Cultura e Spettacoli

Una favola poetica ispirata alla vicenda di Alfredino Rampi

“Il teatro è questo: l’arte di vedere noi stessi, l’arte di vedere noi stessi!” Esclamava con impeto Augusto Boal. Ed è fin dai tempi dei greci, prima ancora della psicologia e degli studi sulla coscienza, un espediente antico quello del personaggio capace di rappresentare l’interiorità del protagonista, incarnandone in maniera neutrale sogni, aspirazioni, desideri inconsci e riflessioni. Cosa può quindi desiderare un bambino che la sorte avversa ha messo in una terribile condizione e reso vittima di una tragedia, se non il conforto di una materna fatina al suo fianco? Questo è ciò che magicamente accade nella favola teatrale ‘Ma chi è? Mazinga?’. Frase che pronuncio’ il piccolo Alfredino Rampi rivolgendosi alla mamma dal pozzo prima di morire, nel sentire il rumore delle trivelle e dei soccorsi nel tentativo purtroppo vano di salvarlo. Opera portata in scena con grande successo al teatro Duse di Bari, lo scorso 12 marzo. Teatro di Mia Fanelli che sta per cambiare sede e che in maniera lodevole questa stagione ha abbassato il prezzo del biglietto, per venire incontro al suo pubblico, e che offre, unico teatro a Bari, un ventaglio di proposte davvero eterogeneo: Teatro classico, prosa, spettacoli comici. Interpreti di ‘Ma chi è? Mazinga?’ il regista Maurizio Sarubbi della compagnia teatrale Artù, e l’attrice Susi Rutigliano. L’opera è nata dalla penna della scrittrice Anna Maria Alessandra Petrelli, un tentativo coinvolgente e a tratti commovente di interpretare la vicenda di Alfredino Rampi, il vissuto drammatico di un bambino e la sua disperazione, tra speranze di salvezza infrante e voglia di lottare per la sopravvivenza. Colpisce in particolare la delicatezza con cui vengono trattate tematiche difficili da maneggiare, che le luci e le ombre della scena sapientemente calibrate e la bravura degli attori, riescono a rendere con leggerezza e candore.

“All’interno dello spettacolo il nome di Alfredo non viene mai menzionato, io e l’autrice abbiamo pensato di portare sulla scena questa vicenda drammatica senza narrarla in maniera canonica, ma preferendo darle un taglio favolistico. Sul palco interpreto questo bambino illuminato da una luce che viene dall’alto, che dialoga con una fatina alla quale esprime tutto il suo dolore, le sue gioie e le sue speranze. La fatina trasforma tutti i tentativi di soccorso verso di lui in una sorta di giochi quasi a consolarlo e a distrarlo dalla situazione che sta vivendo. Una rappresentazione adatta anche ai più piccoli, di forte impatto emotivo. Abbiamo già presentato le prime due date al Teatro Piccolo con grande riscontro di pubblico.” Racconta Maurizio Sarubbi, in contatto con la fondazione Alfredino Rampi e con Stella Liberato, che sta organizzando una raccolta fondi per realizzare un murales dedicato ad Alfredo a Roma. Lo spettacolo contribuirà con il suo potenziale artistico e sostegno economico alla realizzazione di questo progetto. “ Insieme con Maurizio abbiamo pensato di trovare una maniera che potesse raccontare dall’interno il mondo infantile, privando la vicenda di quella crudezza che la caratterizza  e che poteva essere compresa anche da un bambino. Ma anche una maniera per poter far riflettere un adulto, che può ricordare il bambino che era una volta. Penso che in questo momento storico questa sia un’opera capace di suscitare forti emozioni. È vero che abbiamo bisogno di leggerezza, ma anche di riflettere e ricordare, ed è sempre bello poter dare un piccolo contributo affinché cose del genere non si ripetano né si dimentichino.” Spiega Ama Petrelli, scrittrice pugliese di gialli il cui penultimo romanzo ‘Io confesso stanza 23“sta per diventare una serie tv. Il personaggio chiave della fatina è interpretato dall’attrice Susy Rutigliano, che riesce a rendere con suggestiva poetica il ruolo rappresentato:

“Quando mi è stato proposto di interpretare questo ruolo mi è sembrato di dovermi far carico di una responsabilità enorme: mettere in scena una tragedia come questa non era semplice. Ho cercato di mantenere di più possibile un senso di rispetto profondo verso la materia trattata. La figura della fatina rappresenta una sorta di angelo custode, forse quello a cui tutti noi da piccoli ci siamo affidati, immaginando una figura che potesse consolarci e darci coraggio. Un personaggio difficile da interpretare perché da un lato devi rappresentare anche la consapevolezza di un adulto che conosce tutta la drammaticità di ciò che sta succedendo. Ha tirato fuori il mio senso materno. Sono anch’io madre e ritengo che ai bambini non si debba mai nascondere la verità. Loro capiscono tutto. Il periodo che abbiamo passato è stato difficile e complesso e sicuramente influirà sul futuro dei giovanissimi, ma penso che un adulto debba essere soprattutto capace di infondere loro la speranza, in ogni caso. Nessuno può sapere cosa succederà domani.”

 

Rossella Cea

 


Pubblicato il 15 Marzo 2022

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