Cultura e Spettacoli

A Carbonara, Romeo e Giulietta

La storia di Romeo e Giulietta non ha tempo. Appartenendo alla storia dell’uomo già dai tempi delle piramidi, essa non poteva escludere l’era globale ; e se dovesse questa società confermarsi irragionevole anche in futuro, lo stesso dramma la insanguinerà. In ‘Memorie storiche di Carbonara di Bari’, opera di Giuseppe De Marinis, si fa cenno a una sapida vicenda d’amore che ebbe luogo a casa nostra una trentina d’anni prima che Shakespeare scrivesse la sua più celebre tragedia. L’antefatto della vicenda non può essere trascurato : Il 14 marzo 1557 Bona Sforza, duchessa di Bari, faceva la chiesa di San Giuseppe di Carbonara, allora all’interno dello scomparso castello di quella ‘Università’, oggetto di un ricco dono : un drappo di seta a “velo bianco ricamato a filetti d’oro e d’argento”, un crocifisso, sei candelabri, una grande lampada (tutti d’argento massiccio) più quattro “palme di tessuto fiorato”. Subito correva voce che i baresi, ingelositi di tanto regalo, meditassero un furto. Non era vero, tuttavia bastò perché i carbonaresi rimanessero sul chi vive per anni. Nel 1565,quando già Bona Sforza era morta, in occasione della festa di San Nicola convennero a Carbonara molti baresi, vuoi per devozione, vuoi per svago. Tutto filò liscio sia durante la processione che nel corso della messa serale. Ma al termine della funzione, ecco tra i fedeli che si accalcano nel piccolo tempio “come di mar che mugghia per tempesta se da contrari venti è combattuto” scatenarsi lo scompiglio : si grida, si piange, ci si spintona… Che succede?! Nella generale confusione con la rapidità di una lingua di fuoco che si faccia strada in mezzo alla paglia prende corpo una voce : I baresi sono venuti a rubare il tesoro di San Giuseppe! I carbonaresi non perdono tempo, corrono a casa, prendono bastoni e armi da taglio e si mettono a caccia del nemico. Qualcuno muore. A interrompere la strage interviene il prete che uscendo di chiesa innalzando il crocifisso placa gli animi prima di spiegare cosa veramente è successo : Nessun furto, bensì una ‘fuitina’. La figlia del carbonarese Angelo Antonio Scavo, innamorata di un non gradito giovane di Bari, approfittando della calca che si era creata alla fine della messa aveva eluso la sorveglianza della madre della ragazza per fuggire con l’innamorato. Le urla e gli strepiti della madre e degli altri famigliari avevano messo in moto il sanguinoso equivoco. Tornata la calma, tutti rientrano, inclusi i baresi malconci i quali subito si rivolgono alla Legge. L’indomani, puntuale, da Bari arriva la “Forza armata” che mette agli arresti trentasei carbonaresi. Invano a Carbonara si richiede il rilascio degli arrestati. Allora ci si rivolge a Filippo II, nel frattempo succeduto a Bona Sforza. L’istanza di clemenza riconosce ogni addebito ma invoca pure clemenza. Perché prendersela con trentasei malcapitati  piuttosto che con “l’intiero” popolo di Carbonara caduto in errore? D’altra parte, si poteva arrivare a tanto?… Filippo II fu clemente e subito dispose che i carcerati fossero “ridonati alle gioie della libertà e della famiglia”. De Marinisi non aggiunge altro. Come andò a finire la fuga di quei due giovani? Forse avvertendo il peso degli enormi guasti prodotti dal loro gesto non fecero più ritorno.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Dicembre 2013

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