Zeppole, una prelibatezza apprezzata anche da Goethe
Si parla di un dolce per la prima volta citato in un anonimo ‘Ricettario di medicina popolare in romanesco’ della prima metà del Quattrocento
L’etimo è incerto, l’origine regionale è contesa fra Lazio e Campania, il suo consumo può anche prescindere dal giorno di San Giuseppe. La zeppola, questo dolce dalle origini oscure quanto remote, è citata per la prima volta in un anonimo ‘Ricettario di medicina popolare in romanesco’ della prima metà del Quattrocento. Parlano poi della zeppola Bartolomeo Scappi, cuoco del papa Pio V (‘Opera dell’arte del cucinare’, 1570) e Vincenzo Agnoletti (‘Nuovissima cucina economica’, 1803), un altro cuoco romano, al servizio di Maria Luigia Duchessa di Parma. La prima ricetta della zeppola la troviamo all’ombra del Vesuvio in un trattato di cucina redatto nel 1837 dal celebre gastronomo partenopeo Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvino, il quale si limita a dire che la zeppola ha “origini conventuali” (a disputarsi il primato sono quattro ordini : di San Gregorio Armeno, di Santa Patrizia, della Croce di Lucca e dello Splendore). La zeppola, poi, non è sconosciuta all’estero : Negli USA essa sbarcò con i primi flussi migratori. E tanto vi mise radici che nel 1993 il New York Times indicava la zeppola come un simbolo della pasticceria italiana nel mondo (ed è vero che essa viene servita, e per tutto l’anno, come una prelibatezza nei miglior ristoranti di Manhattan). Qualche curiosità, infine : La zeppola ha trovato spazio persino nel repertorio lirico. In ‘I corsari damigelle’, opera buffa composta nel 1846 da Francesco Terraciano su libretto di Carlo Zenobi Caffarecci, si canta : “Verranno a te sull’aure / i miei vapori ardenti / udrai sul mar che fricceca / l’eco dei miei spaventi / penzanno che le zeppole /me so piaciute ognor “. Tra i più lontani ‘testimoni’ della zeppola va inserito niente meno che Goethe. Capitato a Napoli il 19 marzo 1787, il grande letterato dedica alla zeppola – che non cita con questo nome, evidentemente non conoscendolo o avendolo dimenticato – uno stralcio del celebre ‘Viaggio in Italia’ : “Oggi è stata anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i friggitori, ossia di quelli che commerciano in paste fritte. Poiché sotto l’olio nero che frigge si alzano continuamente delle grandi fiammate, tutti i tormenti del fuoco entrano nella giurisdizione di costoro; così, fin da ieri la gente ha addobbato alla meglio le facciate delle case di quadri rappresentanti le anime del purgatorio e il Giudizio Universale, rosseggianti e fiammeggianti tutt’all’intorno. Grandi padelle poggiano davanti a ogni porta su leggere fornacelle. Un garzone fa delle ciambelle e le getta nell’olio grasso e bollente. Accanto alla padella, un terzo ritira mediante un forchettone le ciambelle man mano che escono fritte, le passa a un quarto sulla punta di un altro forchettone, e quest’ultimo le offre ai passanti. Il terzo e il quarto di questi garzoni portavano parrucche bionde e inanellate, che ai passanti parevano gli attributi degli angeli. Altri individui completavano il gruppo, offrivano del vino ai friggitori, bevevano essi stessi e strillavano a meraviglia: angeli, cuochi, tutti strillavano. La folla si pigiava, anche perché ogni sorta di fritto si vendeva in questo giorno più a buon mercato; una parte dell’utile va anzi distribuito ai poveri.” Venendo al presente, questo inconfondibile dolce dall’impasto tondeggiante e avvolgente divide i ‘puristi’ : fritta o al forno ? e la crema, dev’essere della varietà chantilly o pasticciera ? E anche a proposito del frutto decorativo all’apice non tutti riconoscono lo strapotere storico dell’amarena. Da qualche tempo, poi, ‘va’ la versione in modalità gelato artigianale. Con dolore registriamo ‘derive’ salate ad opera di panettieri irriverenti.
Italo Interesse
Pubblicato il 19 Marzo 2025