Cronaca

Vertenza Natuzzi: a rischio il futuro lavorativo di 1500 dipendenti

Si riaccendono i riflettori sulla vertenza Divani &Divani by Natuzzi di Santeramo dopo la sottoscrizione dell’accordo da 50 milioni di euro siglato al Ministero dello Sviluppo Economico per il rilancio della produzione negli stabilimenti presenti in Puglia ed in Basilicata a rischio chiusura e delocalizzazione già dal 2013. I fondi prevalentemente pubblici sono stati messi a disposizione dalle regioni interessate, dal MISE ed, in quota, dalla società stessa per riportare la produzione in Italia (a Ginosa e La Martella, della linea “Leather Editions” attualmente prodotta nello stabilimento in Romania (che comunque non verrà chiuso).  Ma, a quanto pare, il rientro dall’estero di una parte della produzione romena, è servito solo a coprire le ore di lavoro a disposizione dei lavoratori già inseriti nel riassetto aziendale <> denunciano i colleghi in cassa integrazione che ribadiscono: <>. Per i tanti esodati quindi c’è ancora da attendere… L’azienda produce anche in Brasile, Cina ed India per “abbassare i costi di produzione” che in Italia invece, a causa della forte pressione fiscale imposta dal Governo e soprattutto a causa dell’assenza di una normativa che regoli la delocalizzazione delle imprese italiane (tutta a  discapito della nostra economia), ha portato ad un alto rischio di licenziamento oltre 2.300 persone, tra operai e impiegati, negli stabilimenti nazionali dell’Azienda in questione. Le Istituzioni quindi devono correre ai ripari con piani di emergenza che di certo non giovano alla tranquillità dei dipendenti e delle loro famiglie che si vedono continuamente destabilizzati sotto il profilo lavorativo. Inoltre i fondi pubblici erogati sono stati destinati direttamente alle casse aziendali e non ai lavoratori esodati (magari per incentivarne la mobilità volontaria) che, a tutt’oggi, non hanno ancora avuto alcuna garanzia di reimpiego, anzi in più di 400 sono stati trasferiti nello stabilimento “Lagher” di Ginosa, di fatto ancora chiuso, nel quale sono stati collocati i dipendenti attualmente in cassa integrazione straordinaria a zero ore. Tra l’altro, denunciano i dipendenti <>. Molti dei trasferiti infatti, a partire dallo scorso maggio, hanno contestato la procedura di assegnazione all’Unità produttiva di Ginosa tramite un riscontro scritto alla nota “C.I.G.S. per Riorganizzazione Aziendale” ma senza aver avuto ancora alcuna risposta ne dall’azienda ne dai sindacati. Nel riscontro infatti si legge <<[…]Appaiono emergere possibili violazioni di legge, contrattuali soggettive e del CCNL dalla procedura posta in essere dall’Azienda dal presunto “nuovo assetto degli stabilimenti produttivi paventato, e l’assegnazione allo stabilimento di Ginosa (Ta) appare quanto meno discriminatoria. Non è assolutamente comprensibile l’annunciato svolgimento delle attività di formazione e di ricollocazione delle maestranze sospese in cassa con l’assegnazione del dipendente “a fini amministrativi” con decorrenza dal 04.05.2015. Alla luce di quanto in premessa e con ogni opportuna riserva di agire per la migliore tutela dei diritti e delle ragioni eventualmente lese a seguito di tali iniziative unilateralmente assunte da parte dell’Azienda, la presente è da valere ad ogni effetto e conseguenza di legge […]  >>. I progetti per la riorganizzazione dell’assetto industriale del Gruppo Natuzzi in Italia sono stati valutati dall’Agenzia per lo Sviluppo “Invitalia” e prevedono il potenziamento dei 4 stabilimenti presenti sia in Puglia che in Basilicata (Jesce 1 di Matera, Jesce 2 di Santeramo e Ginosa, La Martella di Matera), oltre che un investimento da parte dell’azienda di 25 milioni di euro tra marketing, ricerca, innovazione ed adeguamento industriale. Il piano aziendale per l’occupazione prevede quindi circa 1800 lavoratori con contratto di solidarietà (in alternativa al licenziamento), altri 100 (già in cassa integrazione) reinseriti nel sistema di produzione, 309 in cassa integrazione straordinaria inseriti nelle “newco” (società esterne, autonome rispetto all’azienda Natuzzi ma legate alla Società da specifici accordi commerciali) come già previsto dal piano di reindustrializzazione del territorio stipulato tra azienda, sindacati e Ministero nel 2013, ma ancora in via di attivazione. Rimangono quindi dei nodi da sciogliere: quello sul futuro dei 280 lavoratori messi in mobilità volontaria “incentivata” su 550 ancora in cassa integrazione straordinaria e l’altro legato alle misure di decontribuzione su cui non ci sarebbe stata, da parte del Governo, un’adeguata copertura. Infatti la Legge di Stabilità ha stanziato solo 15 milioni di euro ma le domande solo per il 2014 sono state per più di 150 milioni di euro (10 volte in più dello stanziamento). Inoltre per ridurre il costo del lavoro l’azienda ha previsto il congelamento dei permessi retribuiti (Rol), degli scatti di anzianità (60% fino al 2018) oltre al contenimento/riformulazione di tutte le ore di permesso sindacali. Ma quando finirà il contratto di solidarietà quale sarà il futuro per oltre il 25% della forza lavoro dell’Azienda? Per il Consigliere comunale di Santeramo – Giovanni Riviello – << Qui c’è un’emergenza sociale, abbiamo 1500 esuberi e abbiamo sete e fame di politica, quella seria, quella che venga qui a dare delle risposte. A Santeramo abbiamo marciato in solidarietà con gli 800 concittadini dipendenti della Natuzzi, ma anche con tutti i loro colleghi che temono per il proprio futuro lavorativo e quello delle loro famiglie. Non siamo disposti ad arrenderci fin quando non sarà garantito il diritto al lavoro a tutti gli esodati per i quali l’Azienda Natuzzi ha percepito milioni di euro di soldi pubblici, per garantirne l’impiego, dal MISE e dalla Regione Puglia>>.

 

Maria Giovanna Depalma


Pubblicato il 30 Settembre 2015

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