litorale adriatico a nord di Mola (la vicinanza di queste piccole spelonche giustificherebbe il rapimento in massa ad opera dei predoni). Che ne fu del De Marinis? Un’esperienza estrema come quella del rapimento non poteva che esaltarne la tendenza a isolarsi dal mondo. Con ogni probabilità tornò all’eremitaggio, ma a condizioni ancora più aspre, forse non perdonandosi il privilegio d’essere stato l’unico a salvare pelle e libertà. Per cui anziché rimettere piede nelle spelonche d’origine si mise in cerca di un luogo ancora più appartato. Cosa di meglio allora, a nord di Mola, dell’isolotto di San Paolo, più noto come Scoglio dell’Eremita e che si leva, bellissimo, a poche decine di metri dal litorale di Polignano a Mare? Così fosse, finalmente guadagnerebbe un nome il misterioso personaggio che fra quelle rocce, in epoca imprecisata, concluse l’esistenza consacrandosi alla preghiera. Resta comunque, questa, una mera ipotesi. Dell’eremita di Polignano non sono rimaste nemmeno le ossa. E gli avanzi di una cappella, così come la croce che sormonta lo Scoglio non indicano affatto che lì venne sepolto il sant’uomo. La cappella fu eretta nel Seicento e dedicata al culto di Sant’Antonio Abate (la piccola costruzione era ancora in piedi nel 1837, anno in cui venne adibita a lazzaretto). Quanto alla croce, fu issata da missionari nel 1901 in onore di San Vito Martire, patrono di Polignano.
Italo Interesse
Pubblicato il 30 Agosto 2017