Cultura e Spettacoli

L’inverosimile orsa di Pitagora

La possibilità che in era precristiana la Puglia fosse popolata dagli orsi troverebbe conferma nelle parole di Giamblico, autore di ‘Vita di Pitagora’

C’erano gli orsi in Puglia, una volta ? Si ritiene di sì, specialmente nel Sub Appennino Dauno, dove a 635 metri di quota, al confine con la Campania, svetta un piccolo centro dal toponimo significativo: Orsara… C’è poi chi a tale proposito chiama in causa addirittura Pitagora. E’ noto che il grande filosofo e matematico greco (sempre che non sia nato a Samo di Calabria) non lasciò traccia dei suoi insegnamenti. Di lui parlarono soprattutto autori successivi come Porfirio e Giamblico. Quest’ultimo scrisse una ‘Vita di Pitagora’, opera che si presenta come un dialogo fra il grande pensatore e Porfirio, un filosofo neoplatonico. Nel corso del dialogo si legge quanto segue : “A quanto si dice, Pitagora catturò l’orsa daunia che faceva gravissimo scempio tra la popolazione: dopo averla accarezzata a lungo, le diede da mangiare focacce e frutti e le fece giurare che non avrebbe più toccato un essere umano, quindi la lasciò andare ; quella subito si allontanò alla volta delle montagne e dei boschi, e da allora non la si vide più assalire neppure un animale.” … Tale inverosimile dialogo, che sembra anticipare quello fra San Francesco e il lupo, dove avrebbe avuto luogo, sulle pendici della Daunia ? E molto improbabile che Pitagora si sia così allontanato dalle coste ioniche dove condusse la maggior parte della sua vita. Meno irragionevole è che ad una qualche fiera/mercato a Taranto o altrove egli abbia potuto ammirare dentro una gabbia un’orsa di pessima fama catturata sui monti Dauni e che le abbia ‘parlato’. Credendo nella metempsicosi, Pitagora era convinto che alcune anime si reincarnassero in animali. Per tale motivo, come si evince da alcuni versi delle ‘Metamorfosi’ di Ovidio, egli fu l’iniziatore del vegetarianesimo, oltre che il primo antico a scagliarsi contro il costume di cibarsi di animali. Per cui, come poi sostenuto da Diogene Laerzio, era solito mangiare pane e miele al mattino e verdure crude la sera ; in più implorava i pescatori affinché ributtassero in mare quello che avevano appena pescato. Ancora Diogene Laerzio riporta (attribuendolo a Senofane) un episodio in cui Pitagora difese un cane dai maltrattamenti del suo padrone poiché aveva riconosciuto nell’animale l’anima di un suo amico scomparso… Quanto al finale dell’amena testimonianza di Giamblico, davvero vogliamo credere che l’orsa, una volta ‘redenta’, potette fare ritorno ai suoi boschi ? Premendo la fantasia come un limone, si può immaginare Pitagora che acquista l’orsa, le fa il predicozzo e quindi la lascia libera di tornare al suo habitat. Più concretamente, Giamblico dovette ricamare intorno alla dimestichezza di Pitagora con gli animali, cui evidentemente aveva l’abitudine di rivolgersi come in presenza di un essere umano. Una dimestichezza che, a pensarci bene, oggi hanno in molti, soprattutto con i cani.

Italo Interesse


Pubblicato il 27 Aprile 2024

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