Per Ulisse rappresentava il lungo e tormentato viaggio verso casa, Hemingway seppe farne il proprio testamento spirituale, Conrad invece ne evidenziò, accanto alla pregnanza simbolica, l’imprescindibile valenza immaginifica e pittorica. Il mare è sempre stato per l’uomo di tutti i tempi uno specchio in cui riflettersi e perdersi, un banco di prova importante nella vita, alla ricerca di se stessi. Per Mauro Lo Castro Invece, psicologo calabrese autore dell’interessante raccolta “Vita Vista Mare”, il mare rappresenta forse una personalissima maniera di entrare in contatto e riappacificarsi con le varie parti d sé, in un mondo sempre più alienante e distorto, e di comprendere la bellezza dell’essere umano senza rinnegarne gli aspetti negativi e problematici. Lo Castro, autore di numerosi saggi e testi per l’istruzione, ha seguito e sviluppato i principi della impostazione teorica contemporanea neovygotskiana, che mette in evidenza la dinamica relazionale nella crescita psicologica della persona in specifici contesti sociali e culturali.
Cosa rappresenta il mare per te?
“Il mare rappresenta per me quel limite invalicabile, l’infinito insondabile che non ci è dato di superare o di combattere ma che possiamo soltanto accogliere ammirandone la bellezza sconfinata. Davanti al mare bisogna fermarsi, perché si muove continuamente, perché è più grande di noi. I limiti non vanno mai superati, vanno conosciuti per sondarne le potenzialità. Bisogna entrare nelle nostre paure. La distanza che io metto tra me e i miei pazienti rappresenta il limite attraverso il quale posso vedere i loro sogni e le loro speranze, aiutandoli a realizzarle.”
Perché dovremmo avere tutti una vita vista mare?
“Per riuscire attraverso il limite a guardare le nostre paure senza spaventarci e affrontandole. Non in maniera dura, ma dolcemente, proprio come ho fatto io in questo libro raccontando le mie esperienze di vita. Sono momenti in cui io sotto altra veste cerco di elaborarle. Questo libro è un elogio alla lentezza. Piano piano vengo a contatto con la mia sofferenza cercando di conoscerne i vari aspetti. La troppa paura impedisce di vivere, se io invece conosco ciò che mi spaventa, troverò la maniera più giusta per conviverci in maniera costruttiva.”
Dalla lettura di questo testo emerge una tua battaglia interiore personale molto passionale e intensa. È stato difficile trovare un equilibrio tra le varie istanze tormentate di te stesso?
“Il punto è che non credo esista un solo equilibrio personale, ma ne esistono molteplici che bisogna far convergere. C’è Mauro lo studente pieno di sogni, il dottor Lo Castro psicologo, l’amante, l’innamorato, il ragazzino impaurito, tante parti di me, talvolta contrastanti, ma che hanno qualcosa di importante da raccontare. In una delle mie storie si parla proprio di questa riconciliazione da cui viene fuori qualcosa di molto diverso da ciò che era prima.”
In alcuni dei tuoi racconti vi è quasi una dimensione fiabesca nella narrazione, come mai questa scelta?
“Quando Van Gogh dipinge il manicomio di Saint Rémy, il giorno dopo essersi tagliato l’orecchio, riesce a trasfigurarlo magnificamente e nonostante il suo terribile stato d’animo, ne fa qualcosa di una bellezza straordinaria. Da sempre la fiaba è stato un espediente eccezionale per avvicinarsi all’irraccontabile, per riuscire attraverso la trasfigurazione ad esprimere le distanze profonde del nostro inconscio, grazie al linguaggio noi possiamo dare dei vestiti nuovi alle nostre emozioni, come in Alice nel paese delle meraviglie. Quando la realtà è difficile da accettare l’approccio ad essa diviene più facile, come succede per alcuni traumi infantili. Alcune delle immagini e metafore usate si rifanno ad elementi medici e tecniche psicologiche che possono essere comprese solo dagli addetti ai lavori.”
Qual è stato l’aspetto più difficile da accettare nella tua vita, ma con cui sei riuscito a venire a patti?
“Credo il senso di delusione che mi derivava dalle troppe aspettative che riversiamo sulla realtà e sugli altri, e che in parte deriva dagli stereotipi nei quali siamo cresciuti e che ci sono stati insegnati. Comprendere invece che la vita vera non è questo, permette di riappacificarsi e ritrovare un percorso più sano e più in linea con i nostri reali bisogni. “
Quindi come possiamo riuscire ad avere una vita vista mare?
“Secondo me dovremmo iniziare a perdonarci e a guardarci con occhi più umani, cercando di scoprire quali sono i nostri reali desideri e chi siamo, al di là dell’imperativo comune della nostra società, che ci vuole perfetti ad ogni costo, sempre vincenti e competitivi. Rinunciare al desiderio di accettazione a tutti i costi degli altri, scegliendo uno stile di vita più sano in linea con noi stessi. Come diceva Socrate, non siamo né buoni né cattivi, dovremmo solo cercare di capire che la diversità nell’altro ( e aggiungerei in noi stessi) può essere solo arricchimento.”
Rossella Cea
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