Cultura e Spettacoli

‘A mani in petto’, figurine e brividi

Ci sono stati anni in cui la passione per il calcio tra i ragazzi ha toccato vertici oggi impensabili. Si giocava su campi abbandonati dagli agricoltori, con palloni resi irregolari dall’uso reiterato e che a ogni foratura venivano rappezzati e ricuciti dai calzolai ;  non  esistevano divise, docce o scarpe bullonate (scarpe vecchie andavano benissimo). E la partita, quella vera, quella disputata dai divi della domenica, quando ancora non esisteva la Domenica Sportiva, o la vedevi allo stadio o ti dovevi contentare di fuggevoli immagini da cinegiornale. Esisteva però un valido surrogato : le figurine. Con le figurine si ‘chiudevano’ album che erano l’invidia di tutti, perché solo chi poteva spendere arrivava a completare quelle collezioni. Chi si ritrovava in mano centinaia di doppioni ed era lontanissimo dall’ultima figurina, rinunciava agli scambi e si dava al ‘gioco’. Giocare alle figurine era un classico da maschiacci, da monelli, da ragazzacci. Si giocava per strada, qualche volta a scuola se la Maestra era assente. La fantasia partoriva  formule stravaganti. Di queste, tre avevano diffusione nazionale. La più comune ero ‘lo schiaffo’. Funzionava così : Un giocatore sfidava l’altro dicendogli di posare a terra o su un tavolo più figurine una sull’altra. Se dando uno schiaffo a terra senza toccare le carte riusciva a voltarle tutte per effetto dello spostamento d’aria, il mazzetto era suo. Servivano tecnica e palme robuste per riuscire a girare cinque carte. Solo i ‘campioni’ arrivavano a dieci. Una formula più ‘gentile’ consisteva nel far cadere vicino a un muro la propria carta. Quella che si posava più vicino alla parete vinceva tutte le altre ; qui non era questione di tecnica. Un altro gioco di pura fortuna e che in qualche modo scimmiottava i giochi d’azzardo dei ‘grandi’ prevedeva che due giocatori innalzassero una colonnina dello stesso numero di giocatori. Ciò fatto si procedeva allo ‘scarto’. Il secondo che girasse un calciatore della stessa squadra aveva diritto a togliere all’avversario dieci figurine ; in caso di doppione poteva mettersi in tasca l’intera colonnina del contendente. Anche qui, una questione di mera fortuna. C’erano però altre formule dove il caso si coniugava con l’astuzia psicologica. A Bari, e qui veniamo alle varianti regionali o locali, si giocava ‘a mani in petto’. Un giocatore voltando le spalle all’avversario, poneva nel palmo da uno a cinque giocatori e se lo premeva sul petto. Allora si voltava. Adesso toccava all’altro indovinare quante carte quello nascondesse. Indovinando si vincevano le carte nascoste in petto. In caso di errore toccava rimettere tanti giocatori quant’era l’approssimazione. Per esempio, se uno diceva : uno! e invece le carte erano tre, perdeva due ‘pezzi’. E attenzione, alcuni baravano. Se dicevi cinque e l’altro in mano ‘teneva’ zero, eri bell’e fritto. Cose di ragazzi.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 6 Giugno 2013

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