Cultura e Spettacoli

Attorno alla ‘madrina’ il musical-noir

In principio fu la donna, altro che. Dopo millenni di servaggio, Ella si desta, si riprende il suo, comincia a ribaltare posizioni, minaccia di ristabilire lo status quo ante. Fa più meraviglia, allora, che il potere-ombra (quello della malavita organizzata) stia slittando sul femminile? Sicché, se maschi-machi continuano a rappresentare l’aspetto pubblico di un sistema strisciante e parallelo a quello socialmente corretto, donne implacabili ed arcaiche rappresentano dello stesso sistema l’eminenza grigia. Il presente rapporto di forze, lo stesso che ha fatto da impalcatura a numerosi successi del cinema noir, è centrale a ‘Dancing Italiano’, un musical di Giuseppe Convertini che mercoledì scorso ha debuttato al Castello Dentice Di Frasso di Carovigno. ‘Homme fatal’, Beniamino Rosati è il bello-di-mamma della situazione, un gangster italo americano che fa del suo Dancing Italiano il paravento a traffici illeciti. Più che manovrarlo, la madre lo ‘ispira’. Quando il figlio soccombe al giro estorsivo che ha messo in atto, la vecchia deve cedere il bastone del comando alla nuova ‘madrina’, la nuora. Tanto fa immaginare il meccanismo destinato a ruotare su sé stesso e a replicarsi. Il senso della circolarità colora l’opera di Convertini. A rappresentarlo è la centralità – intesa pure come ossessiva presenza  scenica – della figura materna, rappresentata da un’intensa Anna Maria Lanzilotti. A ribadirlo è ancora alito femminile, questa volta attraverso il gesto, la parola e il canto di una ben versatile Eugenia Verdaguer, qui impegnata in un delicato compito di raccordo tra i tanti spunti di un testo piuttosto ricco. ‘Dancing Italiano’ non concede di rifiatare (a sé stesso come alla platea), tanto è scoppiettante, vivace. Vivacità che avrebbe trovato maggiore fluidità e valorizzazione senza l’ostacolo delle contenute dimensioni del palco ; che sono cento metri quadri per trenta attori chiamati in scena collettivamente? A parte questi limiti strutturali, uno spettacolo ambizioso, pieno di grinta, a volte duro, greve, amaro, episodicamente divertente – gustose le goffe deposizioni processuali dei ‘picciotti’ – anche evocativo (buona la trovata di una giacca bianca a simboleggiare le vuote fasce di un neonato come le spoglie mortali di un maschio che a ben guardare esiste solo allo specchio, non nella sostanza, ciò al contrario che nel caso dei vampiri). Toccante l’eroismo del cast, chiamato ad uno stremante cantare, danzare e recitare, meritatamente ripagato dal calore della folta platea. Non meno encomiabile il lavoro dei tanti – troppi da citare al pari degli interpreti – che dietro le quinte hanno svolto un lavoro tanto oscuro quanto prezioso. Alla fine dei conti, il temerario Convertini vince la sua scommessa di fare le nozze coi fichi secchi. Allestire a Carovigno, con pochissimi soldi e senza professionisti  un spettacolo di buona qualità, atteso pure ad una piccola tournée (30 luglio San Michele Salentino, 10 agosto Ostuni, 15 agosto Ceglie Messapica) è impresa, oggi.
 
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Pubblicato il 30 Luglio 2011

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