Cultura e Spettacoli

Un paese vuol dire non essere soli

Dopo venticinque anni di lavoro, uno dei pochi ‘stabili’ di Puglia (Cantieri Teatrali Koreja) rischia di ammainare la bandiera per mancanza di copertura finanziaria da parte della Provincia e del Comune di Lecce. Non vorremmo che il bellissimo “Iancu”, andato in scena al Kismet tre giorni, fosse il canto del cigno di una realtà gloriosa. Nel rinnovare la nostra stima agli amici di Koreja e con l’augurio di un ritorno di sensibilità da parte delle massime istituzioni salentine, veniamo a dire di questo allestimento.  ‘Iancu’ (diretto da Salvatore Tramacenere) è fermo immagine di un entroterra salentino che, datato solo 1976, suona oggi ben più lontano dell’effettiva distanza temporale. E’ il racconto (scritto da Francesco Niccolini e Fabrizio Saccomanno) della giornata – piuttosto intensa – di un ragazzetto. Nel contempo questo ‘cunto’ da civiltà post industriale è pure affresco di un Sud sparito, sommerso dalla glassa globalizzante (la stessa, per dirne una e restando in tema, che ha banalizzato il mito della Lycosa commercializzandolo nella Notte della Taranta). In ‘Iancu’ l’occhio fresco del protagonista scatta l’ultimo click su un mondo che muore senza averne percezione ; nessun amarcord, perciò, nessuna oleografia celebrativa. In 75 minuti Fabrizio Saccomanno appassiona e s’appassiona. Dai silenzi, dalle movenze, dalle stasi e dalle parole si dipana, ricco, l’affresco di un piccolo centro sonnacchioso (ma poi mica tanto) dove pallidi vibrano ancora gli echi di un sud stereotipico e che si annuncia come Sud del mondo. Saccomano è bravo, intenso. L’universo sociale ed ambientale che egli ricrea è materico : i cinque sensi trovano ragione di esaltarsi. Scalzo, paludato di bianco, immerso in una desolazione da casa di riposo o da vecchio ospedale psichiatrico, l’interprete narra con piacere palpabile, contagioso. Nessuno stacco musicale lo sostiene, nemmeno nelle poche e pregnanti pause. Oltre la parola è il gesto, che ha del coreutico (ma pure del leggermente artefatto nel percepibili lavoro di codificazione che è a monte). Giustificato ed ampio il consenso della platea per un allestimento la cui cifra emotiva s’asciuga nel suo leit motiv, un’espressione che spesso ricorre sulle labbra del protagonista : Un paese vuol dire non essere soli. – Prossimo appuntamento Kismet : ‘The End’ (produzione Babilonia Teatri) di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani con gli stessi e Ilaria Dalle Donne e Luca Scotton. Inquietante il tema in oggetto : la morte. “Oggi la morte non esiste. Non se ne parla. Non la si affronta, né la si nomina. E’ un tabù. La morte viene occultata, nascosta. La consideriamo come qualcosa che non fa parte della vita… Non basta neanche la visione consolatoria che la religione ci offre. La morte rimane tale”.
italointeresse@alice.it
 
 
 
 
 


Pubblicato il 7 Dicembre 2011

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio