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“Vogliamo criteri più equi per le assunzioni o si aggraverà lo squilibrio tra nord e sud”

Le Università del Mezzogiorno d’Italia si coalizzano per opporsi fermamente ad una violazione dei principi costituzionali di uguaglianza, di autonomia universitaria e di sussidiarietà tra gli atenei italiani. Nella crisi che ha colpito l’Italia, a pagarne le spese è ovviamente il Sud Italia, le cui Università saranno vittime di ulteriori tagli finanziari. E così, alla luce dell’attuale situazione, l’Università di Bari, il Politecnico di Bari, di Foggia, del Molise e del Salento, hanno deciso di opporsi al “Decreto criteri e contingente assunzionale delle Università statali per l’anno 2013”. Pomo della discordia, la ripartizione dei fondi per finanziare le assunzioni nelle università italiane. Una dote di circa 300 milioni che, sulla carta, dovrebbe consentire a circa 400 professori e ad un buon numero di ricercatori, di ottenere il sospirato contratto. La realtà è che un po’ tutti gli Atenei del Sud rischiano di vedersi assegnare solo le briciole, mentre la maggior parte dei finanziamenti andrà, quasi esclusivamente, al Nord. Il tutto coperto dalla patina della premialità per gli atenei cosiddetti “virtuosi”. Una patina non sempre corretta e veritiera. Infatti “Per essere considerate Università virtuose – ha spiegato il neo rettore Antonio Uricchio – dovremmo aumentare le tasse universitarie, ma in tal modo non garantiremmo a tutti il diritto allo studio, senza contare che il contesto socio-economico che vige nel Mezzogiorno è nettamente differente da quello del Nord Italia. Qui non potremmo mai chiedere di più alle famiglie”. Inoltre, bisogna tenere anche conto degli 8mila studenti che sono esentati dal pagamento delle tasse universitarie o che godono di un trattamento privilegiato in virtù della propria condizione economica. “E’ indispensabile garantire il diritto allo studio e dare l’opportunità a tutti di poter studiare – ha poi proseguito il rettore del Politecnico Eugenio Di Sciascio – L’università deve mantenere il suo ruolo di ascensore sociale”. Inoltre, con la legge di Stabilità sono stati attribuiti al Fondo di Finanziamento Ordinario 150 milioni di euro. Si tratta di un aumento della dotazione delle università, al quale si sarebbe dovuto sommare quanto scritto nel precedente decreto del Fare, in cui si annunciava lo sblocco del reclutamento dei docenti universitari (un turn-over al 50% per il 2014, salendo fino al 100% del ricambio nel 2016). Ma così non sarà, infatti il governo interverrà da una parte rifinanziando le università con 150 milioni nel 2014, ma prevedendo risparmi per 182 milioni da qui al 2018. In sostanza, lo sblocco totale delle assunzioni per i docenti universitari arriverà solo nel 2018: nel 2014-15 si potranno assumere soltanto il 50% dei pensionati, e via via a salire fino al 2018. Alla luce del nuovo decreto, le Università del Sud Italia avanzano le seguenti proposte: l’immediato ripristino della clausola di salvaguardia, con la quale è stato previsto al massimo il 50% dei punti in organico relativi alle cessazioni dei rapporti di lavoro dell’anno precedente; l’immediata emanazione di un decreto per fissare il costo standard unitario di formazione per studente; l’applicazione del diritto allo studio che deve essere assicurato con un’adeguata copertura degli oneri finanziari e l’introduzione di un correttivo al reparto risorse, tenendo presente gli indici di deprivazione sociale elaborati dall’Istat, “parametri che potrebbero essere utilizzati per una più corretta ridistribuzione delle risorse – ha poi sostenuto il rettore Uricchio – Dal canto suo, la politica deve comprendere in quale modo vuole che la ricerca si evolva. Tra 10 o forse 15 anni non dovranno più esistere università di serie A e di serie B”.

 

 

Nicole Cascione

 


Pubblicato il 6 Novembre 2013

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