Cronaca

Emiliano favorevole alla riforma che estromette i magistrati dalla politica

Per Michele Emiliano, ex sostituto procuratore a Bari ed attualmente Presidente della Regione Puglia, la riforma dell’ordinamento giudiziario all’esame del governo Draghi sulle cosiddette “porte girevoli” magistratura-politica, rimuove una “assurda ipocrisia per la quale –  come nel suo caso – chi è stato per anni prima Sindaco e poi Presidente di Regione, e quindi formale leader politico non solo di un partito, ma addirittura di una coalizione, non può partecipare alla vita del ‘suo’ partito, visto che si viene eletti solo in liste di partito o in coalizioni di partiti”. Infatti, il governatore pugliese ha poi commentato: “se questa riforma fosse stata già in vigore, non avrei dovuto subire il procedimento disciplinare per la sola colpa di essere stato iscritto ad un partito”. E sottolineando: “Si badi bene per la sola banale ragione di avere una tessera”. “In questa situazione – ha rilevato inoltre Emiliano – oggi c’è il rischio che la partecipazione ai partiti avvenga lo stesso, ma in modo non trasparente ed intermediato. Visto che la leadership politica quando esiste, non viene certo fermata dalla mancanza formale di una tessera”. Invece, oggi – sempre secondo l’ex pm barese – “sfugge ad ogni censura disciplinare il magistrato che adotti l’accortezza di non tesserarsi formalmente”. E ciò, per Emiliano, è una cosa incredibile e forse ancora più disdicevole per il prestigio della Magistratura, perché è un sistema che si limita a nascondere e dissimulare, più che a chiarire”.

“L’attuale normativa – ha proseguito Emiliano – impedisce alle volte a coloro che sono magistrati e politici eletti, di partecipare ufficialmente e alla luce del sole alla vita del loro partito di riferimento. Come se fosse diverso oggi far parte di un gruppo parlamentare di partito rispetto all’inserimento in una segreteria o in una direzione politica. Ne consegue che attualmente è negato ai magistrati legittimamente eletti il diritto costituzionale di associarsi liberamente ad un partito. Essi non possono oggi concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49 Costituzione) anche se eletti dal popolo in liste di partito”.
E questo, a dire dello stesso Emiliano, è “un vulnus gravissimo della loro funzione naturalmente connessa ai partiti politici”, poichè “la ragione addotta  da Csm, Corte di Cassazione e Corte Costituzionale per sostenere la tesi che anche per i magistrati in aspettativa per mandato elettorale oggi valga lo stesso divieto che vale per i magistrati in servizio, viene individuata nella necessità di tutelare il prestigio dell’ordine giudiziario – non certo durante il mandato politico pienamente consentito dalla Costituzione e dove è ovvia la posizione di parte del magistrato eletto – ma per l’eventualità che il magistrato rientri nelle funzioni giurisdizionali alla fine del mandato”.”Un arzigogolo inaccettabile – ha commentato ancora il Presidente della Regione Puglia – purtroppo avallato dalla giurisprudenza che mira surrettiziamente a scoraggiare l’impegno in politica dei magistrati con tutti i mezzi possibili, impedendogli di fare una normale carriera nei partiti al pari degli altri cittadini”, rilevando che la Costituzione non consente una simile ingiusta disparità di trattamento. Quindi, la riforma ora all’attenzione del Consiglio dei ministri per l’ex pm Emiliano risolverebbe alla radice il problema nel modo più serio, consentendo ai magistrati eletti di partecipare alla vita dei partiti con pienezza di ruolo, togliendogli però la possibilità di rimanere magistrati”. Pertanto, secondo Emiliano, magistrato – come è noto – in aspettativa dal 2004 a seguito dei ruoli istituzionali ricoperti da allora in poi, la riforma dell’ordinamento giudiziario in via di approvazione “mette fine a polemiche e prende una decisione politica chiara”. Se così sarà effettivamente, è chiaro che il divieto di rientro in ruolo, per i magistrati in aspettativa perché impegnati in ruoli istituzionali elettivi, varrà solo per il futuro e non di certo retroattivamente. Quindi, il governatore pugliese e tutti i suoi colleghi attualmente fuori ruolo, per le ragioni innanzi precisate, alla scadenza dei rispettivi mandati istituzionali saranno costretti a decidere se optare per il proseguimento nell’intrapresa carriera politica ed abbandonare però l’Ordine giudiziario, trasferendosi ad altro settore della Pubblica Amministrazione statale. Oppure rientrare nei ranghi della Magistratura ed abbandonare l’agone politico, almeno fino al pensionamento. E, se in futuro il nuovo scenario sarà questo per magistrati che vorranno tenare il passaggio in politica, l’interrogativo attuale di molti pugliesi è: “Che farà Emiliano alla scadenza del suo secondo mandato da presidente della Regione, nel 2025?” Infatti, a questa data di certo Emiliano non sarà ancora al massimo del pensionamento da magistrato, per cui dovrà scegliere se utilizzare (cosa che gli sarà consentita, qualora il divieto di rientro – come è verosimile – non sarà retroattivo) la “porta girevole” e rientrare quindi a fare il magistrato, oppure chiudersi definitivamente la “porta” della Magistratura, per passare in altro settore funzionale dello Stato, in modo da poter proseguire l’avventura iniziata nell’ormai lontano 2004 al Comune di Bari. Una curiosità, quest’ultima, che ai pugliesi sarà appagata a tempo debito e che – secondo alcuni addetti ai lavori – è fin troppo scontata nell’esito già adesso.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 12 Febbraio 2022

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