Cultura e Spettacoli

Vlora, un po’ come la Exodus

Neologismo orrendo, il docufilm, questa formula cinematografica tutta contemporanea, spopola. La conferma viene dai consensi che sta incontrando ‘La nave dolce’, una pellicola di Daniele Vicari che mercoledì scorso è stata presentata allo Splendor. La nave in questione è il famoso mercantile Vlora, a bordo del quale nell’agosto del 2001 ventimila albanesi sbarcarono a Bari in cerca della Terra Promessa. Secondo uno schema consolidato il lavoro abbina immagini d’epoca a testimonianze dirette. Operazione ben promossa (il film ha già uno spazio su Wikipedia…), non è difficile pronosticare a questa produzione Apulia Film Commission riconoscimenti a iosa. ‘La nave dolce’ si segue con piacere e con qualche accento di passione. Le immagini di questo mercantile gremito all’inverosimile a noi hanno richiamato altra pellicola, “Exodus”, girata nel 1960 da Otto Preminger e interpretata da Paul Newman, premiata l’anno dopo con un Oscar (alla colonna sonora, a firma di Ernest Gold) e un Golden Globe (al miglior attore non protagonista, Sal Mineo). “Exodus” è trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo scritto nel 1958 da Leon Uris e ispirato a una storia vera. La Exodus è una nave divenuta tristemente celebre nel 1947. Salpata da La Spezia, trasportava in Palestina 4515 profughi ebrei scampati ai campi di sterminio. Ma le forze navali britanniche, intenzionate a bloccare l’immigrazione ebraica per ragioni di sicurezza, intercettarono la nave arrivando a speronarla (nell’incidente morirono alcuni profughi). Dopo un lungo giro nel Mediterraneo, non avendo alcuna nazione voluto accollarsi la pesante responsabilità politica di accogliere quei disgraziati, la Exodus dovette tornare in Germania, dove per ironia della sorte i profughi furono rinchiusi in un ex lager convertito in campo d’accoglienza per profughi e sfollati. Come si vede, una qualche analogia, fatte le dovute proporzioni, esiste tra le due storie : Due navi decrepite, sovraffollate, al centro di un caso internazionale, migliaia di persone deluse, costrette al rimpatrio dopo la permanenza dentro lager di fatto… Unica consolazione in mezzo a tanta mestizia, quel dieci per cento di albanesi che riuscì a farla franca sfuggendo all’abbraccio (armato) di Istituzioni carenti. Pur prodigo di scene amare, ‘La nave dolce’ anticipa nella serenità delle testimonianze il colore della primavera albanese. Tanto basta a rendere tollerabile il ricordo di giorni sgradevoli anche per le polemiche roventi che divisero le più alte cariche istituzionali (Cossiga, Presidente della Repubblica, diede in sostanza dell’incapace al Sindaco Enrico Dalfino, il quale rispose chiamandolo “sepolcro imbiancato”).

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 9 Novembre 2012

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