Vita disperata di un portiere
“Alternò favolose prodezze a errori così madornali da sembrare voluti. In questo sgradevole sospetto lasciò molti che pure lo ammiravano”. Così Gianni Brera a proposito di Giuseppe Moro, uno dei più talentosi portieri italiani. Nel corso della sua lunga carriera cominciata nel 1937 e finita nel 1956 – militanza molto discussa e controversa per la sfrontatezza con cui stava tra i pali, per il difficile rapporto con allenatori e dirigenti e per il fatto d’essersi ripetutamente trovato al centro di scandali legati a partite ‘addomesticate’ – Moro vestì le maglie di nove società, tra cui l’A.S.Bari, e fece parte della Nazionale Italiana ai mondiali del 1950. Personaggio esuberante, amava l’intervento plateale, ‘numero’ nel quale eccelleva a ragione di mezzi atletici fuori dall’ordinario. Ma aveva un rendimento ondivago : Era capace anche nel corso di una partita di alternare interventi superlativi a papere colossali ; un limite, questo, che alla lunga allungò sulla sua figura – spesso più in là del necessario – l’ombra della combine. Brillava sui calci di rigore. Su un totale di 63 tiri dal dischetto riuscì a neutralizzarne 46, considerando sia quelli parati, sia i palloni tirati a fondo campo (era un drago nell’arte di indurre in errore gli avversari fintando di tuffarsi da una parte o saltellando sulla linea di porta come una marionetta). A Bari di rigori ne parò ben cinque, contribuendo con quelle ed altre prodezze alla sofferta permanenza in A del sodalizio biancorosso. Le sue quotazioni lievitarono al punto che l’anno dopo Moro passò al Torino per la cifra record di cinquanta milioni di lire. Ma con la maglia granata giocò solo una stagione. Moro non riusciva a mettere radici da nessuna parte. Amava la bella vita, sperperava il denaro o lo investiva in modo rovinoso. Era perennemente in bolletta. Ciò probabilmente lo spinse a prendere in considerazioni proposte disoneste da parte di colleghi, dirigenti o altre figure losche. La fama di giocatore corrotto lo accompagnò per tutta la vita. Quando appese le scarpe al chiodo tentò, ma senza fortuna, la carriera di allenatore. Si mise così a fare il rappresentante di dolciumi. In seguitò lavorò con la moglie in una fabbrica di calzature. Morì prematuramente il 28 gennaio 1974, all’età di 53 anni. La sua vita avventurosa e sofferta è ben raccontata in un libro di Mario Pennacchia uscito nel 2011 : ‘La vita disperata del portiere Moro’ (Edizioni I Libri di Isbn/Guidemoizzi). Il libro si basa sullo sfogo-confessione di Moro che il Corriere dello Sport raccolse in dieci puntate nell’autunno del 1965). Un libro prezioso, non solo per l’indovinato ritratto che si fa del personaggio, ma soprattutto per il fatto di strappare il velo sulla facilità con cui le partite venivano truccate negli anni cinquanta. I nostalgici di certo calcio sono serviti.
Italo Interesse
Pubblicato il 19 Luglio 2016