Cultura e Spettacoli

Un’anfora, non un secchio

Nell’era precristiana le sepolture non si somigliavano. Alla maggioranza erano riservate fosse comuni. Solo i più abbienti potevano permettersi un sepolcro e un corredo funebre. Con quest’ultima espressione s’intende il complesso di cose di cui si riteneva il defunto potesse aver bisogno nell’Altrove o durante il viaggio per raggiungerlo: oggetti d’uso personale (pettini, unguenti, cosmetici, fermagli per capelli), denaro (l’obolo per Caronte), amuleti, gioielli, cibo e acqua.  Quest’ultima era conservata dentro forme vascolari che, già d’improbabile impiego, si distinguevano dai manufatti comunemente in uso anche per la ricercatezza del disegno e delle decorazioni. E’ il caso della ‘trozzella’ messapica, forma vascolare a destinazione funeraria, forse riservata solo a donne di rango elevato; tuttavia questo tipo di vasellame è stato ritrovato anche in Basilicata, nel tarantino e nel barese (alcune monete rinvenute a Ceglie peuceta ne recano il disegno su una faccia). La trozzella si caratterizza per il corpo ovoidale, più o meno rastremato al piede, e le alte anse nastriformi che terminano con quattro rotelline, due in alto e due all’attacco del ventre. Tali cilindretti di terracotta piena hanno indotto molti in errore (anche l’autorevole Treccani): Essi non sono un richiamo a pulegge bensì a quegli anelli dai quali – nelle forme vascolari pensate per pozzi e cisterne – si dipartivano le funi con cui il manufatto veniva calato e ritirato. Insomma, la trozzella era un’anfora, non un secchio. ‘Trozzella’ è forma italianizzata della voce dialettale salentina ‘tròzzula’, che starebbe per ‘rotella’. Forse da un’errata interpretazione del concetto di vuoto/anello (che ricorda una rotella) è nato l’equivoco. Equivoco alimentato dall’assonanza del latino ‘trochlea’ (carrucola) con trozzella. Inizialmente la trozzella si presenta decorata con pittura monocroma in stile geometrico, prima spigoloso (croci uncinate, scacchiere, zig-zag), poi arrotondato (cerchi, spirali, volute). In un secondo momento intervengono elementi vegetali: rami di edera, fronde di olivo. Più avanti ancora la decorazione si arricchisce talvolta di rappresentazioni umane e animali. Infine, con l’avvento dell’ellenismo, sulle trozzelle fanno comparsa decorazioni timidamente policrome ispirate alla ceramica di Gnathia (pittura bruno-rossastra o rosso-nerastra). I più remoti esemplari possono risalire al sec. VII-VI a.C. in concomitanza con l’introduzione del tornio. La trozzella rimase in uso sino alla metà del III sec. a.C., periodo in cui si esaurì la civiltà messapica. Esemplari di trozzelle sono in mostra nei maggiori musei archeologici pugliesi. Fuori della Puglia se ne trovano a Bologna e Fiesole, Una trozzella è conservata anche al Museo di Belle Arti di Lione

Italo Interesse


Pubblicato il 8 Gennaio 2022

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