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Lo “stop” del Governo agli scandalosi emolumenti degli amministratori di quartiere

A Bari l'esagerato costo dei politici di un inesistente e finto decentramento avrà un freno. Il tutto grazie a un recente articolo inserito nella legge che ha indetto le elezioni amministrative ed europee dell'8 e 9 giugno prossimi

L’abolizione delle indennità per gli amministratori di quartiere è una decisione che tanti baresi bene informati sui costi politici inutili e sullo sperpero di denaro pubblico a Bari, per un decentramento finto e praticamente inesistente, attendevano da tempo e ad attuarla recentemente è stato il governo Meloni che, facendosi interprete di un’opinione ormai assai diffusa tra la gente delle grandi città con oltre 250mila abitanti, ha provveduto ad abolire le “indennità di servizio” riconosciute agli eletti nelle mini-assemblee di decentramento comunale, con un apposito articolo inserito nella legge n.38 del 2024. Istituti, i consigli di Municipio (o vecchie Circoscrizioni, che dir si voglia), che – come è noto – non hanno, tra l’altro, personalità giuridica perché sono solo una sorta di “ufficio interno” sia pur elettivo del Comune e che, come nel caso di Bari, da oltre quarant’anni non hanno e non hanno mai avuto alcun concreto potere decisionale, ma solo meramente consultivo. La norma che blocca le indennità ai rappresentanti di quartiere (Presidenti e consiglieri di Municipio) è entrata in vigore a fine marzo scorso e spiegherà i suoi effetti sicuramente per gli eletti negli organi di decentramento comunale alle prossime amministrative, mentre è in fase di approfondimento se è applicabile già dal 1° Aprile per quelli in carica oppure no, visto che l’articolo in questione è stato inserito nella legge di indizione delle prossime elezioni amministrative. Infatti, con questa nuova norma non saranno più le singole Amministrazioni comunali a stabilire le indennità dei rappresentati Municipali (o Circoscrizionali che siano), ma sarà il Ministero degli Interni a stabilire i criteri e le modalità con cui i Comuni potranno riconoscere indennità e gettoni di presenza agli amministratori degli organi di decentramento comunale, specificando che tali emolumenti non dovranno determinare complessivamente una spesa che il Comune può sostenere applicando le indennità ed i tetti di spesa previsti dall’articolo 82 del Tuel (Testo unico degli enti locali) ai Consiglio circoscrizionali. In altri termini, le indennità che il Comune potrà riconoscere agli amministratori di quartiere dovrà essere necessariamente essere parametrata all’effettiva capacità di gestione e spesa di queste mini-assemblee di quartiere e non più a prescindere, come è accaduto finora soprattutto a Bari, dove – come è noto – i 5 Municipi di decentramento cittadino hanno una capacità autonoma di spesa che si aggira introno ai 96mila Euro l’anno per ognuno i essi, mentre il costo politico effettivo (tra emolumenti diretti ed oneri aggiuntivi) di ciascuno di questi organismi, per la collettività barese, è addirittura di sette od otto volte superiore a detta cifra. Quindi, il governo Meloni su questo tema, con la norma in questione, ha affidato al Viminale una sorta di “spending review” sui costi inutili della politica negli enti delle grandi città, come Bari, che ancora tengono in vita organi di decentramento comunale che dal 2010 non sono più neppure obbligatori per legge (come era in precedenza, quando l’elezione del sindaco non avveniva direttamente dal corpo elettorale bensì in Consiglio comunale), ma facoltativi e per i soli Comuni superiori a 250mila abitanti. Infatti, nel meridione d’Italia (compreso le due grandi isole), le uniche città in cui ancora esistono istituti politici interni al Comune per l’attuazione del decentramento sono soltanto Napoli, Palermo, Bari e Catania. Per quanto riguarda Bari, inoltre, va rilevato che il costo dei politici dei cinque Municipi cittadini di un inesistente