Cultura e Spettacoli

Vos quoque parentes e vita educitis vestros liberos!

“…/sì come quando il colombo si pone /presso al compagno, l’uno a l’altro pande /girando e mormorando, l’affezione /…”. (Dante, Par. XXV, vv. 19 – 21) “Pande”: mostrare, manifestare, rivelare. Cosa mostrano, manifestano, rivelano quei padri, quelle madri che massacrano i loro figli ? Che sono soggetti “borderline” (borderlaine), quanto meno, cioè, non, esattamente, definibili, trovandosi in una posizione intermedia tra due condizioni o stati definiti, al limite tra la normalità e la patologia. “Sed”, non di rado, sono soggetti, già, seguiti da strutture psichiatriche. Come la madre di san severino marche, separata dal marito, in causa col marito per l’affido del figlio tredicenne che ha ucciso con una coltellata al cuore. “Sono contenta di averlo fatto”, ha proclamato ai carabinieri la matricida, inconsapevolmente, mettendosi nei panni della Medea di Euripide che, al termine della omonima Tragedia, pur ammettendo di soffrire, Si dichiara, comunque, soddisfatta per la sofferenza al marito giasone causata. La Medea del Mito e della Tragedia di Euripide, dopo essere stata rifiutata da giasone, uccide per vendetta prima l’ex sposo, poi, la sua nuova sposa, infine, i figli avuti con giasone per sterminarNe la discendenza. I figli sono visti come oggetti, cose, di cui si rivendica la esclusiva proprietà e uccidere il figlio, la figlia, i figli è come usare uno strumento di potere nei confronti dell’altro coniuge, da cui un padre o una madre si è allontanato/a. Ecco, il delirio di onnipotenza che un padre o una madre evidenziano, nel farsi giudici supremi di vita o di morte dei loro figli. Atteggiamenti che riscontriamo nella leggendaria lucrezia, madre dei gracchi, che, orgogliosamente, sbatteva in faccia ai suoi interlocutori che i suoi figli erano i  suoi veri, inestimabili gioielli; nel “pater familias” romano il quale si considerava il padrone di tutti i componenti il suo “clan”: dai figli, alla moglie, ai buoi, agli schiavi e nella sua preghiera a giove c’era una sorta  di elenco gerarchico a cui il “leader” degli dei doveva dispensare la salute fisica (ai figli, di seguito alla moglie, ai buoi, agli schiavi) tutti, a vario titolo, indispensabili alla felicità della patriarcale istituzione. Non tutte  le madri o i padri abbandonati dalle rispettive “metà” uccidono i figli; quando tanto obbrobrio si verifica ci troviamo di fronte a personalità, psicologicamente, disturbate, senza ombra di dubbio o, ripetiamo, “borderline”, impedite nel dare equilibrio alle loro emozioni o a forme di depressione che, negativamente, brillano in seguito alla separazione. Oltre alla “Sindrome di Medea”, c’è la “Sindrome di Munchausen per procura”, ovvero i genitori s’inventano malattie, di cui il proprio figlio soffrirebbe, si pongono o si propongono in posa di méntori della “ipercura” nei suoi riguardi, arrivando a sottoporlo ad interventi terapeutici inutili, danneggiandolo in modo letale, perfino. Tipica azione omicidiaria del figlio o della figlia è quella che ha la sua scaturigine dalla depressione ”post partum”, definita “la ladra che ruba la maternità”, cosicché,  la puerpera non si “dona”, istintivamente, al figlio, lo rifiuta, può arrivare ad abbandonarlo, a sopprimerlo. Marida Lombardo Pijola, Rifacendosi agli americani, Appella l’abisso di codesta forma di depressione “baby blues, come se fosse un pezzo musicale”. Dall’ atteggiamento nei riguardi della propria creatura di madri siffatte Impariamo la Verità che fare la madre o il padre non è un’attitudine innata; tutto ciò che all’uomo appartiene è una impegnativa Conquista. S’impara ad essere padre e madre, mentre la più parte dei maschi e delle femmine pensano, presumono di esserlo solo perché, accoppiandosi, gli opposti genitali, deterministicamente, si mettono in condizione di procreare carne, molto spesso, da macello. Anche tra gli animali, che  vengono segnalati come portatori di grande, innato trasporto genitoriale, diciamo, l’uccisione della prole è molto praticata: ad esempio, la cagna mangia i propri piccoli, quando si trova in una situazione di “stress”; il leone divora i cuccioli per potersi, nuovamente, accoppiare con la femmina madre che durante l’allattamento non è, sessualmente, attiva. Inoltre, ci sono madri che odiano il proprio figlio a tal punto da cancellarlo, assassinandolo, in quanto la esistenza di esso è legata ad un episodio traumatico vissuto da loro in passato: di violenza, di stupro. Il figlicidio non è un crimine trattato solo nella modernità o nella  contemporaneità; la Storia, l’Antichità Greca, soprattutto, ne sono  inseminate. Le “Cosmogonie“ e le “Teogonie” pullulano di padri, come crono e urano, che divorano i loro figli, li sotterrano per timore di essere da essi spodestati. Nella Tragedia di Sofocle, “Edipo re”, laio, re di Tebe, essendogli stato vaticinato che sarebbe stato ucciso dal Figlio Edipo, se e quando Costui fosse diventato adulto, Lo affida a un fido pastore, autorizzandolo a sopprimere la sua creatura. Il pastore disattende l’ordine del re e Edipo, cresciuto negli anni e in forze, coinvolto in circostanze, ordite dal fato, senza volerlo, Si Fa esecutore del vaticinio di