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Vendola prepara la sua discesa in campo mentre Emiliano va testa bassa contro Bersani e Minervini

I consiglieri regionali delle due sigle politiche facenti capo al presidente della giunta uscente, Nichi Vendola, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea pugliese sono passati da una suddivisione non più in due, ma in tre gruppi. Infatti, stamattina (ndr – ieri per chi legge) nel corso delle comunicazioni all’Aula il presidente del Consiglio, Onofrio Introna, ha reso noto la costituzione di due nuovi Gruppi consiliari. Uno composto dai consiglieri regionali Michele Losappio, Giuseppe Lonigro, Michele Ventricelli, Leo Caroli e Giuseppe Dipumpo, che hanno formalizzato l’uscita dal gruppo di Sel e l’adesione al neo gruppo “ Noi a Sinistra per la Puglia” il cui presidente designato è Losappio, che già nel gruppo di provenienza ricopriva lo stesso incarico. L’altro costituito dai consiglieri Angelo Disabato, Giovanni Brigante, Francesco Laddomada e Antonio Galati, che hanno solo comunicato il cambio di denominazione del gruppo da “La Puglia per Vendola” in “La Puglia in più”, per il quale non è stato ancora stabilito il nome del presidente. Per cui il gruppo di Sel, il partito del governatore uscente, ora annovera solo la presenza del presidente del consiglio regionale Introna e quella dello stesso Vendola. Lo spacchettamento in consiglio dell’area vendoliana da due a tre gruppi ad appena qualche settimana dalla scadenza naturale della Legislatura regionale presuppone che si stiano gettando le basi per la formazione alle prossime regionali di almeno un paio di liste con lo stesso nome dei due gruppi appena costituitisi nell’Aula di via Capruzzi con le nuove denominazioni. Stratagemma, questo, che evita la raccolta delle firme, prevista per le sigle che non hanno gruppi nel consiglio uscente, e quindi di essere presenti sulla scheda elettorale della prossima competizione regionale senza particolari sforzi organizzativi per aver diritto alla presentazione delle liste. Quindi, le voci secondo le quali il presidente regionale uscente Vendola starebbe pensando alla possibilità di una sua eventuale ricandidatura a governatore, qualora sul fronte opposto ci fosse la presenza dell’ex governatore Raffaele Fitto nella corsa per la guida della Regione. E’ chiaro, però, che questo è forse solo un alibi a cui lo stesso Vendola potrebbe aver pensato per rimettersi in pista ed evitare così che il candidato del centrosinistra già in corsa, Michele Emiliano, egemonizzi la coalizione, emarginando proprio l’area vendoliana e tutti coloro che nei dieci anni di gestione Vendola sono stati i più stretti collaboratori del governatore nei diversi dipartimenti della Regione Puglia. Insomma, la ridiscesa in campo di Vendola potrebbe essere, oltre che una sorpresa, la necessità di tutta quella parte del centrosinistra pugliese, e quindi non solo dei vendoliani di stretta osservanza, che man mano che si va avanti nella campagna elettorale sono sempre di più scontenti del nome del candidato governatore uscito dalle primarie dello scorso 30 novembre. Infatti, secondo alcune indiscrezioni, i malumori nei confronti di Emiliano per talune sue prese di posizione politiche e personali, sono in crescendo non solo tra alcune forze politiche della sua stessa coalizione, ma financo nel partito di cui l’aspirante governatore del centrosinistra è segretario regionale, ossia il Pd. E si tratterebbe – sempre secondo le stesse indiscrezioni – di chiari sintomi di insofferenza politica nei confronti di un candidato governatore che, pur di primeggiare e conquistare la scena, non si farebbe alcuno scrupolo di demolire scientificamente l’immagine di uomini e cordate della sua stessa parte politica. Comportamento, questo, che potrebbe essere significativo del clima politico teso che si sta sviluppando nel centrosinistra pugliese proprio a causa delle esternazioni di presunta superiorità morale e politica che Emiliano manifesta nei confronti di esponenti del suo stesso partito, dimenticando facilmente che, grazie anche al sostegno delle cordate che ora critica,  è stato per ben due volte eletto Primo cittadino di Bari e, soprattutto, non è stato politicamente delegittimato dal suo stesso partito quando, nel marzo del 2012, è finito agli onori della cronaca nazionale per lo scandalo delle “cozze pelose e champagne”. E gli attacchi di Emiliano non si fermano soltanto al segretario del Pd di Melendugno (Le), Leonardo Candido, che è stato invitato a dimettersi da segretario regionale del partito via Twitter, dopo che lo stesso aveva già rassegnato le dimissioni, essendo stata la moglie chiamata a lavorare per la multinazionale del gasdotto Tap, a seguito di una selezione. Oppure all’assessore alla Trasparenza e Politiche giovanili della giunta Vendola, Guglielmo Minervini (Pd), che è finito nelle mire del candidato governatore del centrosinistra con l’accusa, sempre via social network, di aver “guadagnato un milione di Euro in 10 anni ed un vitalizio” per il sol fatto di aver coerentemente ribadito di riconoscersi pienamente nelle prospettive di cambiamento portate avanti dal governo regionale uscente e di cui, per altro, è stato anch’egli espressione nei dieci anni alle spalle. Ma una delle ultime uscite di Emiliano contro qualcuno del suo stesso partito riguardano addirittura l’ex segretario nazionale del Pd, Pierluigi Bersani, che è stato oggetto di un affondo da parte dell’ex sindaco di Bari nel corso di un’intervista rilasciata su Telebari. “‎Bersani si è fatto finanziare 95.000 euro dall’‎Ilva” ha dichiarato Emiliano al direttore dell’emittente televisiva barese, aggiungendo: “Io sono segretario dello stesso partito, ho pregato in tutti i modi Bersani di restituire questi soldi e non l’ha ancora fatto”. Un affondo contro Bersani che, però, ha consentito all’ex pm antimafia della Procura barese di assumere, ancora una volta, la veste di moralizzatore duro e puro sulla questione dei finanziamenti alla politica., che in questo caso provenivano dalla famiglia Riva, proprietaria dell’impianto siderurgico Ilva di Taranto. Veste che – secondo qualche bene informato di vicende politiche – proprio non si addice. O, quantomeno, che sarebbe poco credibile per un ex-pm che da dieci anni si dichiara prestato alla politica, ma che in realtà è diventato un politico a tutti gli effetti, senza però mai dimettersi dalla magistratura.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 27 Marzo 2015

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