Cultura e Spettacoli

Viva l’Italia! Le ultime parole del giovane partigiano

Due giorni fa ricorreva il 67esimo anniversario della morte di Dante Di Nanni, un partigiano caduto in combattimento a Torino a soli 19 anni ed insignito della medaglia d’oro al valor militare. Avantieri, il capoluogo piemontese, che al giovane ha intitolato una strada nel quartiere Borgo San Paolo, non ha dimenticato quel sacrificio. Come a suo tempo non lo dimenticarono Giovanni Pesce, che gli dedicò alcune pagine del suo “Senza tregua, la guerra dei GAP”, e gli Stormy Six, storica band della controcultura italiana degli anni di piombo, che a Dante Di Nanni dedicarono una canzone rimasta celebre. Un vuoto di memoria l’hanno invece avuto i media e le Istituzioni di casa nostra. Una cosa deplorevole dal momento che Dante, pur nato a Torino, era di origine pugliese. I suoi genitori venivano dalla nostra terra, da cui emigrarono ai primi del Novecento in cerca di fortuna. A 15 anni Dante dovette abbandonare la scuola per entrare in fabbrica, ma poi continuò gli studi frequentando un corso serale. A 17 si era arruolato in Aeronautica ed era Motorista presso il I Nucleo Addestramento Caccia quando lo sorprese l’8 settembre. Datosi alla macchia per non vestire la divisa dell’esercito repubblichino, entrò presto a far parte dei GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) al comando di Giovanni Pesce.  Il 17 maggio 1944, insieme ad altri compagni, attaccò una stazione radio repubblichina che disturbava le comunicazioni di Radio Londra. Prima di farla saltare, il commando gappista disarmò e graziò i nove militi che la presidiavano con la promessa che non avrebbero dato l’allarme. Quelli però non rispettarono la parola data, sicché ebbero buon gioco nel chiamare rinforzi e tendere una trappola. Assaliti da un reparto della Milizia ed uno di SS, i partigiani ebbero la peggio. Benché ferito gravemente, Di Nanni riuscì a scansare la cattura trovando rifugio nella base GAP di via San Bernardino. Grazie ad un informatore, tuttavia, i nemici lo individuarono e  circondarono la casa. “All’intimazione di resa rispondeva con supremo disprezzo aprendo il fuoco ed impegnando battaglia” ( dalla motivazione del conferimento della massima onorificenza al valor militare). Malgrado i nazifascisti fossero supportati da un autoblindo e un carro armato, Dante si difese strenuamente per tre ore. Buon tiratore, riuscì a colpire nove avversari ; lanciando tritolo e bombe a mano mise fuori combattimento i due blindati. Esaurite le punizioni, venne allo scoperto. Affacciato al balcone, fra l’incredulità degli assedianti che misero giù le armi, salutò col pugno alzato e gridando Viva l’Italia! si precipitò nel vuoto.
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Pubblicato il 20 Maggio 2011

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