morte che pendeva sulla vita del padre. Non mancano figlicidi necessari per testimoniare la fede inconcussa a dio o perché la “ragione di stato” li richiese. Il primo è raccontato nella “Bibbia”, il secondo da Lucrezio nel “De rerum natura”. A bersabea isacco fu portato da suo padre abramo sopra un monte nel territorio di moriah per essere sacrificato al signore che, in seguito ad una esplicita richiesta del patriarca, lo volle mettere alla prova sulla intensità della sua fede. Vista la grande, inossidabile fede di abramo, il racconto biblico ci informa che dio risparmiò la vita di isacco, e al suo posto abramo offrì in sacrificio, in olocausto a dio un montone che, per caso, era apparso tra le sterpaglie del monte. Con Lucrezio Ci Sentiamo di Sacramentare: ”Tam religio potuit suadere malorum” (A quali e quanti delitti poté spingere la religione!). La flotta greca era ferma al porto di aulide ché venti contrari ne impedivano la partenza. Il sacerdote calcante spiegò che l’ira degli dei poteva essere placata se agamennone sacrificasse sua Figlia, Ifigenia, ad artemide (diana per i romani). Il Mito (Racconto delle gesta di dei, di eroi leggendari con cui si spiegano, simbolicamente, le origini del mondo, dell’umanità, di un popolo, di istituti sociali, di valori culturali, oppure la scoperta di arti, di tecniche, ecc.) e, in particolare, la sorte di Ifigenia sono stati Riportati in modo diverso dai Poeti Greci e Latini. Per il Poeta Romano, Lucrezio,(1° secolo a.c.) il sacrificio di Ifigenia è il simbolo della crudeltà a cui l’uomo giunge in nome di dio e della religione, che diventa superstizione e strumento di potere, non fede serena e rassicurante. “… fu sollevata dalle mani degli uomini e fu condotta tremante verso gli altari, non perché potesse essere accompagnata in un luminoso imeneo ma pura impuramente cadesse a terra come triste vittima per il colpo del padre, affinché fosse data partenza fortunata e favorevole alla flotta. “Tam religio potuit suadere malorum”. Abbiamo, sopra, Detto che non poche madri non riconoscono, rifiutano, abbandonano il figlio, frutto, di una violenza, di uno stupro e, se, pur, lo tengono con loro, gli impongono maltrattamenti psichici e fisici fino ad ucciderlo. Luigi Pirandello nel 1917 Scrisse una Commedia dal Titolo “L’innesto” in cui con grande anticipo sulla fecondazione assistita e l’utero in affitto Sfiora Temi, certamente, troppo avanti rispetto a una società non in grado di CoglierNE le  Sfumature e di CavalcarNe gli Interrogativi. Questa Commedia è la Dimostrazione Incontrovertibile che Ciò che è nel Regno dell’Immaginazione Poetica è nel Regno della Realtà Scientifica e Tecnologica.  Il Mito di Icaro, Leonardo e i suoi Studi sul volo degli uccelli, per costruire macchine che l’uomo potessero far volare, Inverano il seguente Assioma: “Nihil est Scientiae atque Artis in Incremento quod prius non fuerit in Cogitatione Poetarum (Niente è nel Progresso della Scienza e della Tecnica che non sia stato nell’Immaginazione dei Poeti). Del resto, Iules Verne con i suoi Romanzi (Viaggio al centro della terra, Dalla terra alla luna, Ventimila leghe sotto i mari), ambientati nell’aria, nello spazio, nel sottosuolo, nel fondo dei mari, Ispirò Scienziati e Applicazioni Tecnologiche delle epoche successive. Ancora, Gli Uomini e le Donne che Vivono nella Poesia di tutte le Arti Nobili sono di gran lunga più Veri e Reali (Homines sunt et nihil umani a Se alienum Putant) della gran parte degli sciacquini e delle sciacquine  con cui i Pochi Giusti e di Buona Volontà dovettero, devono, quotidianamente, fare i conti. Laura Banti, recatasi a dipingere in un parco di roma, subisce uno stupro e lei, che in  sette anni di matrimonio non ha avuto figli, rimane incinta a causa della violenza sessuale. Il marito Giorgio vuole farLa abortire, ma Laura non rinuncerà ad essere Madre al punto che preferirà abbandonare il marito. Allora, Giorgio Capirà che sta perdendo quell’Amore, di cui ha Goduto solo Lui, che Si Riverbera nel Figlio che deve Nascere. Quell’amore profondo Lo Farà Sentire come Suo! Ciò che ha subito la Moglie è stato come un “Innesto” che ferisce la pianta, ma le farà dare nuovi e migliori frutti.

Filippo: A occhio chiuso. Questo è l’innesto a occhio chiuso, che si fa d’agosto. Perché c’è poi quello a occhio aperto, che si fa di maggio, quando la gemma può subito sbocciare.

Laura (con infinita tristezza): Ma la pianta ?

Filippo: Ah, la pianta, per sé, bisogna che sia in succhio, signora! Questo, sempre, ché  se non è in succhio, l’innesto non lega.

Laura: In succhio ? Non capisco.

Filippo: Eh, sì, in succhio. Vuol dire… come sarebbe ?… in amore, ecco, che voglia…che voglia il frutto che per sé non può dare!

Laura (interessandosi vivamente): L’amore di farlo suo, questo frutto ?  del suo amore ?

Filippo: delle sue radici che debbono nutrirlo, dei suoi rami che debbono portarlo.

Laura; del suo amore, del suo amore! Senza sapere più nulla, senza più nessun ricordo donde quella gemma le sia venuta, la fa sua, la fa del suo amore ?

Filippo: Ecco, così, così.

 

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it


Pubblicato il 30 Dicembre 2014

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