Cultura e Spettacoli

Una sirena, non un’arpia

Conservata presso il Museo archeologico nazionale di Spagna a Madrid, la Sirena di Canosa è una statuetta in terracotta alta una quarantina di centimetri che faceva parte di un corredo funebre rinvenuto all’interno di una sepoltura del IV secolo avanti Cristo nell’area archeologica della città pugliese. A giudicare da quel braccio destro sollevato in un tipico gesto di lamento (vedi immagine), essa fungeva da psicopompo, entità intermedia tra il regno della luce e quello delle tenebre, incaricata di accompagnare i defunti dall’una all’altra dimensione. Una sirena, dunque. Eppure, come appare evidente dall’immagine, il manufatto canosino non riproduce affatto la leggendaria e sensuale creatura acquatica metà donna e metà pesce a cui ci ha abituati certa iconografia affermatasi nell’era post-classica. La sirena canosina, ha sì sembianze femminili, ma ali spuntano dalle spalle, piumaggio che all’altezza della vita evolve in una coda piumata. E dal di sotto della veste non si dipartono gambe raccolte in un unico involucro squamoso, bensì zampe che terminano in poderosi artigli…. Bisogna però tenere presente che tale ‘modello’ di sirena si discosta totalmente da quello contemplato dal mito greco in cui per sirena si intende un ibrido donna / uccello rapace che si nutre di marinai attratti col canto accompagnato dalla lira (strumento che la statuetta di Canosa impugna nella sinistra). La presenza di artigli ed ali, elementi entrambi impensabili per le sirene comunemente intese, si spiegano con la necessità di lacerare carni e di raggiungere le prede volando (quando Circe mette in guardia Ulisse contro le ‘sirene’, le quali, invece di nuotare, stanno sedute sugli scogli che “biancheggiano di ossa” della loro “isola arida e rocciosa”, gli dice pure che esse sono lì in attesa dei naviganti da sedurre con la loro irresistibile “voce dal suono di miele” ; una volta che i marinai, abbandonata la nave, abbiano raggiunto quella riva, esse spiccano il volo e piombano loro addosso letali come falchi). La presenza di uno strumento musicale nella sirena di Canosa consente di differenziare quell’effigie da altra figura leggendaria che le si avvicina alquanto, almeno nell’aspetto fisico : l’arpia.  Anche l’arpia è un essere mostruoso dal busto e il volto di donna ed ali e grinfie di rapace. Ma a differenza delle sirene, le arpie non cantano, non suonano, né si nutrono di carne umana. Personificazioni del vento di tempesta, sono creature infestanti e rapinose. Nell’Eneide esse sono così descritte : “Le isole Strofadi, dette con nome greco, stanno nel grande Ionio e sono le Arpie a popolarle… Non c’è mostruosità più triste di quelle, né alcuna più crudele peste che l’ira degli Dei sprigionò dalla palude Stigia. Virginei volti di esseri alati, schifosissimo flusso dal ventre, artigli adunchi e sempre emaciate le facce per la fame”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 26 Gennaio 2019

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