Uomini avvelenati, uomini inveleniti
Solo adesso che il danno è fatto i teatranti tarantini riflettono sulla catastrofe Ilva. In principio fu Alessandro Langiu col suo ‘Venticinquemila granelli di sabbia’, ed era il 2005 cioè abbastanza tardi. Peraltro, a seguire l’esempio di Langiu sono stati in pochi. Nello striminzito drappello di ‘ritardatari’, comunque da salutare al traguardo con rispetto e gratitudine, rientra Gaetano Colella. Il suo ‘Capatosta’, diretto da Enrico Messina, è stato in cartellone al Kismet lo scorso fine settimana. Nell’ambientazione firmata da Massimo Staich, tutto si svolge in uno spogliatoio in mezzo a mostruosi suoni tecnologici. Nel piccolo, squallido ambiente avviene l’incontro fra un rude e disilluso veterano dell’Ilva e un giovane neoassunto, sognatore militante. Il primo crede solo nell’urgenza di salvare la pelle e aprirsi un bar ai Caraibi, il secondo sogna di vendicare la morte del padre, avvelenato otto anni prima dalla stessa acciaieria. L’incontro evolve in scontro, prima ideologico, poi fisico. Ben diretto e vario, ‘Capatosta’ trasuda amarezza e pessimismo. Un malessere denunciato senza toni eroici, in modo greve e spiccio, eppure efficace : Se Napoli è Gomorra, Taranto è Sodoma, visto che tutti “lo pigliano a quel servizio” (è morta più gente al rione Tamburi che sotto i capannoni del mega-impianto). Colella non assolve nessuno a cominciare dagli stessi lavoratori, questo popolo di uomini senza talento avvelenati e inveleniti, soli e divisi, in qualche modo correi di un sistema di cose pensato per macinare acciaio e potere piuttosto che benessere collettivo. In scena, Gaetano Colella e Andrea Simonetti danno vita a buoni momenti. Efficace la composizione musicale di Mirko Lodedo che tramuta suoni tecnologici in techno music in mezzo a sbuffi diafani da live-show a micro rappresentazione dei giganteschi fumi per i quali Taranto è stata tristemente nota. Efficaci pure quei movimenti in coppia a metà strada fra ballo di gruppo e danza aerobica che scimmiottano la pretesa ginnastica ‘depurativa’ consigliata ai forzati dello ‘Stabilimento’. Esercizio fisico altrettanto improduttivo che l’assunzione giornaliera di mezzo litro di latte al giorno, una volta spacciato come sicuro rimedio a chiunque lavorasse in ambienti malsani (così facevano a Bari, alla Stanic e alla Fibronit). Movimenti quasi molto vicini al gesto meccanico e innaturale delle unità di produzione attive nella grande Fabbrica sotterranea di ‘Metropolis’, il capolavoro di Friz Lang… Disegno luci di Fausto Bonvini, datore di luci : Vito Marra. Una produzione Crest – Teatri Abitati in collaborazione con Armamaxa Teatro.
Italo Interesse
Pubblicato il 4 Marzo 2015