Cultura e Spettacoli

Vito e Amalia, la storia riscritta

In piazza Cesare Battisti a Foggia si leva il principale teatro cittadino (vedi immagine). Fu inaugurato  il 10 maggio 1828 come Real Teatro Ferdinandeo. Il  22 settembre 1860 i fregi borbonici vennero sostituiti con quelli di Casa Savoia, facendo rinominare l’opera, Teatro Dauno. Infine, il 23 agosto del 1928 il Teatro Dauno venne dedicato a uno dei più illustri musicisti italiani. Nato a Foggia il 28 agosto 1867, a Foggia, da Ludovico, farmacista, e da Sabata Scognamillo, Umberto Giordano è passato alla storia per opere come Fedora e Andrea Chénier. Eppure così  brillante carriera iniziò con un insuccesso. Ciò risale al 21 febbraio 1892 quando al Teatro Argentina di Roma andava in scena ‘Mala vita’, su libretto di Nicola Daspuro. L’insuccesso fu attribuito al fatto che ‘Mala vita’ risentiva troppo dello stile di Mascagni (rielaborata, l’opera venne ripresentata il 10 novembre 1897 a Milano, al Teatro Lirico Internazionale con primo interprete un giovanissimo Enrico Caruso). In realtà a dividere pubblico e critica era stata l’audacia del soggetto : Siamo a Napoli nel 1810, il tintore Vito, amante di Amalia, una donna sposata, scopre di essere tisico. Per scongiurare la morte s’inginocchia davanti a un crocifisso e fa voto di sposare la prima prostituta che incontrerà. Incontra Cristina e le fa proposta di matrimonio. Cristina accetta. Ma Amalia, che non è affatto disposta a perdere l’amante, riesce a riprendersi Vito. L’opera si chiude con Cristina che, pur abbandonata e consapevole di dover tornare al postribolo, inginocchiata davanti allo stesso Crocifisso davanti al quale Vito si era impegnato, prega il Signore per la salute di Vito… A fare scandalo, considerati i tempi, erano stati due temi scottanti : l’adulterio di Amalia e il mancato rispetto del voto da parte di Vito. Ad aggravare le cose, l’esplicitazione del mestiere di Cristina e il fatto di parlare con troppa libertà di tisi, malattia all’epoca assai diffusa e per pregiudizio popolare associata all’idea di vizio e degradazione (erano gli anni di personaggi immaginari di grande richiamo come la Marguerite Gautier de ‘La Signora delle camelie’ di Alexandre Dumas figlio, la Violetta de ‘La Traviata’ di Giuseppe Verdi, la Mimì di ‘Bohème’ di Giacomo Puccini…). Nella versione del ’97, a parte alcuni correttivi stilistici nello spartito, il libretto – ancora a firma di Daspuro – tace a proposito del marito di Amalia, mentre  Cristina viene presentata nelle vesti di una donna nubile ma non più ‘pura’. Quanto alla tisi, ora Vito è “gravemente ammalato” e tanto l’espressione del suo voto che  l’ultima preghiera di Cristina avvengono con lo sguardo rivolto al cielo. Una curiosità : Nicola Daspuro era un altro pugliese. Nato a Lecce il 19 gennaio 1853, Daspuro fu giornalista, saggista e librettista. Scrisse per Il Secolo di Milano, Teatro Illustrato e Commedia Umana. Scrisse una biografia di Enrico Caruso, del quale fu anche agente teatrale. Firmò libretti famosi tra cui ‘L’amico Fritz’, musicato da Mascagni.   Genio versatile, Daspuro fu anche imprenditore edile (collaborò con Giovan Battista Comencini al progetto della Funicolare Centrale di Napoli).

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 28 Agosto 2021

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