decentramento è addirittura scandaloso, in quanto Bari essendo capoluogo di Regione e capofila dell’omonima “Città metropolitana” (ex Provincia di Bari). l‘indennità mensile del sindaco, con gli ultimi aumenti riconosciuti con la legge di Stabilità del 2022 dell’ex governo Draghi, è pari a quella del Presidente della Regione ed essendo, inoltre, le indennità dei Presidenti e consiglieri di Municipio parametrate a quella del Primo cittadino, il Comune dal 1° gennaio 2024 corrisponde ai rappresentanti di Municipio emolumenti che talvolta superano financo i compensi di sindaci e consiglieri comunali di centri medio-grandi, come Altamura, Bitonto e Molfetta, le cui incombenze e responsabilità (non solo politiche!) sono notoriamente di gran lunga maggiori degli esponenti di un Municipio di decentramento barese, il cui compito principale è quello di limitarsi ad un parere od a segnalare ciò che in effetti dovrebbe essere effettuato, invece, da agenti della Polizia Locale, o dai dipendenti di appositi uffici del Comune. Quindi, in definitiva, a cosa ed a chi serve mantenere in vita a Bari gli organi politici di quartiere, quali sono per l’appunto i cinque Municipi di decentramento comunale? Decentramento che, con l’introduzione nel 1993 dell’elezione diretta dei sindaci, in realtà non ha più alcun senso e che potrebbe essere superato con la nomina da parte del Primo cittadino di un delegato di quartiere di propria fiducia o, comunque, di fiducia della maggioranza politica di turno che amministra il Comune. Infatti, a Bari abbiamo già visto – tra l’altro – i paradossi e le contraddizioni determinate dalla presenza di un sindaco di colore politico opposto a quello del suo “delegato” di Municipio, eletto contestualmente anche quest’ultimo a suffragio diretto. Pertanto, nel capoluogo pugliese (unico Comune in Puglia ad aver mantenuto ancora in vita, dopo il 2010, gli istituti di decentramento!) il decentramento più che attuato, considerato anche le dimensioni stesse della realtà comunale barese (meno di 320mila abitanti!), andrebbe riformato ed i relativi organi politici attuali (i cinque Consigli di Municipio) aboliti. Cosa che è possibile fare con una delibera di Consigli comunale. Però, finora nulla di ciò è stato fatto. Le due Amministrazioni succedutesi a Bari dal 2010 ad oggi, ossia Michele Emiliano prima e Antonio Decaro dal 2014 in poi, hanno preferito mantenere in vita un finto e praticamente inesistente decentramento comunale, con l’aggravante che dal 1° gennaio del 2022 ad oggi i costi dei politici presenti nei cinque Municipi cittadini si sono addirittura raddoppiati per il Comune. Ora, però, a mettere un freno a questo scandaloso sperpero di denaro pubblico pare che ci abbia pensato il Governo nazionale, con l’articolo introdotto nella legge che ha fissato l’appuntamento elettorale dell’8 e 9 giugno prossimo. Un appuntamento per il quale a Bari, dove – come è noto – si voterà anche per eleggere presidente e consiglieri di Municipio, oltre che per il Comune ed il Parlamento europeo, le forze politiche si stanno già preparando anche per le liste da presentare per i Municipi, dove i nomi da candidare servono unicamente per fare da “portatori di voti” ai candidati al Comune. Ed è questo ancora l’unico e vero scopo per cui quasi sicuramente dal 2010 né Emiliano, né Decaro non hanno voluto abolire gli organi politici di un finto ed inesiste decentramento amministrativo. Infatti, in tutti i quartieri di Bari i nomi ed i volti dei candidati da mettere in lista per i Municipi, o per completare dette liste, vengono il più delle volte arruolati con promesse di ogni tipo o, in alternativa, con incentivi di varia natura, ma soprattutto economici. Ma questo è un altro discorso. Però, “usque tandem abutere patientia populi?”. Ovvero, fino a quando i governanti comunali baresi continueranno ad approfittare della pazienza del popolo?

Giuseppe Palella


Pubblicato il 25 Aprile 2024

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